il consiglio di condominio ha competenze consultive e non può deliberare spese

Lo afferma una recente decisione della Suprema Corte ( Cass.Civ. sez.VI-2 15 marzo 2019 n. 7484 rel. Scarpa), con cui è respinto il ricorso di un condominio torinese, il cui consiglio aveva deliberato e ripartito lavori straordinari alle parti comuni e il cui deliberato è stato impugnato da uno dei condomini, che era peraltro risultato vittorioso già in primo grado e in appello.

La decisione, del tutto condivisibile, fa applicazione piana del dettato letterale della norma prevista dall’art. 1130 bis cod.civ., laddove dispone: “L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo.”

A fronte di competenze deliberative rimesse dall’art. 1135 cod.civ. unicamente alla assemblea e di una formulazione chiara della norma che, oggi, prevede la possibilità di istituire un consiglio di condominio, la lettura della corte non desta sorpresa ed appare di assoluta linearità ed i interesse anche con riguardo alla facoltà del condomino di impugnare l’atto consiliare.

Osserva il supremo collegio che “Il comma 2 dell’art. 1130-bis c.c., introdotto dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, consente all’assemblea di nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. La stessa norma precisa che il consiglio di condominio ha “unicamente funzioni consultive e di controllo”, essendo l’organo votato a garantire una più efficiente e trasparente tutela degli interessi dei condomini nei grandi complessi immobiliari dotati di molteplici strutture comuni.

Già, tuttavia, prima della Riforma del 2012, o comunque in fattispecie sottratte ratione temporis alla vigenza del nuovo art. 1130 bis c.c., questa Corte aveva affermato, con principio che va qui ribadito, che l’assemblea condominiale – atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciutele dall’art. 1135 c.c. – può certamente deliberare la nomina di una commissione di condomini (cui ora equivale il “consiglio di condominio”) con l’incarico di esaminare i preventivi di spesa per l’esecuzione di lavori, ma le decisioni di tale più ristretto consesso condominiale sono vincolanti per tutti i condomini – anche dissenzienti – solamente in quanto rimesse alla successiva approvazione, con le maggioranze prescritte, dell’assemblea, le cui funzioni (quale, nella specie. l’attribuzione dell’approvazione delle opere di manutenzione straordinaria, ex art. 1135, comma 1, n. 4, c.c.) non sono delegabili ad un gruppo di condomini (Cass. Sez. 2, 6 marzo 2007, n. 5130; Cass. Sez. 2, 23 novembre 2016, n. 23903; Cass. Sez. 2, 25 maggio 2016, n. 10865).

Il consiglio di condominio, pure nella vigenza dell’art. 1130-bis c.c., non può, dunque, esautorare l’assemblea dalle sue competenze inderogabili, giacché la maggioranza espressa dal più ristretto collegio è comunque cosa diversa dalla maggioranza effettiva dei partecipanti, su cui poggiano gli artt. 1135, 1136 e 1137 c.c. ai fini della costituzione dell’assemblea, nonché della validità e delle impugnazioni delle sue deliberazioni.

La determinazione dell’oggetto delle opere di manutenzione straordinaria (e cioè degli elementi costruttivi fondamentali delle stesse nella loro consistenza qualitativa e quantitativa), la scelta dell’impresa esecutrice dei lavori, la ripartizione delle relative spese ai fini della riscossione dei contributi dei condomini, rientrano, pertanto, nel contenuto essenziale della deliberazione assembleare imposta dall’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c. (Cass. Sez. 2, 26 gennaio 1982, n. 517; Cass. Sez. 2, 21 febbraio 2017, n. 4430; Cass. Sez. 6-2, 16 novembre 2017, n. 27235; Cass. Sez. 6-2, 17 agosto 2017, n. 20136; Cass. Sez. 2, 20 aprile 2001, n. 5889).

Nella specie, è stato accertato in fatto dai giudici del merito che il Consiglio di Condominio, nella riunione del 31 luglio 2014, aveva approvato l’intervento di manutenzione, aveva scelto l’impresa cui affidare i lavori di manutenzione del lastrico ed aveva suddiviso le spese fra i condomini. Queste decisioni del Consiglio di Condominio, sempre per quanto accertato dalla Corte d’Appello di Torino, non vennero poi mai rimesse alla successiva necessaria approvazione dell’assemblea con le. maggioranze prescritte dall’art. 1136 c.c. (né, d’altro canto, i lavori risultavano approvati sin dall’assemblea condominiale del 30 maggio 2014).

Va considerato come le determinazioni prese dai condomini, in assemblea o, come nella specie, nell’ambito del “consiglio di condominio”, devono valutarsi come veri e propri atti negoziali, sicché l’interpretazione del loro contenuto è frutto di apprezzamento di fatto spettante al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità unicamente per violazione dei canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 e seguenti c.c. (Cass. Sez. 2, 28 febbraio 2006, n. 4501).

