opposizione a decreto ingiuntivo e riconvenzionale

in tema di opposizione a decreto ingiuntivo il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o una eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta

Cassazione civile, Sez. I, sent. 24 marzo 2022, n. 9633, Pres. Campanile, Est. Scotti

impugnazione di delibera e valore della causa: la cassazione muta orientamento

Una recentissima pronuncia di legittimità (Cass.civ. sez. II  21.3.2022 n. 9068 rel. Scarpa) riprende le ultime tesi avanzate dalla corte  ( Cass.civ. sez. II  7.7.20221 n. 19250 e Cass.civ. sez. VI-2 20.7.2020 n. 15434)   e afferma che la determinazione del valore della causa di impugnazione di delibera assembleare non deve essere parametrata unicamente alla quota imputata al condomino che agisce.

“Questa più recente interpretazione tiene adeguatamente conto della considerazione che la sentenza che dichiari la nullità o pronunci l’annullamento della impugnata deliberazione dell’assemblea condominiale produce sempre un effetto caducatorio unitario. L’effetto della sentenza di annullamento opera, infatti, nei confronti di tutti i condomini, anche se non abbiano partecipato direttamente al giudizio di impugnativa promosso da uno o da alcuni di loro. La domanda di impugnazione del singolo non può intendersi, perciò, ristretta all’accertamento della validità del rapporto parziale che lega l’attore al condominio, estendendosi, piuttosto, alla validità dell’intera deliberazione (cfr. Cass. Sez. 2, 29 gennaio 2021, n. 2127; Cass. sez. 2, 25 novembre 1991, n. 12633). Tale ampliamento dell’efficacia del giudicato a tutti i componenti dell’organizzazione condominiale è, del resto, coerente col disposto del primo comma dell’art. 1137 c.c., per cui le deliberazioni prese dall’assemblea sono obbligatorie per tutti i condomini, essendo inconcepibile che la delibera annullata giudizialmente venga rimossa per l’impugnante e rimanga invece vincolante per gli altri comproprietari” 

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© massimo ginesi 23.3.2022

clausola compromissoria e regolamento condominiale

Cass.civ. sez. II  17 marzo  2022 n. 8698 rel. Scarpa: «la clausola compromissoria per arbitrato irrituale contenuta in un regolamento di condominio, la quale stabilisce che siano definite dagli arbitri le controversie che riguardano la interpretazione e la qualificazione del regolamento che possano sorgere tra l’amministratore ed i singoli condomini, deve essere interpretata, in mancanza di volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le cause in cui il regolamento può rappresentare un fatto costitutivodella pretesa o comunque aventi causa petendi connesse con l’operatività del regolamento stesso, il quale, in senso proprio, è l’atto di autorganizzazione a contenuto tipico normativo approvato dall’assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell’art. 1136 c.c. e che contiene le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione (art. 1138, comma 1, c.c.)».

La Suprema Corte, ad opera di raffinato relatore, oltre a chiarire la natura e portata della clausola compromissoria che riguardi l’applicazione del regolamento,  ribadisce l’ammissibilità di clausole arbitrali in materia condominiale, ricordando che “È anche uniforme l’orientamento di questa Corte secondo cui l’art. 1137 c.c., comma 2, nel riconoscere ad ogni condominio assente, dissenziente o astenuto la facoltà di ricorrere all’autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell’assemblea del condominio, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri di tali controversie, le quali, d’altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli artt. 806 e 808 c.p.c. (Cass. Sez. 2, 20/06/1983, n. 4218; Cass. Sez. 2, 05/06/1984, n. 3406; Cass. Sez. 1, 10/01/1986, n. 73; Cass. Sez. 6 – 2, 15/12/2020, n. 28508).”

©  massimo ginesi 19 marzo 2022 

vedute, cortile e comunione

Un articolato provvedimento della Corte di legittimità affronta un caso invero peculiare, ma di non infrequente verificazione

“Ove sia accertata la comunione di un cortile sito fra edifici appartenenti a proprietari diversi ed allorché fra il cortile e le singole unità immobiliari di proprietà esclusiva non sussista quel collegamento strutturale, materiale o funzionale, ovvero quella relazione di accessorio a principale (che costituisce il fondamento della condominialità dell’area scoperta, ai sensi dell’art. 1117 c.c.), l’apertura di una veduta da una parete di proprietà individuale verso lo spazio comune rimane soggetta alle prescrizioni contenute nell’art. 905 c.c.”

