legittimazione processuale amministratore. Quando la causa esula dalle sue competenze: un caso particolare e una significativa sentenza della Cassazione.

 

La corte di legittimità (Cass.Civ. sez. II 21 maggio 2018, n. 12525 rel. Scarpa) torna su un tema tormentato e complesso, che – sotto il profilo dei principi – ha trovato una definitiva consacrazione nelle sezioni unite 18331/2010 e che, tuttavia, continua a manifestare una complessità applicativa che non sempre consente all’amministratore o ai condomini di percepire la correttezza del loro operato.

La Corte – coordinando due pronunce a sezioni unite – esprime un concetto di significativo e pericoloso rilievo per il condominio: il criterio  espresso dalle sezioni unite del 2010,  ovvero la possibilità che – per le controversie che esulano dalla competenza dell’amministratore e in assenza di delibera – venga assegnato un termine ai sensi dell’art. 182 c.p.c. per munirsi della ratifica assembleare vale anche in sede di legittimità, ma solo ove  il rilievo della carenza di legittimazione autonoma sia compiuto dal Giudice, poichè ove sia eccepito dalla controparte la sussistenza del potere rappresentativo processuale dovrà essere immediatamente giustificata dall’amministratore.

Nè si può ritenere, afferma la corte, che l’opposizione a decreto ingiuntivo rientri di per sé nei poteri dell’amministratore, poichè anche tali controversie vedranno una legittimazione autonoma di tale figura ratione materiae, ovvero secondo le  attribuzioni previste dall’art 1130 c.c.

I fatti: “Il Condominio (omissis) ha proposto ricorso in cassazione articolato in sette motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 2921/2013, depositata il 21 maggio 2013.
Resiste con controricorso R.S. , il quale propone ricorso incidentale in unico motivo, dal quale a sua volta si difende con controricorso il Condominio (omissis) .
La Corte d’Appello accolse il gravame di R.S. contro la sentenza del Tribunale di Rieti n.576/2005 e rigettò perciò l’opposizione proposta dal Condominio (omissis) contro il decreto ingiuntivo per la somma di Euro 11.298,33, emesso il 25 febbraio 2002 su domanda del R. , ex amministratore condominiale, a titolo di compenso aggiuntivo per la cura dei lavori straordinari. La Corte di Roma superò l’eccezione del difetto di legittimazione del Condominio a proporre l’opposizione a decreto ingiuntivo, stanti i tempi ristretti per proporre la stessa. Quanto però al merito, i giudici di appello ritennero che dal verbale di assemblea del 14 marzo 1999 emergessero un riconoscimento del debito del Condominio in favore del R. di Lire 22.000.000, nonché una riduzione transattiva dell’importo del 50%, quale “gesto di collaboratrice sensibilità” dell’ex amministratore, con l’impegno del Condominio stesso di accreditare la somma nelle future quote “a copertura” del debito viceversa gravante sul R. . Questo accordo transattivo contenuto nel verbale del 14 marzo 1999 non poteva perciò essere modificato dall’assemblea nell’adunanza del 1 maggio 1999, che invece deliberò una riduzione della somma da accordare al R. , liquidata in Lire 8.000.000. Avendo poi il Condominio (omissis) azionato decreto ingiuntivo contro il R. , questo, a dire della Corte di Roma, ritenne “correttamente annullato l’accordo transattivo”, e perciò richiese a sua volta in via monitoria l’intera somma oggetto di riconoscimento nel verbale 14 marzo 1999.”

Le parti hanno articolato diversi motivi di censura in sede di legittimità, tuttavia: “Il Collegio antepone tuttavia una valutazione di tipo pregiudiziale.

Secondo l’insegnamento reso da Cass. Sez. U, 06/08/2010, n. 18331, l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni, ed essendo però tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3, c.c., può costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.