La Corte d’Appello di Torino, ricostruiti i fatti come sinora esposto, ha coerentemente attribuito immediato valore organizzativo (e non dunque meramente consultivo o preparatorio di un futuro pronunciamento assembleare) alla deliberazione del Consiglio di condominio del 31 luglio 2014. Ciò basta a giustificare l’interesse del condomino D. ad agire in giudizio per accertare se siffatto valore organizzativo della deliberazione del 31 luglio 2014 meritasse di essere conservato o andasse, piuttosto, eliminato con la sanzione giudiziale invalidante.

Il D. aveva perciò un interesse sostanziale ad impugnare la delibera in questione, giacché titolare di una posizione qualificata diretta ad eliminare la situazione di obiettiva incertezza che la delibera del consiglio di condominio generava quanto al contenuto dell’assetto organizzativo della materia regolata (le opere di manutenzione straordinaria). A questo interesse sostanziale è certamente abbinato l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. per l’impugnazione della delibera, avendo l’attore prospettato una lesione individuale di rilievo patrimoniale correlata alla delibera impugnata e così rivelato l’utilità concreta che poteva ricevere dall’accoglimento della domanda.

© massimo ginesi 20 marzo 2019 

LAVORI STRAORDINARI: POTERI DELL’AMMINISTRATORE E CRITERI DI URGENZA

E’ il principio espresso da Cass. civ., sez. VI, 16 novembre 2017 n. 27235 rel. Scarpa, in linea con precedente orientamento della suprema Corte.
LA sentenza è tuttavia di interesse, oltre che per la consueto rigore argomentativo del relatore, per la peculiarità della fattispecie affrontata, che coinvolge anche il diffuso tema delle spese urgenti anticipate dal condominio, alla luce di quanto previsto dall’art. 1134 c.c.

La vicenda trova origine nella domanda avanzata da un condomino e  volta al rimborso della somma di € 15.999,42 oltre interessi, anticipata per il ripristino urgente di alcuni pilastri e colonne di scarico insistenti nel piano cantinato di proprietà esclusiva dello stesso attore.

Sia il Tribunale che la Corte di appello di Palermo respingono la domanda, sull’assunto che non potesse giovare al condomino l’autorizzazione fornita dal padre dell’amministratore e che le opere non rivestissero comunque carattere di urgenza.

La Corte di legittimità affronta tre temi principali, sui quali esclude radicalmente la fondatezza del ricorso.
SULLA LEGITTIMAZIONE DELL’AMMINISTRATORE AD ORDINARE OPERE STRAORDINARIE E SULL’AFFIDAMENTO DEL TERZO APPALTATORE: “L’infondatezza del primo motivo discende, peraltro, dalla considerazione che per l’approvazione di un intervento relativo a riparazioni straordinarie dell’edificio condominiale occorre pur sempre l’autorizzazione dell’assemblea, sicchè non rientra comunque nei compiti dell’amministratore di condominio il conferimento ad un tecnico ed ad un’impresa dell’incarico rispettivamente di dirigere e di eseguire í lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio.

In difetto della preventiva approvazione della spesa da parte dell’assemblea, a norma degli artt. 1135, comma 1, n. 4, e 1136, comma 4, c.c., l’iniziativa contrattuale dello stesso amministratore non è comunque sufficiente a fondare l’obbligo di contribuzione dei singoli condomini.

Peraltro, il principio secondo cui l’atto compiuto, benché irregolarmente, dall’organo di una società resta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull’operato e sui poteri dello stesso, non trova applicazione in materia di condominio di edifici con riguardo a prestazioni relative ad opere di manutenzione straordinaria eseguite da terzi su disposizione dell’amministratore senza previa delibera della assemblea di condomini, atteso che i rispettivi poteri dell’amministratore e dell’assemblea sono delineati con precisione dagli artt. 1130 e 1135 c.c., limitando le attribuzioni dell’amministratore all’ordinaria amministrazione e riservando all’assemblea dei condomini le decisioni in materia di amministrazione straordinaria (Cass. Sez. 2, 07/05/1987, n. 4232).

SULLA FACOLTA’ DI DELEGA IN CAPO ALL’AMMINISTRATORE – Né può mai rilevare a vincolare il condominio all’obbligo di spesa l’attività che il ricorrente attribuisce a C. B., padre dell’amministratore, in quanto, pure a norma dell’art. 1717, comma 1, c.c., il mandatario (figura cui l’amministratore condominiale è assimilabile) che sostituisca altri a sé stesso nell’esecuzione di tale attività, senza esservi autorizzato dall’assemblea e senza che sia necessario per natura dell’incarico, risponde in proprio dell’operato del sostituto (Cass. Sez. 2, 09/04/2014, n. 8339).
Anche l’accertamento della insussistenza di un affidamento incolpevole del M. (che era, del resto, condomino dell’edificio amministrato da G. B.) nel potere di rappresentanza conferito a C. B., come di un comportamento colposo dell’amministratore, discende, in ogni caso, dall’apprezzamento di fatto rimesso ai giudici del merito.

