i lavori straordinari non urgenti ordinati dall’amministratore non sono riferibili al condominio.

Una ditta che ha eseguito opere di manutenzione straordinaria al fabbricato condominiale non è stata saldata e ottiene decreto ingiuntivo nei confronti del condominio, il Condominio propone opposizione e chiede di chiamare a garanzia il precedente amministratore, che aveva ordinato quei lavori in assenza di alcuna delibera assembleare.

La Cassazione riafferma un principio importante in tema di responsabilità patrimoniale del condominio e dell’amministratore nei confronti dell’appaltatore, già espresso nel 2010: ove difetti il requisito dell’urgenza, le opere straordinarie ordinate dall’amministratore senza supporto assembleare rimarranno un contratto unicamente a lui riferibile e del quale è chiamato a rispondere in via diretta ed esclusiva sotto il profilo patrimoniale, non sussistendo alcun rapporto di garanzia nei confronti del condominio ma esclusivamente una responsabilità personale dell’amministratore,  che ha assunto l’obbligazione eccedendo i limiti del mandato.

Cass. civ. II sez. 2 febbraio 2017 n. 2807“In materia di lavori straordinaria amministrazione disposti dell’amministratore di condominio, in assenza di previa delibera assembleare, non è … configurabile alcun diritto di rivalsa o di regresso del condominio, atteso che i rispettivi poteri dell’amministratore dell’assemblea sono delineati con precisione dalle disposizioni del codice civile (articoli 1130 e 1135), che limitano l’attribuzione dell’amministratore all’ordinaria amministrazione e riservano all’assemblea di condominio le decisioni in materia di amministrazione straordinaria, con la sola eccezione dei lavori di carattere urgente. (Cass. n. 4332/1987)

Di conseguenza, nel caso in cui l’amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all’articolo 1135 comma due cod. civ., abbia assunto l’iniziativa di compiere opere di manutenzione straordinaria caratterizzata dall’urgenza, ove questa effettivamente ricorra ed egli abbia speso, nei confronti dei terzi, il nome del condominio, quest’ultimo deve ritenersi validamente rappresentato e l’obbligazione è direttamente riferibile al condominio; laddove invece i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell’amministratore non posseggano i requisiti dell’urgenza, il relativo rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, trattandosi di atto posto in essere dall’amministratore al di fuori delle sue attribuzioni, attesa la rilevanza esterna delle disposizioni di cui agli articoli 1130 e 1135 comma due cod. civ. (cass. 6557/1987).”

© massimo ginesi 3 febbraio 2017 

l’amministratore può agire in giudizio a tutela della parti comuni senza autorizzazione assembleare

schermata-2016-11-25-alle-03-25-14

La Corte di Cassazione, sez. II Civile con sentenza  sentenza 7 luglio – 23 novembre 2016, n. 23890 conferma un consolidato orientamento giurisprudenziale.

L’amministratore agisce in giudizio contro un condomino per ottenere nei suoi confronti condanna ala rimozione di alcune opere da costui realizzate nel cavedio condominiale.

Si tratta di azione volta pacificamente alla tutela di beni comuni, competenza prevista espressamente dall’art. 1130 cod.civ. in capo all’amministratore, e che non comporta alcuna domanda di accertamento sulla titolarità dei diritti. La nuova formulazione dell’art. 1131 cod.civ. (introdotta dalla L. 220/2012, ma già interpretata in tal senso dalla giurisprudenza a far data da Cass. SS.UU. 1833172010)  prevede espressamente che l’amministratore debba essere autorizzato dalla assemblea solo per le cause che esulano dalle sue attribuzioni così come delineate dall’art. 1130 cod.civ.

Eppure la Corte di Appello di Trieste, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto insussistente la legittimazione dell’amministratore in assenza di espressa delibera assembleare di autorizzazione alla promozione della lite.

Il giudice di legittimità cassa la sentenza di secondo grado chiarendo che : “A tanto è pervenuta la Corte territoriale, rifacendosi impropriamente a precedenti decisioni di questa Corte (n.ri 3044/2009, 24764/2005 e 12557/1992) e valutando l’azione posta in essere come azione (reale) non rientrante nel novero delle azioni proponibili direttamente dall’organo rappresentativo condominale.
Senonchè, nella concreta ipotesi per cui è giudizio, l’amministratore del condominio ricorrente …  ha chiesto solo la rimozione della struttura di parte controricorrente, limitante la corretta usufruizione del comune cavedio.
La previa delibera autorizzativa ad litem da parte dell’assemblea condominale non era, pertanto, necessaria. Al riguardo, anche in continuità con il condiviso e consolidato orientamento di questa Corte ( Cass. 1 ° ottobre 2008; n. 24391 e 17 giugno 2010, n. 14626) non può che riaffermarsi il principio – attagliantesi invero alla. fattispecie – secondo cui, ai sensi dell’art. 1130, comma 1, n. 4 e 1131 c.c. l’amministratore del condominio è legittimato, senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad instaurare un giudizio per la rimozione di opere in quanto tale atto è diretto alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio”.

© massimo ginesi 25 settembre 2016

condomino apparente e dissenso alle liti, una discutibile sentenza di merito…

Schermata 2016-07-11 alle 08.49.03

Il legislatore del 2016 ha ritenuto, assai inopportunamente, di attribuire la competenza esclusiva della materia condominiale al giudice di pace, o meglio a quella ibrida figura che esce dalla discutibile riforma della magistratura onoraria introdotta con la L. 57/2016.