Nel ricostruire la portata dell’art. 1131, comma 2, c.c., Cass., sez. un., 6 agosto 2010, n. 18331, ha invero affermato che, ferma la possibilità dell’immediata costituzione in giudizio dell’amministratore convenuto, ovvero della tempestiva impugnazione dell’amministratore soccombente (e ciò nel quadro generale di tutela urgente di quell’interesse comune che è alla base della sua qualifica e della legittimazione passiva di cui è investito), non di meno l’operato dell’amministratore deve poi essere sempre ratificato dall’assemblea, in quanto unica titolare del relativo potere. La ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell’amministratore sprovvisto di autorizzazione dell’assemblea, e perciò vanifica ogni avversa eccezione di inammissibilità, ovvero ottempera al rilievo ufficioso del giudice che abbia all’uopo assegnato il termine ex art. 182 c.p.c. per regolarizzare il difetto di rappresentanza.

La regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., in favore dell’amministratore privo della preventiva autorizzazione assembleare, come della ratifica, può operare in qualsiasi fase e grado del giudizio, con effetti “ex tunc” (Cass. Sez. 6 – 2, 16/11/2017, n. 27236).

Peraltro, come di seguito ribadito da Cass. Sez. 2, 23 gennaio 2014, n. 1451, e da Cass. Sez. 2, 25/05/2016, n. 10865, la necessità dell’autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell’amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1131, commi 2 e 3, c.c.

Non può dunque sostenersi, come fatto dalla Corte d’Appello di Roma sul presupposto dell’urgenza dell’opposizione, che, poiché l’opponente a decreto ingiuntivo ha la posizione processuale di convenuto e così di legittimato passivo rispetto alla pretesa azionata con il ricorso monitorio, e tale posizione non muta nei successivi gradi del giudizio, indipendentemente dall’iniziativa dei mezzi di gravame adoperati, l’amministratore di un condominio che proceda a siffatta opposizione, nonché alla successiva impugnazione della pronuncia che l’abbia decisa, non ha, per ciò solo, necessità dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale, a termini del secondo comma dell’art. 1131 c.c.

Piuttosto, l’amministratore di condominio può proporre opposizione a decreto ingiuntivo, e altresì impugnare la relativa decisione del giudice di primo grado, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, ad esempio, nella controversia avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di obbligazione assunta dal medesimo amministratore nell’esercizio delle sue attribuzioni in rappresentanza dei partecipanti, ovvero dando esecuzione a deliberazione dell’assemblea o erogando le spese occorrenti per la manutenzione delle parti comuni o per l’esercizio dei servizi condominiali, e quindi nei limiti di cui all’art. 1130 c.c. (così Cass. Sez. 2, 03/08/2016, n. 16260).

Diversa è la causa, quale quella in esame, in cui il precedente amministratore, cessato dall’incarico, agisca in sede monitoria nei confronti del nuovo amministratore del condominio per ottenerne la condanna al pagamento del compenso suppletivo inerente all’attività svolta con riguardo all’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio. Si tratta di controversia non rientrante tra quelle per le quali l’amministratore è autonomamente legittimato ad agire ai sensi dell’art. 1130 e 1131 c.c., sicché, ai fini della sua costituzione in giudizio come della proposizione delle impugnazioni, gli occorre l’autorizzazione assembleare, eventualmente richiesta anche in via di ratifica del suo operato (cfr. per analoga fattispecie Cass. Sez. 2, 31/01/2011, n. 2179).

Il Collegio ritiene tuttavia, per ciò che segue, di discostarsi da quanto disposto nell’ordinanza interlocutoria del 27 settembre 2017, e così di revocare la stessa, ai sensi dell’art. 177 c.p.c., norma applicabile anche al giudizio di cassazione (cfr. Cass. Sez. 2, 11/02/2011, n. 3409; Cass. Sez. L, 26/03/1999, n. 2911; Cass. Sez. U, 25/03/1988, n. 251).

Secondo quanto stabilito da Cass. Sez. U, 04/03/2016, n. 4248, il difetto di rappresentanza o autorizzazione può essere sanato ex art. 182 c.p.c. (come nella specie) in sede di legittimità, dando prova della sussistenza del potere rappresentativo o del rilascio dell’autorizzazione, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., sempre che il rilievo del vizio nel giudizio di cassazione sia officioso, e non provenga dalla controparte, come invece appunto qui fatto dal controricorrente R.S. , giacché, in tal caso, l’onere di sanatoria sorge immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine da parte del giudice (a meno che lo stesso non sia motivatamente richiesto, il che neppure risulta avvenuto, nella specie), in quanto sul rilievo di parte l’avversario è chiamato prima ancora a contraddire (si veda già Cass. Sez. 2, 31/01/2011, n. 2179).