SULLA SUSSISTENZA DEI REQUISITI DI URGENZA PREVISTI DALL’ART. 1134 C.C. – Per consolidato orientamento di questa Corte, il condomino che, in mancanza di autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea, abbia anticipato le spese di conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso solo se ne dimostri, ex art. 1134 c.c. (testo previgente alla modifica operata con la legge n. 220/2012), l’urgenza, ossia se dimostri che le opere, per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, dovevano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. Sez. 2, 23/09/2016, n. 18759; Cass. Sez. 2, 19/12/2011, n. 27519; Cass. Sez. 2, 23/04/2010, n. 9743).

Ai fini dell’applicabilità dell’art 1134 c.c., va allora considerata ‘urgente’ non solo la spesa che sia giustificata dall’esigenza di manutenzione, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condomini possano utilmente provvedere.

La ragione sottintesa all’art. 1134 c.c. viene ravvisata, del resto, proprio nell’esigenza di evitare dannose interferenze del singolo condomino nell’amministrazione, dovendosi esprimere il concorso dei distinti proprietari alla gestione delle cose comuni essenzialmente in forma assembleare.

La prova dell’indifferibilità della spesa incombe, peraltro, sul condomino che chiede il rimborso, il quale deve dimostrare, a tal fine, la sussistenza delle condizioni che imponevano di provvedere senza ritardo e che impedivano di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. Sez. 2, 26/03/2001, n. 4364; Cass. Sez. 2, 04/08/1997, n. 7181; Cass. Sez. 2, 12/09/1980, n. 5256).

La Corte d’Appello ha quindi correttamente ritenuto decisiva, in senso contrario alla ravvisabilità dei presupposti di cui all’art. 1134 c.c., la circostanza che il condominio e l’amministratore fossero stati messi a conoscenza della necessità della manutenzione delle fondamenta dell’edificio passanti per la proprietà M. quantomeno dal giugno 1999, ovvero oltre un anno prima di quando poi le opere furono compiute, essendo tale lasso di tempo più che sufficiente a richiedere il consenso degli altri condomini (Cass. Sez. 2, 10/12/1977, n. 5356).

A fronte della eventuale perdurante inerzia dell’amministratore e dell’assemblea nell’adozione dei provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune, della cui esigenza gli organi condominiali siano stati resi edotti, non può farsi ricorso alla gestione sostitutiva del singolo condomino, ai sensi dell’art. 1134 c.c., potendosi, piuttosto, sperimentare strumenti alternativi, quale quello allestito dall’art. 1105, comma 4, c.c.

© massimo ginesi 20 novembre 2017

il condomino apparente è una chimera, anche per il terzo creditore.

La Suprema Corte (Cass.civ. sez. VI ord.  9 ottobre 2017 n. 23621 rel. Scarpa) affronta un tema peculiare,   cogliendo l’occasione per una interessante disamina del sorgere dell’obbligazione condominiale e della sua natura, temi che in diverse recenti sentenze stanno acquisendo una interpretazione organica e di grande interesse per l’operatore del diritto.

Il caso nasce da una opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dall’appaltatore,  terzo creditore del condominio,  nei confronti di colui che riteneva condomino e che si è, invece, rivelato essere l’amministratore della società di capitali effettiva proprietaria del bene.

Assai singolarmente la Corte di appello di Salerno ha ritenuto che il principio del condomino apparente, spazzato dalle aule di giustizia dalla Cassazione ormai una ventina di anni fa – sulla considerazione che la proprietà immobiliare è soggetta a pubblicità erga omnes e debba  dunque obbligatoriamente essere accertata  da chi agisce – fosse invece applicabile al terzo, “poiché  l’apparenza della qualità di condomino (manifestata dalla partecipazione alle assemblee condominiali senza mai manifestare tale qualità) rileva nei confronti di soggetti terzi, i quali non possono farsi carico di accertare la proprietà dell’immobile”.

Il giudice di legittimità, su ricorso dell’ingiunto, ripercorre con interessante motivazione sia la genesi dell’obbligazione, che presuppone necessariamente la qualità di condomino, sia l’obbligo, per chiunque, di accertare l’effettiva titolarità del bene, non potendo affatto invocarsi l’apparenza del diritto in simili contesti.

“Questa Corte ha più volte affermato che in materia condominiale, quanto meno con riferimento alle azioni promosse dall’amministratore per la riscossione delle spese condominiali di competenza delle singole unità immobiliari di proprietà esclusiva, sono passivamente legittimati soltanto i rispettivi proprietari effettivi di dette unità, e non anche coloro che possano apparire tali, a nulla rilevando la reiterazione continuativa di comportamenti propri del condomino, né sussistendo esigenze di tutela dell’affidamento di un terzo di buona fede nella relazione tra condominio e condomino (Cass. Sez. U, 08/04/2002, n. 5035; Cass. Sez. 2, 03/08/2007, n. 17039; Cass. Sez. 2, 25/01/2007, n. 1627).”