Cassazione civile, sez. II, sentenza 11 marzo 2022, n. 7971

7971_2022

 

spese del portiere e successione fra i condomini

Delle spese relative al servizio di portierato risponde colui che era condomino al momento di erogazione del servizio: è quanto ha stabilito Cass.civ. sez. II 25 febbraio 2022, n.6331

“Per le spese necessarie per la prestazione di un servizio dell’interesse comune, quale quello di portierato – la nascita dell’obbligazione contributiva in capo al condomino coincide con l’erogazione effettiva del servizio. Con la conseguenza che l’obbligo grava su chi sia titolare dell’immobile al momento della prestazione del portiere (nella specie, relativa alla controversia circa la partecipazione alla ripartizione delle spese a seguito della condanna del condominio al pagamento del servizio di portierato, la Corte ha disatteso l’assunto della ricorrente secondo cui l’obbligazione nei confronti dell’ex portiera sarebbe sorta al momento in cui fu pronunciata la sentenza del Giudice del lavoro, giacché tale sentenza aveva un contenuto di accertamento e condanna, non era una pronuncia costitutiva. Parimenti infondato era poi l’ulteriore assunto della ricorrente secondo cui il debito dei condomini nei confronti del condominio sarebbe sorto con la delibera condominiale, giacché quest’ultima ha soltanto ripartito una obbligazione preesistente).”

© massimo ginesi 14 marzo 2022 

assemblee virtuali: una sentenza discutibile

L’assemblea da remoto è stata espressamente codificata dal legislatore, solo di recente, introducendo una specifica disposizione all’art. 66 disp.att. cod.civ.

Su tale assunto il Tribunale di Bergamo (sentenza 13 gennaio 2022 n. 38) ha ritenuto che le assemblee celebrate con collegamento a distanza, anteriormente all’entrata in vigore del D.L. 14 agosto 2020 n. 104 (che ha introdotto la modifica sopra menzionata), siano annullabili.

La pronuncia  contiene solo una motivazione apparente (che è in realtà un semplice assioma: siccome l’assemblea con tali modalità non era prevista dalla legge, ove così sia stata celebrata deve essere annullata): Invero, alla data del 5 giugno 2020 non era ancora entrato in vigore l’u.c. dell’art. 66 att. c.c., secondo cui “Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso della maggioranza dei condomini, la partecipazione all’assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza. In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, è trasmesso all’amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione”.La possibilità di svolgere le assemblee condominiali mediante piattaforme telematiche è stata introdotta soltanto con il D.L. 14 agosto 2020 n. 104, poi modificato dal D.L 7 ottobre 2020 n. 125 convertito nella L. 27 novembre 2020, n. 159.In precedenza il legislatore dell’emergenza aveva unicamente previsto la proroga del mandato dell’amministratore e lo slittamento dei termini per la presentazione dei rendiconti.L’assemblea del 5 giugno 2020 era quindi, viziata ab origine, tanto essendo sufficiente al fine di determinare l’annullabilità della relativa deliberazione.Di qui, solo per questo motivo (e con assorbimento degli altri, in virtù del principio della ragione più liquida), la fondatezza dell’impugnazione.”

Il giudice lombardo si arresta al mero dato formale, non si interroga sulla compatibilità in astratto di tale mezzo con i principi generali dell’ordinamento, né offre alcuna motivazione in ordine ai diritti pregiudicati che dovrebbero comportare annullamento della delibera.

In realtà non v’è alcun motivo per dubitare che l’assemblea in modalità virtuale (o mista) possa essere celebrata senza incorrere in vizi, laddove sia garantito il rispetto delle condizioni di partecipazione ed espressione dei singoli condomini.

Per interessante e autorevole disamina

Scarpa – L’assemblea condominiale da remoto: era vietata quando non era regolata dalla legge?

© massimo ginesi 21 febbraio 2022

le tabelle millesimali predisposte dal costruttore devono essere approvate dall’assemblea

E’ quanto ha di recente stabilito la Suprema Corte (Cass. civ. II, 12 gennaio 2022 n.  791), ritenendo che la delega conferita al costruttore di predisporre le tabelle millesimali non ne preveda poi l’automatica applicazione e debba comunque comportare  la loro approvazione da parte dell’assemblea.

Osserva la Corte che ” la suddetta clausola possa ritenersi valida solo se interpretata nel senso che il mandato che gli acquirenti degli appartamenti hanno dato alla società venditrice sia limitato alla _ mera predisposizione tecnica di eventuali modifiche alle tabelle millesimali, modifiche che, tuttavia, per essere efficaci necessitano dell’approvazione del condominio.

Deve, infatti, farsi applicazione del criterio ermeneutico secondo il quale nell’interpretazione di una clausola contrattuale deve preferirsi il significato in relazione al quale la clausola acquisti un significato rispetto a quello che ne determini la nullità.