IV. Deve perciò essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’amministratore del Condominio (omissis) senza l’autorizzazione assembleare, trattandosi di controversia riguardante un credito per compenso straordinario preteso dal precedente amministratore cessato dall’incarico, e perciò non rientrante tra quelle per le quali l’amministratore è autonomamente legittimato ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c.; né può essere concesso il termine per la regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., atteso che il rilievo del vizio in sede di legittimità è stato operato dalla controparte nel suo controricorso, e non d’ufficio, sicché l’onere di sanatoria dell’amministratore ricorrente doveva intendersi sorto immediatamente.

Il ricorso incidentale di R.S. , giacché proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, e relativo a questioni preliminari di merito e pregiudiziali di rito (quale, nella specie, il difetto di legittimazione processuale del condominio e la carenza dei poteri rappresentativi del nuovo amministratore), oggetto di decisione esplicita da parte della Corte d’Appello, ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte. Ne consegue che, attesa l’inammissibilità del ricorso principale, il ricorso incidentale rimane assorbito per difetto di attualità dell’interesse.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza (con condanna del Condominio (omissis) , e non dell’amministratore personalmente, ex art. 94 c.p.c., avendo comunque l’assemblea, sia pure tardivamente agli effetti dell’ammissibilità del ricorso, ratificato l’operato dell’amministratore stesso) e vengono liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente R.S. .”

© massimo ginesi 23 maggio 2018 

 

legittimazione processuale dell’amministratore: ancora una conferma dalla Cassazione.

La Cassazione conferma un orientamento consolidato ed espresso  dalle Sezioni Unite con la nota pronuncia 18331/2010.

Un avvocato che aveva assistito il Condominio promuove decreto ingiuntivo per le propri competenze, l’amministratore – senza alcuna delibera sottostante – propone opposizione a detto decreto e l’avvocato eccepisce il difetto di jus postulanti dell’amministratore per non essere stato autorizzato dalla assemblea.

Cass.civ. sez. II  1 agosto 2017 n. 19151 chiarisce che “Secondo il più recente indirizzo di questa Corte, inaugurato dalla pronuncia delle Ss.UU. 18331/2010, non può ritenersi che l’amministratore del condominio sia titolare di una legittimazione processuale illimitata: l’amministratore può, in via generale, costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma in tale ipotesi, onde evitare una pronuncia di inammissibilità, deve ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte della assemblea stessa.

Si è peraltro precisato che giusto il disposto dell’articolo 1131 commi 2 e 3 cod.civ., autorizzazione  e ratifica sono necessarie nelle sole cause che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore (cass. 1451/2014), mentre esse non sono necessarie per quelle controversie che hanno ad oggetto parti o servizi condominiali e comunque riconducibili alle attribuzioni di cui all’articolo 1130 c.c. (Cass. 10865/2016).

Da ciò consegue che l’amministratore può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ed altresì impugnare la decisione di primo grado, senza necessità di autorizzazione alla ratifica dell’assemblea, nella controversia avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento dell’obbligazione assunta dall’amministratore, nell’esercizio delle sue funzioni, in rappresentanza dei partecipanti al condominio, ovvero dando esecuzione a delibere dell’assemblea per l’esercizio dei servizi condominiali, e dunque limiti di cui all’articolo 1130 c.c. (Cass. 16260/2016).

Orbene, nel caso di specie, il credito fatto valere in giudizio si riferiva a prestazioni professionali per l’assistenza legale svolta nell’interesse del condominio, come risulta dallo stesso contenuto del ricorso, in cui gli avvocati ingiungenti hanno evidenziato che l’attività da essi  posta in essere è consistita nell’aver  curato per conto del condominio diverse procedure giudiziarie.