Con riguardo alla bizzarra affermazione della Corte d’Appello di Salerno, la Cassazione rileva che “Questo argomentare non tiene conto che la costruzione giurisprudenziale del principio della diretta riferibilità ai singoli condomini della responsabilità per l’adempimento delle obbligazioni contratte verso i terzi dall’amministratore del condominio per conto del condominio, tale da legittimare l’azione del creditore verso ciascun partecipante, poggia comunque sul collegamento tra il debito del condomino e la res, in quanto è comunque la contitolarità delle parti comuni che ne costituisce il fondamento.

D’altro canto, la stessa conclusione raggiunta in giurisprudenza, per cui la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, nel senso che le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, è stata costruita spiegando che l’amministratore possa vincolare i singoli comunque “nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote” (Cass. Sez. U, 08/04/2008, n. 9148).

E’ pacifico che occorra l’autorizzazione dell’assemblea (o, comunque, l’approvazione mediante sua successiva ratifica), ai sensi dell’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., e con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, comma 4, c.c., per l’approvazione di un appalto relativo a riparazioni straordinarie dell’edificio condominiale.

E’ poi dalla deliberazione dell’assemblea, e non dal rapporto contrattuale con l’appaltatore, che discende l’obbligo dei singoli condomini di partecipare agli esborsi derivanti dall’esecuzione delle opere, ponendosi il condominio (e non ciascun condomino) come committente nei confronti dell’appaltatore stesso.

Anche, dunque, la vicenda obbligatoria che si imputa pro quota al singolo partecipante è geneticamente correlata al diritto reale condominiale (si vedano, indicativamente, i commi 1 e 2 dell’art. 63 disp. att. c.c., come modificato dalla legge n. 220/2012, pur non applicabile nella specie ratione temporis), ed è quindi quanto meno indirettamente collegata alla situazione resa pubblica nei libri fondiari.

Ai fini dell’invocabilità dell’apparentia iuris a garanzia dell’affidamento maturato dal terzo creditore del condominio, non può quindi negarsi, come fatto dalla Corte d’Appello di Salerno, la sussistenza di un legame con il dato pubblicitario emergente dalla trascrizione nei registri immobiliari, trattandosi di trarre conseguenze ai fini dell’adempimento di un’obbligazione pecuniaria comunque connessa con la titolarità di un diritto reale di proprietà.

D’altro canto, è decisivo osservare come nel nostro ordinamento il principio dell’apparenza del diritto (art. 1189 c.c.) trova applicazione quando sussistono uno stato di fatto difforme dalla situazione di diritto ed un errore scusabile del terzo in buona fede circa la corrispondenza del primo alla realtà giuridica, assumendo comunque rilievo giuridico l’apparenza ai soli fini della individuazione del titolare di un diritto soggettivo, ma non anche per fondare una pretesa di adempimento nei confronti di un soggetto non debitore, atteso che l’affidamento del terzo può legittimare una richiesta di risarcimento danni per il subito pregiudizio, e non invece trasformare in debitore un soggetto che non rivesta tale qualità (cfr. Cass. Sez. U, 01/07/1997, n. 5896; Cass. Sez. 1, 10/11/1997, n. 11041; Cass. Sez. 1, 10/11/1997, n. 11040).”

© massimo ginesi 10 ottobre 2017

il condominio non risponde delle obbligazioni contratte dall’amministratore oltre i suoi poteri.

Lo afferma la Cassazione (Cass.civ. sez. II  ord. 17 agosto 2017 n. 20137 rel. Scarpa) che ribadisce altro rilevante principio correlato: il terzo che abbia trattato con l’amministratore, per vicende che esulano dai poteri previsti dall’art. 1130 cod.civ. e sulle quali la legge riserva la decisione alla assemblea, non ha diritto alla tutela dell’affidamento.

I fatti traggono origine dall’incarico conferito dall’amministratore ad un avvocato per la redazione del contratto di appalto relativo a lavori straordinari, materia riservata ex art. 1135 cod.civ. alla delibera dell’organo collegiale.

Il professionista ha richiesto ed ottenuto decreto ingiuntivo nei confronti del condominio, revocato dal giudice di merito a seguito della opposizione del condominio che lamentava l’attività ultra vires dell’amministratore.

Osserva la Corte di legittimità che “È pacifico che occorra l’autorizzazione dell’assemblea (o, comunque, approvazione mediante sua successiva ratifica), ai sensi dell’articolo 1135, comma I, numero 4 cod. civ., e con la maggioranza prescritta dall’articolo 1136, comma IV, cod. civ, per l’approvazione di un appalto relativo a lavori straordinari dell’edificio condominiale (si vedano indicativamente Cass.civ. sez. II  21.2.2017 n. 4430, Cass.civ. sez. II 25.5.2016 n. 10865).