La suddetta clausola, interpretata come mandato irrevocabile a predisporre modifiche alle tabelle da intendersi già preventivamente approvate dai condomini, sarebbe nulla vista la sua genericità e comunque invalida e inopponibile ai medesimi condomini.

Infatti, la delega conferita al costruttore dell’edificio per la successiva redazione del regolamento e delle tabelle millesimali che sia contenuta nell’atto di acquisto dell’immobile per essere valida deve avere un contenuto specifico e determinato, mentre quella in esame, volta solo alla futura ed eventuale necessità di apportare modifiche, ha un contenuto del tutto generico e indeterminato. La clausola, infatti, è in parte riproduttiva dell’art. 69 disp. att. c.c. con riferimento alla correzione degli errori e, in altra parte, è di contenuto assolutamente indeterminato, visto il generico riferimento al miglior uso dell’intero complesso.

Inoltre, secondo il consolidato orientamento di questa Corte: «La clausola con la quale gli acquirenti di un’unità immobiliare di un fabbricato assumono l’obbligo di rispettare il regolamento di condominio – (del quale le tabelle costituiscono allegato: art. 68, comma 1, disp. att c.c.) – che contestualmente incaricano il costruttore di predisporre non può valere quale approvazione di un regolamento allo stato inesistente, in quanto è solo il concreto richiamo nei singoli atti di acquisto ad un determinato regolamento già esistente che consente di ritenere quest’ultimo come facente parte per relationem di ogni singolo atto, sicché quello predisposto dalla società costruttrice in forza del mandato ad essa conferita non è opponibile agli acquirenti» (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 3058 del 2020).

La clausola di conferimento del mandato irrevocabile, infatti, non implica l’accettazione preventiva di una disciplina derogatrice non ancora venuta, ad esistenza, mancando, al momento dell’acquisto da parte dei condomini, uno schema definitivo suscettibile di essere compreso, per comune volontà, nell’oggetto del negozio. Se dunque, non può darsi per approvato un regolamento inesistente, allo stesso modo non possono darsi per approvate modifiche future alle tabelle, anche in presenza di un generico mandato irrevocabile ad effettuarle per la correzione di errori o per un miglior uso dell’intero complesso.

Il riferimento del mandato a condizioni di modifiche che non rispecchiamo le sole condizioni poste dall’art. 69 disp. att. c.c. e fanno riferimento al miglior uso dell’intero complesso determina una situazione analoga a quella dei condomini che assumono l’obbligo di rispettare le tabelle da predisporsi in futuro con un contenuto atipico potenzialmente anche limitativo dell’estensione dei poteri e delle facoltà che normalmente caratterizzano nel condominio degli edifici il diritto di ciascun condomino o l’applicazione di criteri che deroghino quelli legali. In tali casi : questa Corte ha ritenuto necessaria la preventiva predisposizione del regolamento da approvare perché il costruttore o venditore non ha il potere di redigere un qualunque regolamento, né è possibile approvare un regolamento(con le tabelle allegate) attualmente inesistente, atteso che solo il concreto richiamo nel singolo atto d’acquisto di uno specifico regolamento, già esistente, consente di considerarlo, per relationem, parte di tale atto (Sez. 2, Sent. n. 5657 del 2015). In proposito, questa Corte ha avuto modo anche di chiarire che «le pattuizioni, contenute nell’atto di acquisto di un’unità immobiliare compresa in un edificio condominiale, che comportino restrizioni delle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva dei singoli condomini ovvero di quelle relative alle parti condominiali dell’edificio, devono essere espressamente e chiaramente enunziate, atteso che il diritto del condomino di usare, di godere e di disporre di tali beni può essere convenzionalmente limitato soltanto in virtù di negozi che pongano in essere servitù reciproche, oneri reali o, quanto meno, obbligazioni propter rem. Ne consegue che devono ritenersi invalide quelle clausole che, con formulazione del tutto generica, limitino il diritto dei condomini di usare, godere o disporre dei beni condominiali ed attribuiscano all’originario proprietario il diritto non sindacabile di apportare modifiche alle parti comuni» (Sez. 2, ord. n. 5336 del 2017).

La medesima statuizione di invalidità deve affermarsi con riferimento al mandato “in bianco” contenuto negli atti di acquisto di un’unità immobiliare compresa in un edificio condominiale all’unica parte venditrice a modificare le tabelle già predisposte “per correggere errori tecnici o per un miglior uso della cosa comune”. D’altra parte, le modifiche alle tabelle millesimali di un condominio devono essere effettuate nel rispetto dell’art. 69 disp. att. cod. civ. tanto più in un caso come quello di specie ove è invocato un mero errore nella redazione delle tabelle da modificare.”