La causa in oggetto, trovando il suo fondamento nella gestione di servizi comuni e dell’erogazione delle spese relative a tale gestione (art. 1130 commi 2 e 3), si riferisce certamente ad obbligazioni assunte per l’esercizio di servizi condominiali e dunque nei limiti di cui all’articolo 1130 c.c., onde non era necessaria l’autorizzazione, nella successiva ratifica da parte dell’assemblea condominiale.”

© massimo ginesi 3 agosto 2017 

art. 1135 cod.civ., appalto in condominio : anche le variazioni vanno approvate dalla assemblea

Una articolata sentenza della Cassazione fa il punto sul complesso tema dell’appalto e dei relativi poteri assembleari previsti  dall’art. 1135 cod.civ.

Cass.Civ. II sez. 21 febbraio 2017 . n. 4430 (rel. Scarpa): la causa nasce nel 2004 con una impugnazione di delibera con cui gli attori chiedono al Tribunale di Lanciano  di dichiarare invalida “la deliberazione dell’assemblea condominiale del 9 dicembre 2003, che aveva approvato il rendiconto dall’1.11.2002 al 31.10.2003 e la relativa ripartizione, comprensivi di un importo dei lavori di manutenzione della fogna per un importo di C 13.840,63, oltre I.V.A., maggiore di quello preventivato e pattuito con l’appaltatrice B.D. SRL, pari ad C 7.790,89. Gli attori avevano chiesto di dichiarare invalida la deliberazione dell’assemblea, per motivi inerenti alle carenze dell’ordine del giorno, al merito dei lavori effettivamente eseguiti dall’impresa ed alla ripartizione delle spese, effettuata sulla base di 986,42 millesimi anziché 1000 millesimi”

Osserva la corte, in primo luogo, che l’approvazione dell’appalto è materia di pertinenza dell’assemblea ai sensi dell’art. 1135 cod.civ. “E’ pacifico che occorra l’autorizzazione dell’assemblea (o, comunque, l’approvazione mediante sua successiva ratifica), ai sensi dell’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., e con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, comma 4, c.c., per l’approvazione di un appalto relativo a riparazioni straordinarie dell’edificio condominiale (si veda indicativamente Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10865 del 25/05/2016).”

La decisione passa poi ad esaminare il contenuto della delibera di approvazione di contratto di appalto e il potere del sindacato del giudice, che non potrà mai estendersi al merito:  “Il contenutLa delibera assembleare in ordine alla manutenzione straordinaria deve determinare l’oggetto del contratto di appalto da stipulare con l’impresa prescelta, ovvero le opere da compiersi ed il prezzo dei lavori, non necessariamente specificando tutti i particolari dell’opera, ma comunque fissandone gli elementi costruttivi fondamentali, nella loro consistenza qualitativa e quantitativa.

Sono, peraltro, ammissibili successive integrazioni della delibera di approvazione dei lavori, pure inizialmente indeterminata, sulla base di accertamenti tecnici da compiersi. In ogni caso, l’autorizzazione assembleare di un’opera può reputarsi comprensiva di ogni altro lavoro intrinsecamente connesso nel preventivo approvato (arg. da Cass., Sez. 2, Sentenza n. 5889 del 20/04/2001). I condomini non possono, però, sollecitare il sindacato dell’autorità giudiziaria sulla delibera di approvazione dei lavori straordinari, censurando l’utilità dei lavori, l’adeguatezza tecnica dell’intervento manutentivo stabilito, o la scelta di un preventivo di spesa meno vantaggioso di quello contenuto in altra offerta. Il controllo del giudice sulle delibere delle assemblee condominiali è limitato al riscontro della legittimità, in base alle norme di legge o del regolamento condominiale, e giunge fino alla soglia dell’eccesso di potere, mentre non può mai estendersi alla valutazione del merito ed alla verifica delle modalità di esercizio del potere discrezionale spettante all’assemblea”.