La delibera assembleare in ordine alla manutenzione  straordinaria deve determinare l’oggetto del contratto di appalto da stipulare con l’impresa prescelta, ovvero le opere da compiersi ed il prezzo dei lavori, non necessariamente specificando tutti i particolari dell’opera , ma comunque fissandone gli elementi costruttivi fondamentali, nella loro consistenza qualitativa e quantitativa. 

Non rientra fra i compiti dell’amministratore di condominio neppure il conferimento ad un professionista legale dell’incarico di assistenza nella redazione del contratto di appalto per la manutenzione straordinaria dell’edificio, dovendosi intendere tale facoltà riservata all’assemblea dei condomini, organo cui è demandato dall’art. 1135, comma 1, n. 4, cod.civ. il potere di disporre le spese necessarie ad assumere obbligazioni in materia.

Ove siano mancate la preventiva approvazione o la successiva ratifica della spesa inerente tale incarico professionale da parte dell’assemblea, a norma degli artt. 1135, comma 1, n. 4, e 1136, comma 4, cod.civ., l’iniziativa contrattuale dello stesso amministratore non è sufficiente a fondare l’obbligo di contribuzione dei singoli condomini, salvo che non ricorra il presupposto dell’urgenza nella fattispecie considerata dall’art. 1135, ult. comma, cod.civ. (arg. da Cass. Sez. 2, 02/02/2017, n. 2807).

Peraltro, il principio secondo cui l’atto compiuto, benché irregolarmente, dall’organo di una società resta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull’operato e sui poteri dello stesso, non trova applicazione in materia di condominio di edifici con riguardo a prestazioni relative ad opere di manutenzione straordinaria eseguite da terzi su disposizione dell’amministratore senza previa delibera della assemblea di condominio,  atteso che i rispettivi poteri dell’amministratore e dell’assemblea sono delineati con precisione dagli artt. 1130 e 1135 cod.civ., limitando le attribuzioni dell’amministratore all’ordinaria amministrazione e riservando all’assemblea dei condomini le decisioni in materia di amministrazione straordinaria (Cass. Sez. 2, 07/05/1987, n. 4232).

Né il terzo, che abbia operato su incarico dell’amministratore, può dedurre che la prestazione da lui adempiuta rivestisse carattere di urgenza, valendo tale presupposto a fondare, in base all’art. 1135, ultimo comma, e.e., il diritto dell’amministratore a conseguire dai condomini il rimborso delle spese nell’ambito interno al rapporto di mandato. 

Infine, il criterio discretivo tra atti di ordinaria amministrazione, rimessi all’iniziativa dell’amministratore nell’esercizio delle proprie funzioni e vincolanti per tutti i condomini ex art. 1133 cod.civ., ed atti di amministrazione straordinaria, al contrario bisognosi di autorizzazione assembleare per produrre detto effetto, salvo quanto previsto dall’art. 1135 comma 2 cod.civ., riposa sulla normalità dell’atto di gestione rispetto allo scopo dell’utilizzazione e del godimento dei beni comuni, sicché gli atti implicanti spese che pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante, necessitano della delibera dell’assemblea condominiale (Cass.civ. sez. II  25.5.2016 n. 10865). “

© massimo ginesi 18 agosto 2017

art. 1135 cod.civ., appalto in condominio : anche le variazioni vanno approvate dalla assemblea

Una articolata sentenza della Cassazione fa il punto sul complesso tema dell’appalto e dei relativi poteri assembleari previsti  dall’art. 1135 cod.civ.

Cass.Civ. II sez. 21 febbraio 2017 . n. 4430 (rel. Scarpa): la causa nasce nel 2004 con una impugnazione di delibera con cui gli attori chiedono al Tribunale di Lanciano  di dichiarare invalida “la deliberazione dell’assemblea condominiale del 9 dicembre 2003, che aveva approvato il rendiconto dall’1.11.2002 al 31.10.2003 e la relativa ripartizione, comprensivi di un importo dei lavori di manutenzione della fogna per un importo di C 13.840,63, oltre I.V.A., maggiore di quello preventivato e pattuito con l’appaltatrice B.D. SRL, pari ad C 7.790,89. Gli attori avevano chiesto di dichiarare invalida la deliberazione dell’assemblea, per motivi inerenti alle carenze dell’ordine del giorno, al merito dei lavori effettivamente eseguiti dall’impresa ed alla ripartizione delle spese, effettuata sulla base di 986,42 millesimi anziché 1000 millesimi”

Osserva la corte, in primo luogo, che l’approvazione dell’appalto è materia di pertinenza dell’assemblea ai sensi dell’art. 1135 cod.civ. “E’ pacifico che occorra l’autorizzazione dell’assemblea (o, comunque, l’approvazione mediante sua successiva ratifica), ai sensi dell’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., e con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, comma 4, c.c., per l’approvazione di un appalto relativo a riparazioni straordinarie dell’edificio condominiale (si veda indicativamente Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10865 del 25/05/2016).”