La materia del condominio ancora una volta patisce l’ingiusta qualificazione di diritto minore, quando invece sottende l’applicazione di alcuni fra i più complessi istituti del diritto civile (diritti reali, obbligazioni, responsabilità extracontrattuale) nella peculiare realtà di un contesto plurisoggettivo.

Del resto l’intervento frequentissimo delle Sezioni Unite della Cassazione in questa materia altro non è che indice della sussistenza di contrasti anche al massimo livello, che sono l’indice evidente di una grande complessità dei temi di decisione.

Spesso accade, nelle corti di merito, di trovare pronunce che sembrano uscite da un’altra epoca e che lasciano spiazzati, a fronte di orientamenti giurisprudenziali di legittimità che affermano da anni principi contrari.

E’ il caso di una sentenza del Tribunale di Firenze, che esprime due valutazioni su cui l’amministratore e il difensore accorti faranno bene a non fare eccessivo affidamento.

A proposito di condomino apparente, il giudice fiorentino afferma che ove il vecchio condomino non abbia provveduto a comunicare all’amministratore l’avvenuta cessione della propria unità a terzi, ai fini dell’aggiornamento della anagrafe condominiale, l’amministratore potrà continuare a convocare legittimamente il vecchio propritario. E’ pur vero che la L. 220/2012 ha introdotto nell’art. 1130 cod.civ. l’obbligo di tale comunicazione in capo al cedente – con contestuale possibilità di autonomo accertamento da parte dell’amministratore a spese dell’inadempiente – e che l’art. 63 u.s. disp.att. cod.civ. ha previsto che in difetto il vecchio proprietario rimarrà solidalmente responsabile per le quote dovute, ma non pare di leggere nella riforma alcuna altra conseguenza diretta né tantomeno una deroga ai criteri che prevedono la partecipazione all’assemblea degli effettivi aventi diritto.

Non pare quindi che la riforma del 2012 vada ad incidere su un consolidato orientamento giurisprudenziale che sin dagli inizi degli anni 2000, a fronte del regime di pubblicità dei registri immobiliari, ha escluso la rilevanza di qualunque apparenza, sia per quel che attiene alle azioni recupero dei crediti sia per ciò che attiene alla convocazione.  “In caso di azione giudiziale dell’amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possaapparire tale come il venditore il quale, pur dopo il trasferimento della proprietà (non comunicato all’amministratore), abbiacontinuato a comportarsi da proprietario -, difettando, nei rapporti fra condominio, che è un ente di gestione, ed i singolipartecipanti ad esso, le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente adesigenze di tutela dell’affidamento del terzo in buona fede, ed essendo, d’altra parte, il collegamento della legittimazionepassiva alla effettiva titolarità della proprietà funzionale al rafforzamento e al soddisfacimento del credito della gestione condominiale” Cass. SS.UU.  8 aprile 2002 n. 5035

“In tema di convocazione dell’assemblea condominiale deve essere convocato solo il vero proprietario della porzioneimmobiliare e non anche colui che si sia comportato, nei rapporti con i terzi, come condomino senza esserlo, difettando neirapporti tra il condominio (nella specie, l’amministratore) ed i singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l’operatività delprincipio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente all’esigenza di tutela dei terzi in buona fede”.
Cass. Sez. II 22 ottobre 2007 n. 22089

Ancor più singolari le tesi fiorentine sull’espressione del dissenso alle liti ai sensi dell’art. 1132 cod.civ.

Se appare condivisibile la valutazione che, in caso di unità di proprietà di più soggetti, tale dissenso debba essere unitariamente espresso da tutti costoro e non sia ammesso pro quota, decisamente singolare appare il richiamo unicamente alle forme di cui all’art. 1132 cod.civ., ritengo che non valga invece la sua comunicazione una assemblea: in tal senso la Cassazione si è espressa da tempo immemore “La manifestazione di dissenso di un condomino, rispetto alla promozione di lite deliberata dall’assemblea, va notificata all’amministratore senza bisogno di forme solenni comprese fra queste quelle previste dal codice di procedura civile”. Cassazione civile, sez. II, 15/06/1978, n. 2967

Giova invece segnalare l’opportuna notazione del Giudice fiorentino delle spese di coibentazione del lastrico di proprietà esclusiva a tutti i condomini in quanto si tratta di intervento che, pur eseguito su un bene di proprietà esclusiva, è diretto a produrre vantaggi per tutti i condomini.

© massimo ginesi 11 luglio 2016

legittimazione processuale dell’amministratore

L’amministratore è titolare di un generale legittimazione passiva e potrà legittimamente proporre tutte le azioni necessarie a tutela delle ragioni del condominio senza necessità di preventiva delibera, salvo dover comunque essere sorretto da una decisione assemblare successiva ove  la causa travalichi i limiti delle sue attribuzioni, così come delineate dall’art. 1130 cod.civ.

E’ quanto già statuito dalle sezioni Unite della Cassazione nel 2010, ribadito dalla L. 220/2012 che lo puntualizzato nell’incipit dell’art. 1131 cod.civ. riformato e che oggi viene  ribadito da Cass. civ. sez. II con  ordinanza interlocutoria 14 aprile – 6 giugno 2016, n. 11566.

Il Giudice, ove sia necessario procedere a ratifica,  concederà  opportuno termine al Condominio.

qui l’ordinanza

© massimo ginesi giugno 2016