Ove intervengano significative varianti nel corso della esecuzione dell’opera, queste dovranno formare oggetto di ulteriore specifica approvazione assembleare: Quanto detto in ordine all’approvazione delle modalità costruttive ed al prezzo vale, ovviamente, anche per le varianti dell’opera di manutenzione straordinaria appaltata dal condominio, dovendo parimenti le variazioni alle originarie modalità convenute essere autorizzate dall’assemblea del condominio, sempre ex artt. 1135, comma 1, n. 4, e 1136, comma 4, c.c. E’ tuttavia certamente consentito all’assemblea di approvare successivamente le varianti delle opere di manutenzione straordinarie appaltate, comportanti un aumento delle spese medesime, disponendone il rimborso, trattandosi di delibera riconducibile fra le attribuzioni conferitele dall’art. 1135 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6896 del 04/06/1992; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10865 del 25/05/2016, in motivazione). L’assemblea può, infatti ratificare le spese straordinarie erogate dall’amministratore senza preventiva autorizzazione, anche se prive dei connotati di indifferibilità ed urgenza, e, di conseguenza, approvarle, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva di delibera di esecuzione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18192 del 10/08/2009; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2864 del 07/02/2008).”

Detta ratifica  ben potrà avvenire anche durante l’approvazione del rendiconto annuale, ove l’ordine del giorno sia sufficientemente esteso da poter comprendere tutti gli esborsi dell’esercizio (seppure, plausibilmente, la delibera sullo specifico punto sia da adottare con le diverse maggioranze richieste dalla materia straordinaria):  “Quanto detto in ordine all’approvazione delle modalità costruttive ed al prezzo vale, ovviamente, anche per le varianti dell’opera di manutenzione straordinaria appaltata dal condominio, dovendo parimenti le variazioni alle originarie modalità convenute essere autorizzate dall’assemblea del condominio, sempre ex artt. 1135, comma 1, n. 4, e 1136, comma 4, c.c. E’ tuttavia certamente consentito all’assemblea di approvare successivamente le varianti delle opere di manutenzione straordinarie appaltate, comportanti un aumento delle spese medesime, disponendone il rimborso, trattandosi di delibera riconducibile fra le attribuzioni conferitele dall’art. 1135 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6896 del 04/06/1992; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10865 del 25/05/2016, in motivazione). L’assemblea può, infatti ratificare le spese straordinarie erogate dall’amministratore senza preventiva autorizzazione, anche se prive dei connotati di indifferibilità ed urgenza, e, di conseguenza, approvarle, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva di delibera di esecuzione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18192 del 10/08/2009; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2864 del 07/02/2008).”

Da quella delibera sorge l’obbligo dei condomini di versare le proprie quote e non dalla stipulazione del contratto con l’appaltatore e, per le stesse ragioni,  non può darsi azione diretta del singolo condomino verso l’appaltatore: “Ritenuta la deliberazione dell’assemblea 9 dicembre 2003 utile ratifica dell’obbligo di spesa per i lavori di manutenzione della fogna nell’importo di C 13.840,63, oltre I.V.A., dovuto all’appaltatrice B. D. SRL, è da essa (salvi gli effetti invalidanti dell’impugnazione ex art. 1137 c.c.), e non dal rapporto contrattuale con l’appaltatrice, che discende l’obbligo dei singoli condomini di partecipare agli esborsi derivanti dall’esecuzione delle opere. Ponendosi il condominio (e non ciascun condomino) come committente nei confronti dell’appaltatrice (giacché unitario è l’interesse sottostante alla posizione dei singoli partecipanti al condominio, espresso nell’atto collegiale), la tutela del singolo condomino, riguardo agli effetti pregiudizievoli derivanti dalle obbligazioni assunte nei confronti della stessa appaltatrice, può concepirsi soltanto nell’ambito dell’impugnazione della deliberazione dell’assemblea di approvazione, e non sotto il profilo dei rimedi contrattuali.

E’ perciò sostanzialmente corretto quanto deciso dalla Corte d’Appello dell’Aquila, dichiarando inammissibile la pretesa dei condomini D.D.V. e M. P. di agire in via diretta verso l’appaltatrice per accertare il minor compenso spettante a quest’ultima.”