La decisione passa poi ad esaminare il contenuto della delibera di approvazione di contratto di appalto e il potere del sindacato del giudice, che non potrà mai estendersi al merito:  “Il contenutLa delibera assembleare in ordine alla manutenzione straordinaria deve determinare l’oggetto del contratto di appalto da stipulare con l’impresa prescelta, ovvero le opere da compiersi ed il prezzo dei lavori, non necessariamente specificando tutti i particolari dell’opera, ma comunque fissandone gli elementi costruttivi fondamentali, nella loro consistenza qualitativa e quantitativa.

Sono, peraltro, ammissibili successive integrazioni della delibera di approvazione dei lavori, pure inizialmente indeterminata, sulla base di accertamenti tecnici da compiersi. In ogni caso, l’autorizzazione assembleare di un’opera può reputarsi comprensiva di ogni altro lavoro intrinsecamente connesso nel preventivo approvato (arg. da Cass., Sez. 2, Sentenza n. 5889 del 20/04/2001). I condomini non possono, però, sollecitare il sindacato dell’autorità giudiziaria sulla delibera di approvazione dei lavori straordinari, censurando l’utilità dei lavori, l’adeguatezza tecnica dell’intervento manutentivo stabilito, o la scelta di un preventivo di spesa meno vantaggioso di quello contenuto in altra offerta. Il controllo del giudice sulle delibere delle assemblee condominiali è limitato al riscontro della legittimità, in base alle norme di legge o del regolamento condominiale, e giunge fino alla soglia dell’eccesso di potere, mentre non può mai estendersi alla valutazione del merito ed alla verifica delle modalità di esercizio del potere discrezionale spettante all’assemblea”.

Ove intervengano significative varianti nel corso della esecuzione dell’opera, queste dovranno formare oggetto di ulteriore specifica approvazione assembleare: Quanto detto in ordine all’approvazione delle modalità costruttive ed al prezzo vale, ovviamente, anche per le varianti dell’opera di manutenzione straordinaria appaltata dal condominio, dovendo parimenti le variazioni alle originarie modalità convenute essere autorizzate dall’assemblea del condominio, sempre ex artt. 1135, comma 1, n. 4, e 1136, comma 4, c.c. E’ tuttavia certamente consentito all’assemblea di approvare successivamente le varianti delle opere di manutenzione straordinarie appaltate, comportanti un aumento delle spese medesime, disponendone il rimborso, trattandosi di delibera riconducibile fra le attribuzioni conferitele dall’art. 1135 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6896 del 04/06/1992; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10865 del 25/05/2016, in motivazione). L’assemblea può, infatti ratificare le spese straordinarie erogate dall’amministratore senza preventiva autorizzazione, anche se prive dei connotati di indifferibilità ed urgenza, e, di conseguenza, approvarle, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva di delibera di esecuzione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18192 del 10/08/2009; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2864 del 07/02/2008).”

Detta ratifica  ben potrà avvenire anche durante l’approvazione del rendiconto annuale, ove l’ordine del giorno sia sufficientemente esteso da poter comprendere tutti gli esborsi dell’esercizio (seppure, plausibilmente, la delibera sullo specifico punto sia da adottare con le diverse maggioranze richieste dalla materia straordinaria):  “Quanto detto in ordine all’approvazione delle modalità costruttive ed al prezzo vale, ovviamente, anche per le varianti dell’opera di manutenzione straordinaria appaltata dal condominio, dovendo parimenti le variazioni alle originarie modalità convenute essere autorizzate dall’assemblea del condominio, sempre ex artt. 1135, comma 1, n. 4, e 1136, comma 4, c.c. E’ tuttavia certamente consentito all’assemblea di approvare successivamente le varianti delle opere di manutenzione straordinarie appaltate, comportanti un aumento delle spese medesime, disponendone il rimborso, trattandosi di delibera riconducibile fra le attribuzioni conferitele dall’art. 1135 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6896 del 04/06/1992; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10865 del 25/05/2016, in motivazione). L’assemblea può, infatti ratificare le spese straordinarie erogate dall’amministratore senza preventiva autorizzazione, anche se prive dei connotati di indifferibilità ed urgenza, e, di conseguenza, approvarle, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva di delibera di esecuzione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18192 del 10/08/2009; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2864 del 07/02/2008).”

