impianto idrico e responsabilità dell’appaltatore ex art 1669 c.c.

la rottura dell’impianto idrico, che non pregiudichi la somministrazione dell’acqua e non incida sull’immobile, cagionando infiltrazioni ma comporti solo notevoli esborsi per consumi, non rientra nei gravi vizi dell’immobile e non può essere ricondotta alla fattispecie di cui all’art. 1669 c.c.

E’ quarto afferma Cass.civ. sez. II  23.6.2023 n. 18061:

“T.M. convenne in giudizio innanzi al Giudice di pace la s.r.l. (Omissis) e la s.r.l. (Omissis) Espose l’attore ei essere proprietario d’un appartamento facente parte di un complesso condominiale costruito dalla (Omissis), successivamente incorporata nella s.r.l. (Omissis), con appalto alla s.r.l. (Omissis); che a diversi anni di distanza dalla conclusione dei lavori, a causa della rottura di un tubo di adduzione idrica, la ingente dispersione d’acqua protrattasi nel tempo aveva procurato un abnorme consumo idrico, per il quale l’esponente aveva dovuto corrispondere la somma di Euro 3.551,35, oltre ad avere dovuto affrontare il costo per il ripristino del guasto, ammontante a Euro 188,76. Chiese, pertanto, condannarsi le convenute a risarcire il danno patito.

L’adito Giudice rigettò la domanda, avendo escluso che il vizio riscontrato potesse qualificarsi grave difetto ai sensi dell’art. 1669 c.c.

Il Tribunale di Forlì, investito dall’impugnazione del T., sovvertì l’epilogo di primo grado e condannò la (Omissis) a risarcire il danno..

In punto di diritto va richiamato il condiviso principio, secondo il quale in tema di responsabilità extracontrattuale dell’appaltatore, il difetto di costruzione che, ai sensi dell’art. 1669 c.c., legittima il committente alla relativa azione, può consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la “rovina” od il “pericolo di rovina”), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata (quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l’impianto di riscaldamento, la canna fumaria), incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo (Sez. 2, n. 11740, 01/08/2003, Rv. 565595; conf. Cass. n. 8140/2004).

L’esposto principio presuppone, come si è visto, che il difetto incida negativamente sul godimento dell’immobile.

Nel caso in esame, per vero, non consta esservi stata alcun riflesso negativo sul godimento dell’immobile, il quale ha regolarmente goduto della fruizione dell’acqua potabile, stante che il guasto consistito, in una lesione di un giunto esterno del tubo d’adduzione, sebbene ebbe a procurare dispersione idrica, senza tuttavia causare danni all’immobile (non vengono segnalati fenomeni d’infiltrazioni), allo stesso tempo, non impedì, e neppure limitò, l’afflusso d’acqua per i servizi idrici dell’immobile. Inoltre, si ebbe a trattare di un guasto del tutto marginale, riparato con l’esborso di poche decine di Euro.

Pertanto, enunciato il seguente principio diritto: “il danno alle condutture esterne, ove non incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile, non costituisce difetto costruttivo ai sensi dell’art. 1669 c.c.”, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio.”

© MG 13.9.2023

l’assemblea non può dismettere l’impianto idrico comune.

Non è consentito all’organo collegiale decidere a maggioranza di dismettere l’impianto idrico comune, obbligando un condomino ad installare una linea privata o a gravarsi integralmente del costo dell’impianto una volta comune.

Lo afferma il giudice di legittimità (Cass.Civ. sez. VI 29 novembre 2017 n. 28626) che propone una lettura del tutto condivisibile dell’art. 1118 cod.civ.

Il fatto: “La Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, permanendo contrasto sul solo capo della pronuncia relativo alla compensazione delle spese processuali, accertato l’intervenuto giudicato quanto alla cessazione della materia del contendere, condannava – in applicazione del principio della soccombenza virtuale – il Condominio (omissis) , alla rifusione delle spese di primo grado in favore della condomina L.C.M. , la quale aveva impugnato, avanti al Tribunale di Lodi, ai sensi dell’art. 1137 c.c., la delibera condominiale assunta in data 11.05.2011 che al punto n.6 prevedeva di “richiedere nuovamente alla L. di provvedere all’installazione di una linea privata con contatore privato per la fornitura del servizio idrico esattamente come eseguito da tutte le restanti unità immobiliari; confermando altresì l’utilizzo esclusivo dell’ex impianto condominiale a carico della L. , l’assemblea dichiara che la linea è da intendersi di proprietà privata della L. e ad essa dovrà essere riconducibile ogni eventuale necessaria manutenzione”, trattandosi di delibera invalida in quanto non avrebbe potuto sottrarre alla destinazione originaria l’impianto centralizzato di proprietà comune di distribuzione dell’acqua potabile e di scarico, né deliberarne la soppressione per far luogo all’attivazione da parte dei singoli condomini di propri contatori ed autonomi contratti con l’ente gestore del servizio idrico, configurando una definitiva alterazione della cosa comune nella sua originaria destinazione, tale da integrare la fattispecie dell’art.1120, ultimo comma, c.c..”

Il condominio ricorre per cassazione, sostenendo che “ non vi sarebbe alcun impianto idrico condominiale, come ritenuto dalla Corte di appello, ma piuttosto un sistema di tubazioni principali dell’acqua potabile di proprietà comune, per cui l’Assemblea condominiale aveva deliberato la soppressione del servizio in comune di approvvigionamento idrico, fattispecie non riconducibile all’art. 1120 c.c., non avendo la delibera de qua alcuna portata innovativa. In altri termini sarebbe stata dall’assemblea deliberata, a maggioranza, la soppressione di un servizio divenuto oneroso, senza però incidere in alcun modo sui beni comuni, individuati appunto nelle tubature.”

Il giudice di legittimità ritiene del tutto infondato il motivo di ricorso, osservando che “la corte territoriale ha fatto buon governo del principio consolidato nella giurisprudenza di merito e di legittimità secondo cui l’impianto centralizzato (in questo caso, di distribuzione dell’acqua potabile) costituisce “un accessorio di proprietà comune”, circostanza che obbliga i condomini a pagare le spese di manutenzione e conservazione dell’impianto idrico condominiale, salvo che il contrario risulti dal regolamento condominiale, ipotesi quest’ultima che non ricorre nella caso in esame (si veda Cass. n.7708 del 2007; Cass. n. 19893 del 2011).

Infatti, anche a ritenere ammissibile il distacco degli appartamenti dall’impianto idrico centralizzato, laddove non comporti squilibrio nel suo funzionamento, né maggiori consumi, alla legittimità del distacco consegue al più il solo esonero dei condomini dal pagamento delle spese per il consumo ordinario, non certo i costi di manutenzione.

In tal senso, sebbene anche in relazione ad altri servizi condominiali, si è affermato che (così Cass. n. 28679 del 2011) è legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento – anche senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini – purché l’impianto non ne sia pregiudicato, con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123, secondo comma, c.c., dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato; in tal caso, egli è tenuto solo a pagare le spese di conservazione dell’impianto stesso.”

Osserva infine la corte che non ha pregio neanche “la questione del venir meno per gli altri condomini dell’interesse a contribuire alle spese di conservazione e manutenzione dell’impianto comune di distribuzione dell’acqua che invece permarrebbe solo per la L. , senza considerare invece che gli altri condomini ben potrebbero in futuro tornare a riutilizzare l’impianto condominiale, ragione per la quale essi sono comunque tenuti a contribuire alla sua conservazione.”

© massimo ginesi 1 dicembre 2017