Il ricorso al Giudice di legittimità trova invece fondamento sulla ripartizione millesimale errata, che comporta rinvio al giudice di merito: “D.D.V. e M. P. avevano impugnato con specifico motivo la sentenza del Tribunale di Lanciano anche riproponendo la domanda di annullamento della deliberazione dell’assemblea condominiale del 9 dicembre 2003, perché il riparto era stato effettuato sulla base di 986,42 millesimi anziché 1000 millesimi, in quanto domanda su cui il primo giudice non aveva deciso. Su tale motivo di appello la Corte di L’Aquila ha omesso di pronunciarsi. Si impone pertanto la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, richiedendo la decisione nel merito accertamenti di fatto in ordine alla sussistenza nella deliberazione di ripartizione della spesa del valore delle unità immobiliari, espresso in millesimi, ragguagliato a quello dell’intero edificio.”

L’impugnazione risulta fondata anche per quel che attiene al tema delle spese, sullo spinoso problema della compensazione, soluzione con troppa frequenza adottata dai Tribunali (e su cui gli ultimi interventi legislativi hanno opportunamente posto qualche limite applicativo): “La Corte di L’Aquila ha altresì omesso di pronunciare sul motivo di impugnazione attinente all’omessa compensazione ed all’entità della liquidazione delle spese di primo grado operata in favore dei convenuti. Il giudice di appello, in presenza di una censura che investe la pronunzia del giudice di primo grado sulle spese, specificamente indicando giusti motivi di compensazione o un’eccessiva liquidazione di esse, ha il dovere di apprezzare, anche nel contesto di ogni altro elemento, la consistenza ed importanza dei fatti dedotti e di precisare, così, la ragione per la quale egli ritenga di condividere la decisione di primo grado (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9758 del 10/05/2005).”

© massimo ginesi 23 febbraio 2017

la nomina per facta concludentia dell’amministratore è ancora sostenibile?

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Anteriormente all’entrata in vigore della L. 220/2012 la giurisprudenza sosteneva che l’investitura dell’amministratore non richiedesse particolari formalità e anche colui che,  esercitava tale compito di fatto, con il tacito assenso dei condomini, dovesse essere a tutti gli effetti ritenuto l’amministratore del fabbricato.

In tal senso si è espressa anche recentissima giurisprudenza (Cassazione civile, sez. II, 04/02/2016, n. 2242) che – nonostante la data – si riferisce a vicenda antecedente alla entrata in vigore della riforma.

Afferma la Corte che “Al riguardo va considerato che alla nomina dell’amministratore del condominio di un edificio è applicabile la disposizione dell’art. 1392 cod. civ., secondo cui, salvo che siano prescritte forme particolari e solenni per il contratto che i rappresentante deve concludere, la procura che conferisce il potere di rappresentanza può essere verbale o anche tacita, di talchè essa può risultare, indipendentemente da una formale investitura da parte dell’assemblea e dall’annotazione nello speciale registro di cui all’art. 1129 cod. civ., dal comportamento concludente dei condomini che abbiano considerato l’amministratore tale a tutti gli effetti, pur in assenza di una regolare nomina assembleare, rivolgendosi abitualmente a lui in detta veste, senza metterne in discussione i poteri di gestione e di rappresentanza del condominio. Cass. 23296/1996)”

Inoltre osserva la Corte che il fatto che l’amministratore successiva nominato formalmente abbia in Giudizio ratificato l’attività difensiva svolta dal soggetto che agiva in virtù di nomina fatale vale a ratificare con effetto retroattivo al sua investitura: “A ciò si aggiunga che in sede di legittimità il Condominio si è costituito a mezzo dell’Amministratore O.R., e questi nel controricorso (pag. 4) ha espressamente fatto proprie tutte le difese svolte nei gradi di merito dal Condominio. Vi è quindi una ratifica espressa della condotta difensiva svolta da B.M., ritenuto dalla ricorrente privo del potere di rappresentare il Condominio di via (OMISSIS). Tale ratifica comporta in ogni caso la sanatoria con efficacia retroattiva del vizio di rappresentanza eccepito dalla ricorrente P. (Cass. Ord, 18/03/2015, n. 5343)”