Da quella delibera sorge l’obbligo dei condomini di versare le proprie quote e non dalla stipulazione del contratto con l’appaltatore e, per le stesse ragioni,  non può darsi azione diretta del singolo condomino verso l’appaltatore: “Ritenuta la deliberazione dell’assemblea 9 dicembre 2003 utile ratifica dell’obbligo di spesa per i lavori di manutenzione della fogna nell’importo di C 13.840,63, oltre I.V.A., dovuto all’appaltatrice B. D. SRL, è da essa (salvi gli effetti invalidanti dell’impugnazione ex art. 1137 c.c.), e non dal rapporto contrattuale con l’appaltatrice, che discende l’obbligo dei singoli condomini di partecipare agli esborsi derivanti dall’esecuzione delle opere. Ponendosi il condominio (e non ciascun condomino) come committente nei confronti dell’appaltatrice (giacché unitario è l’interesse sottostante alla posizione dei singoli partecipanti al condominio, espresso nell’atto collegiale), la tutela del singolo condomino, riguardo agli effetti pregiudizievoli derivanti dalle obbligazioni assunte nei confronti della stessa appaltatrice, può concepirsi soltanto nell’ambito dell’impugnazione della deliberazione dell’assemblea di approvazione, e non sotto il profilo dei rimedi contrattuali.

E’ perciò sostanzialmente corretto quanto deciso dalla Corte d’Appello dell’Aquila, dichiarando inammissibile la pretesa dei condomini D.D.V. e M. P. di agire in via diretta verso l’appaltatrice per accertare il minor compenso spettante a quest’ultima.”

Il ricorso al Giudice di legittimità trova invece fondamento sulla ripartizione millesimale errata, che comporta rinvio al giudice di merito: “D.D.V. e M. P. avevano impugnato con specifico motivo la sentenza del Tribunale di Lanciano anche riproponendo la domanda di annullamento della deliberazione dell’assemblea condominiale del 9 dicembre 2003, perché il riparto era stato effettuato sulla base di 986,42 millesimi anziché 1000 millesimi, in quanto domanda su cui il primo giudice non aveva deciso. Su tale motivo di appello la Corte di L’Aquila ha omesso di pronunciarsi. Si impone pertanto la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, richiedendo la decisione nel merito accertamenti di fatto in ordine alla sussistenza nella deliberazione di ripartizione della spesa del valore delle unità immobiliari, espresso in millesimi, ragguagliato a quello dell’intero edificio.”

L’impugnazione risulta fondata anche per quel che attiene al tema delle spese, sullo spinoso problema della compensazione, soluzione con troppa frequenza adottata dai Tribunali (e su cui gli ultimi interventi legislativi hanno opportunamente posto qualche limite applicativo): “La Corte di L’Aquila ha altresì omesso di pronunciare sul motivo di impugnazione attinente all’omessa compensazione ed all’entità della liquidazione delle spese di primo grado operata in favore dei convenuti. Il giudice di appello, in presenza di una censura che investe la pronunzia del giudice di primo grado sulle spese, specificamente indicando giusti motivi di compensazione o un’eccessiva liquidazione di esse, ha il dovere di apprezzare, anche nel contesto di ogni altro elemento, la consistenza ed importanza dei fatti dedotti e di precisare, così, la ragione per la quale egli ritenga di condividere la decisione di primo grado (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9758 del 10/05/2005).”

© massimo ginesi 23 febbraio 2017

i lavori straordinari non urgenti ordinati dall’amministratore non sono riferibili al condominio.

Una ditta che ha eseguito opere di manutenzione straordinaria al fabbricato condominiale non è stata saldata e ottiene decreto ingiuntivo nei confronti del condominio, il Condominio propone opposizione e chiede di chiamare a garanzia il precedente amministratore, che aveva ordinato quei lavori in assenza di alcuna delibera assembleare.

La Cassazione riafferma un principio importante in tema di responsabilità patrimoniale del condominio e dell’amministratore nei confronti dell’appaltatore, già espresso nel 2010: ove difetti il requisito dell’urgenza, le opere straordinarie ordinate dall’amministratore senza supporto assembleare rimarranno un contratto unicamente a lui riferibile e del quale è chiamato a rispondere in via diretta ed esclusiva sotto il profilo patrimoniale, non sussistendo alcun rapporto di garanzia nei confronti del condominio ma esclusivamente una responsabilità personale dell’amministratore,  che ha assunto l’obbligazione eccedendo i limiti del mandato.

Cass. civ. II sez. 2 febbraio 2017 n. 2807“In materia di lavori straordinaria amministrazione disposti dell’amministratore di condominio, in assenza di previa delibera assembleare, non è … configurabile alcun diritto di rivalsa o di regresso del condominio, atteso che i rispettivi poteri dell’amministratore dell’assemblea sono delineati con precisione dalle disposizioni del codice civile (articoli 1130 e 1135), che limitano l’attribuzione dell’amministratore all’ordinaria amministrazione e riservano all’assemblea di condominio le decisioni in materia di amministrazione straordinaria, con la sola eccezione dei lavori di carattere urgente. (Cass. n. 4332/1987)

Di conseguenza, nel caso in cui l’amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all’articolo 1135 comma due cod. civ., abbia assunto l’iniziativa di compiere opere di manutenzione straordinaria caratterizzata dall’urgenza, ove questa effettivamente ricorra ed egli abbia speso, nei confronti dei terzi, il nome del condominio, quest’ultimo deve ritenersi validamente rappresentato e l’obbligazione è direttamente riferibile al condominio; laddove invece i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell’amministratore non posseggano i requisiti dell’urgenza, il relativo rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, trattandosi di atto posto in essere dall’amministratore al di fuori delle sue attribuzioni, attesa la rilevanza esterna delle disposizioni di cui agli articoli 1130 e 1135 comma due cod. civ. (cass. 6557/1987).”