© massimo ginesi 9 febbraio 2022

E’ legittima la delibera che prevede l’installazione di dissuasori di parcheggio nel cortile

E’ quanto ha statuito la recente Cass.civ. sez. VI ord. 3 febbraio 2022 n. 3440.

La Corte di legittimità ha respinto il ricorso di un condomino che lamentava l’illegittimità della delibera che aveva stabilito di installare dei dissuasori di parcheggio per impedire tale uso del cortile comune, vietato dal regolamento, osservando che :” la sentenza impugnata ha rilevato che, in base al  regolamento condominiale di natura contrattale, e secondo  l’interpretazione offertane dal Tribunale e condivisa dal giudice di  appello, risultava inibito l’utilizzo della piazzetta comune a scopo di parcheggio, dovendosi quindi escludere che la sua destinazione  (a prescindere dall’utilizzo in fatto che possa esserne avvenuto  per alcuni periodi, in contrasto con il vincolo scaturente dal regolamento) fosse quella di sosta e parcheggio dei veicoli.

A tal fine va quindi richiamato il principio secondo cui (Cass. n.  20712/2017) in tema di condominio negli edifici, le innovazioni di  cui all’art. 1120 c.c. si distinguono dalle modificazioni disciplinate  dall’art. 1102 c.c., sia dal punto di vista oggettivo, che da quello  soggettivo: sotto il profilo oggettivo, le prime consistono in opere  di trasformazione, che incidono sull’essenza della cosa comune,  alterandone l’originaria funzione e destinazione, mentre le  seconde si inquadrano nelle facoltà riconosciute al condomino, con i limiti indicati nello stesso art. 1102 c.c., per ottenere la  migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa; per  quanto concerne, poi, l’aspetto soggettivo, nelle innovazioni  rileva l’interesse collettivo di una maggioranza qualificata,  espresso con una deliberazione dell’assemblea, elemento che  invece difetta nelle modificazioni, che non si confrontano con un  interesse generale, bensì con quello del singolo condomino, al cui  perseguimento sono rivolte ( Cass. n. 18052/2012).
Inoltre, è stato altresì ribadito che (Cass. n. 12805/2019) nel  condominio sono vietate le innovazioni che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso e al godimento anche di un  solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell’utilità, secondo l’originaria costituzione della comunione, ma che l’indagine volta a stabilire se, in concreto, un’innovazione determini una sensibile menomazione dell’utilità che il condomino ritraeva dalla parte comune, secondo l’originaria costituzione della comunione, ovvero se la stessa, recando utilità ai restanti condomini, comporti soltanto per uno o alcuni di loro un pregiudizio limitato, che non sia tale da superare i limiti della tollerabilità, è demandata al giudice del merito, il cui  apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c..
La necessità di dare puntuale attuazione al vincolo derivante dal regolamento di condominio ed assicurare, quindi, proprio quella destinazione che era stata assegnata alla piazzetta condominiale, consente di escludere che le opere approvate possano rientrare nella nozione di innovazione (peraltro non potendosi riscontrare l’esistenza di un diritto del singolo condomino a trarre utilità sotto forma di parcheggio dal bene comune, suscettibile di essere menomato dalla collocazione dei cubi di cemento), avendo altresì la sentenza dato atto che le installazioni non alterano il decoro del bene né impediscono il pur limitato uso della piazzetta come consentito dal regolamento, avendo riscontrato in concreto la permanente possibilità di accesso di veicoli per l’attività di carico e scarico.
La conclusione secondo cui deve escludersi che possa  concretamente ritenersi approvata un’innovazione, dà anche  contezza dell’impossibilità di invocare la disciplina in tema di innovazioni voluttuarie, potendosi in ogni caso rilevare come in concreto il giudice, sottolineando l’esigenza a mezzo delle installazioni di dare effettiva attuazione al limite dettato dal regolamento di condominio, abbia implicitamente disatteso la tesi del carattere voluttuario delle opere in esame”

© massimo ginesi 8 febbraio 2022

 

 

 

il servizio di acqua calda può essere sospeso al condomino moroso

E’ quanto ha stabilito il Tribunale di Perugia (ord. 20 dicembre 2021) all’esito di un giudizio cautelare in cui un condomino lamentava che gli fosse stato sospeso il servizio di acqua calda sanitaria, da ritenersi essenziale ai bisogni quotidiani dell’individuo.

Il Tribunale, con interessante (ma non del tutto condivisibile) parallelismo con la normativa pubblicistica giunge alla conclusione che l’acqua in quanto tale sia servizio essenziale, la cui erogazione non potrebbe essere interrotta, mentre l’acqua calda ben può essere sospesa al moroso, non sussistendo alcuna norma o esigenza vitale primaria che lo impediscano.

TriB-Perugia_sospensione_Servizi

massimo ginesi 3 febbraio 2022