Infine la Corte ribadisce un prinpcio pacifico in giurisprudenza ma che continua invece ad essere fonte di discussione sia nelle aule di giustizia che nelle assemblee di condominio, ovvero l’idoneità del preventivo e della relativa riparazione a fondare l’emissione di decreto ingiuntivo ex art. 63 disp.att. cod.civ. : “Seppur è vero che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ben può il creditore opposto fornire la prova della propria pretesa nel corso del giudizio, è altrettanto vero che la natura cognitiva del giudizio è determinante in relazione al momento in cui il decreto è stato richiesto ed, infine, emesso. Per tale ragione, la giurisprudenza in materia di comunione e condominio, ha precisato il limite entro il quale un Condominio può richiedere l’ingiunzione nei confronti del condomino moroso ex art. 63 disp. att. c.p.c. in base al preventivo di spesa approvato dall’assemblea, soltanto fino a che l’esercizio cui tali spese si riferiscono non sia terminato, dovendo, altrimenti, agire il Condominio in base al consuntivo della gestione annuale”, e pertanto che le uniche somme che il Condominio poteva legittimamente richiedere erano quella portate dal Consuntivo approvato e non anche dal bilancio preventivo 1995 e Preventivo 1996/97 per riscaldamento, approvati poi nel corso del giudizio. La Corte di Appello avrebbe quindi errato in quanto “….confermando la sentenza oggetto di gravame, ha sostanzialmente omesso di verificare la correttezza dei conteggi esposti dal Condominio e la relativa documentazione allegata. Il motivo è infondato.
Nel caso di specie il Condominio agì legittimamente con la richiesta di decreto ingiuntivo in forza della delibera di approvazione del bilancio preventivo, a cui seguì, nel corso del giudizio, anche la delibera di approvazione del bilancio consuntivo. Entrambe le delibere peraltro non furono impugnate dall’attuale ricorrente, come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata che pertanto deve trovare conferma anche sotto questo secondo profilo. Qui occorre rilevare che, al fine di consentire la necessaria gestione del condominio, che altrimenti sarebbe paralizzata, è legittima la riscossione da parte dell’amministratore dei contributi condominiali sulla base del bilancio preventivo regolarmente approvato sino a quando questo non sia stato sostituito dal bilancio consuntivo (Cass. 242999/2008; 21650/2013).”

L’entrata in vigore della L. 220/2012 (alla data del 18.6.2013) con la conseguente modifica dell’art. 1129 cod.civ., che oggi prevede attività formali relativamente alla nomina e alla conseguente accettazione dell’amministratore (prima fra tutte la comunicazione relativa al compenso, che costituisce motivo di nullità ex art. 1129 XIV comma cod.civ. ) sembrano rendere definitivamente superata la possibilità della nomina per facta concludentia.

La giurisprudenza dei prossimi anni dirà se tale previsione abbia o meno fondamento.

© massimo ginesi 22 luglio 2016 

il ricorso in cassazione in tema di accertamento di diritti reali richiede delibera assembleare

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Lo afferma la Cassazione con una pronuncia (Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza interlocutoria 14 aprile – 6 giugno 2016, n. 11566 Presidente Mazzacane – Relatore Falabella) che non si discosta da orientamenti già espressi dalle lezioni unite del 2010.

Osserva la corte che “In via preliminare va esaminata una questione sollevata dai controricorrenti. Essa ha ad oggetto la mancata autorizzazione dell’assemblea condominiale alla proposizione del ricorso per cassazione da parte dell’amministratore del condominio.
L’impugnazione proposta nella presente sede investe la statuizione della corte di merito con cui è stato accertato l’acquisto per usucapione del diritto di proprietà sulla strada privata denominata via (OMISSIS) da parte dei controricorrenti: statuizione resa con riferimento a una domanda dagli stessi proposta nei confronti del Condominio.
Rispetto a tale domanda l’odierno ricorrente ha affermato, nel corso del giudizio, che la strada fosse di sua proprietà: locuzione, questa, che va intesa nel senso dell’appartenenza di essa al novero dei beni comuni oggetto della proprietà indivisa dei condomini.
Va allora fatta applicazione del principio, espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131 2 e 3 co. c.c., può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione (Cass. S.U. 6 agosto 2010, n. 18331).
Consegue da ciò che va assegnato un termine al Condominio per il deposito dell’atto di ratifica dell’operato dell’amministratore, ovvero della delibera, non presente agli atti, che abbia preventivamente autorizzato la proposizione del ricorso.”