© massimo ginesi 3 febbraio 2017 

è legittima l’istituzione di fondi cassa deliberata dalla assemblea

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Lo ha stabilito la Suprema Corte con sentenza del 11 agosto 2016 n. 17035, (rel. Giusti) affermando che:

“Questa Corte ha già statuito che appartiene al potere di­screzionale dell’assemblea e non pregiudica né l’interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, né il loro diritto patrimoniale all’accredito della proporzionale somma – perché compensata dal corrispondente minor addebito, in anti­cipo o a conguaglio – l’istituzione di un fondo-cassa per le spese di ordinaria manutenzione e conservazione dei beni comuni (Sez. II, 28 agosto 1997, n. 8167).

Si è anche precisato che l’onere per la costituzione di un fondo speciale per le spese di manutenzione straordinaria va ripartito tra i condomini in base ai criteri fissati nell’art. 1123 cod. civ. se per la realizzazione di interventi non anco­ra specificati è possibile ripartire provvisoriamente la somma destinata alla costituzione del fondo in base ai millesimi di proprietà (Sez. II, 29 gennaio 1974, n. 244)”

La sentenza, per le argomentazioni difensive delle parti e la disamina effettuata dalla corte, merita lettura integrale.

© massimo ginesi 17 agosto 2016

Le spese ordinarie e straordinarie in condominio

Schermata 2016-06-27 alle 10.19.01

La Cassazione  (II sezione civile, 10865/2016, rel. Scarpa) ritorna su due temi caldi.

Quanto alle diverse categorie di spesa e ai poteri  dell’amministratore, osserva la Corte che “Vi si allega che l’appalto dei servizi di manutenzione del verde condominiale, nonche’ di derattizzazione e disinfestazione delle aree comuni, involgono contratti rientranti nella straordinaria amministrazione, e percio’ sarebbe illegittima la delibera  che dava generico mandato all’amministratore al riguardo. La Corte d’Appello ha ritenuto che si trattasse di contratti che “rientrano chiaramente nell’ordinaria amministrazione, in quanto tendono alla conservazione delle cose comuni, e quindi nella competenza dell’amministratore”, sicche’ la deliberazione  sarebbe valsa soltanto come “sollecitazione” a quest’ultimo a provvedere ad atti di sua competenza. E’ noto che i contratti conclusi dall’amministratore nell’esercizio delle sue funzioni ed inerenti alla manutenzione ordinaria dell’edificio ed ai servizi comuni essenziali, ovvero all’uso normale delle cose comuni, sono vincolanti per tutti i condomini in forza dell’articolo 1131 c.c., nel senso che giustificano il loro obbligo di contribuire alle spese, senza necessita’ di alcuna preventiva approvazione assembleare delle stesse, intervenendo poi tale approvazione utilmente in sede di consuntivo (Cass. 18 agosto 1986, n. 5068). L’elemento distintivo dell’ordinaria amministrazione dell’obbligazione assunta, come tale sottratta al presupposto autorizzativo dell’assemblea, risiede, pertanto, al pari di quanto si sostiene per le amministrazioni commerciali, nella normalita’ dell’atto di gestione condominiale rispetto allo scopo dell’utilizzazione e del godimento dei beni comuni. Mentre, solo laddove si verta in ipotesi di spese che, seppure dirette alla migliore utilizzazione di cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino per la loro particolarita’ e consistenza un onere economico rilevante, superiore a quello normalmente inerente alla gestione, l’iniziativa contrattuale dello stesso amministratore, senza la preventiva deliberazione  dell’assemblea, non e’ sufficiente a fondare l’obbligo dei singoli condomini, salvo che non ricorra il presupposto dell’urgenza contemplato nella fattispecie di cui all’articolo 1135 c.c., comma 2. “

Quanto alla legittimazione processuale dell’amministratore, in linea con le Sezioni Unite del 2010 e con le modfiche apportate all’art. 1131 cod.civ. dalla novella del 2012, il Giudice di legittimità ribadisce che “deve conclusivamente affermarsi, quanto al primo motivo di ricorso, che l’amministratore di un condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che non esorbitano dalle sue attribuzioni, agli effetti dell’articolo 1131 c.c., commi 2 e 3 (quale, nella specie, la resistenza all’impugnazione di una Delib. proposta da un condomino), non ha bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea dei condomini, ed un’ eventuale Delib. sul punto avrebbe il significato di mero assenso alla scelta gia’ validamente effettuata dall’amministratore”

© massimo ginesi giugno 2016