© massimo ginesi 7 luglio 2016 

Le spese ordinarie e straordinarie in condominio

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La Cassazione  (II sezione civile, 10865/2016, rel. Scarpa) ritorna su due temi caldi.

Quanto alle diverse categorie di spesa e ai poteri  dell’amministratore, osserva la Corte che “Vi si allega che l’appalto dei servizi di manutenzione del verde condominiale, nonche’ di derattizzazione e disinfestazione delle aree comuni, involgono contratti rientranti nella straordinaria amministrazione, e percio’ sarebbe illegittima la delibera  che dava generico mandato all’amministratore al riguardo. La Corte d’Appello ha ritenuto che si trattasse di contratti che “rientrano chiaramente nell’ordinaria amministrazione, in quanto tendono alla conservazione delle cose comuni, e quindi nella competenza dell’amministratore”, sicche’ la deliberazione  sarebbe valsa soltanto come “sollecitazione” a quest’ultimo a provvedere ad atti di sua competenza. E’ noto che i contratti conclusi dall’amministratore nell’esercizio delle sue funzioni ed inerenti alla manutenzione ordinaria dell’edificio ed ai servizi comuni essenziali, ovvero all’uso normale delle cose comuni, sono vincolanti per tutti i condomini in forza dell’articolo 1131 c.c., nel senso che giustificano il loro obbligo di contribuire alle spese, senza necessita’ di alcuna preventiva approvazione assembleare delle stesse, intervenendo poi tale approvazione utilmente in sede di consuntivo (Cass. 18 agosto 1986, n. 5068). L’elemento distintivo dell’ordinaria amministrazione dell’obbligazione assunta, come tale sottratta al presupposto autorizzativo dell’assemblea, risiede, pertanto, al pari di quanto si sostiene per le amministrazioni commerciali, nella normalita’ dell’atto di gestione condominiale rispetto allo scopo dell’utilizzazione e del godimento dei beni comuni. Mentre, solo laddove si verta in ipotesi di spese che, seppure dirette alla migliore utilizzazione di cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino per la loro particolarita’ e consistenza un onere economico rilevante, superiore a quello normalmente inerente alla gestione, l’iniziativa contrattuale dello stesso amministratore, senza la preventiva deliberazione  dell’assemblea, non e’ sufficiente a fondare l’obbligo dei singoli condomini, salvo che non ricorra il presupposto dell’urgenza contemplato nella fattispecie di cui all’articolo 1135 c.c., comma 2. “

Quanto alla legittimazione processuale dell’amministratore, in linea con le Sezioni Unite del 2010 e con le modfiche apportate all’art. 1131 cod.civ. dalla novella del 2012, il Giudice di legittimità ribadisce che “deve conclusivamente affermarsi, quanto al primo motivo di ricorso, che l’amministratore di un condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che non esorbitano dalle sue attribuzioni, agli effetti dell’articolo 1131 c.c., commi 2 e 3 (quale, nella specie, la resistenza all’impugnazione di una Delib. proposta da un condomino), non ha bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea dei condomini, ed un’ eventuale Delib. sul punto avrebbe il significato di mero assenso alla scelta gia’ validamente effettuata dall’amministratore”

© massimo ginesi giugno 2016

legittimazione processuale dell’amministratore

L’amministratore è titolare di un generale legittimazione passiva e potrà legittimamente proporre tutte le azioni necessarie a tutela delle ragioni del condominio senza necessità di preventiva delibera, salvo dover comunque essere sorretto da una decisione assemblare successiva ove  la causa travalichi i limiti delle sue attribuzioni, così come delineate dall’art. 1130 cod.civ.

E’ quanto già statuito dalle sezioni Unite della Cassazione nel 2010, ribadito dalla L. 220/2012 che lo puntualizzato nell’incipit dell’art. 1131 cod.civ. riformato e che oggi viene  ribadito da Cass. civ. sez. II con  ordinanza interlocutoria 14 aprile – 6 giugno 2016, n. 11566.

Il Giudice, ove sia necessario procedere a ratifica,  concederà  opportuno termine al Condominio.

qui l’ordinanza

© massimo ginesi giugno 2016