spese condominiali e di lite: imputabilità fra successori nella titolarità dell’immobile.

Accade con frequenza che, in occasione della vendita di una unità immobiliare posta in condominio, sorgano contrasti fra venditore ed acquirente (che non hanno disposto in sede di cessione una disciplina conversione nazionale o che, peggio, si sono taciuti l’esistenza di controversie) circa le spese dovute, sia per quel che attiene al capitale, sia per quel che riguarda eventuali spese di lite.

Una recente pronuncia di legittimità (Cass.civ. sez. VI-2  25/06/2020,  n.12580) richiama orientamento consolidato, che distingue con riguardo alle spese straordinarie e alle spese ordinarie, imputando le prime a chi era condomino al momento della delibera che le ha disposte e le secondo al concreto atto gestionale. Le spese di lite seguono lo stesso contrario, a seconda che riguardino controversie relative a contributi dell’uno o dell’altro tipo.

i fatti:Il sig. P.A., partecipante al condominio dello stabile di (OMISSIS), proponeva opposizione al precetto notificatogli dall’avv. A.M. per il pagamento della somma di Euro 8.270,66, quale quota millesimale di sua competenza del maggior credito di Euro 99.124,98 riconosciuto a favore del medesimo avv. A. nel decreto ingiuntivo emesso a carico del condomino a titolo di corrispettivo di attività giudiziali e stragiudiziali svolte tra il 2002 ed il 2008. A fondamento dell’opposizione il sig. P. sosteneva tra l’altro, per quanto qui ancora interessa, di non essere tenuto al pagamento pro quota del suddetto debito condominiale, per essere tale debito sorto quando egli non era ancora condomino, avendo acquistato il proprio immobile nel 2013.”

il prinpcio di diritto richiamato dalla corte: come questa Corte non ha mancato di osservare “La costruzione giurisprudenziale del principio della diretta riferibilità ai singoli condomini della responsabilità per l’adempimento delle obbligazioni contratte verso i terzi dall’amministratore del condominio per conto del condominio, tale da legittimare l’azione del creditore verso ciascun partecipante, poggia comunque sul collegamento tra il debito del condomino e la appartenenza di questo al condominio, in quanto è comunque la contitolarità delle parti comuni che ne costituisce il fondamento e l’amministratore può vincolare i singoli comunque nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli (Cass. Sez. U, 08/04/2008, n. 9148). Non può pertanto essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, neppure per il tramite del vincolo solidale ex art. 63 disp. att. c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l’obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, nella specie per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente i lavori” (così Cass. n. 1847/2018, pag. 5).

Quanto all’assunto sviluppato nella memoria depositata dal ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., alla cui stregua la decisione della Corte d’appello sarebbe conforme all’orientamento espresso da questa Corte nella sentenza n. 24654/10, è sufficiente rilevare che esso si fonda su una lettura errata tale ultima sentenza.

Nella sentenza n. 24654/10, infatti, si instaura una distinzione tra:

a) spese necessarie alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune;

b) spese attinenti a lavori che comportino una innovazione o che, seppure diretti alla migliore utilizzazione delle cose comuni od imposti da una nuova normativa, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio.

Tale distinzione concerne l’individuazione del momento in cui nasce l’obbligazione condominiale, che, per le spese di cui sub a), coincide con il compimento effettivo dell’attività gestionale mentre, per le spese di cui sub b), coincide con la data di approvazione della delibera condominiale (avente valore costitutivo) che dispone l’esecuzione degli interventi.

Ma, in entrambi i casi, il soggetto su cui grava il debito è colui che partecipa al condominio nel momento di insorgenza dell’obbligazione, quale che sia tale momento (cfr. sent. n. 24654/10, pag. 6, p. 1.2: “In generale il condomino è tenuto a contribuire nella spesa la cui necessità maturi e risulti quando egli è proprietario di un piano o di una porzione di piano facente parte del condominio: e siccome l’obbligo nasce occasione rei e propter rem, chi è parte della collettività condominiale in quel momento deve contribuire”.

© massimo ginesi 8 luglio 2020

titolare diritto reale di abitazione: quali oneri condominiali?

Il titolare del diritto reale di abitazione risponde degli oneri condominiali alla stregua dell’usufruttuario, sarà dunque tenuto a corrispondere le sole spese ordinarie, competendo al proprietario quelle di natura straordinaria.

Lo ha stabilito la Cass Civ. II sez.  19 aprile 2017, n. 9920 Rel. Giusti: “Qualora un appartamento sito in condominio sia oggetto di diritto reale di abitazione, il titolare del diritto di abitazione è tenuto al pagamento delle spese di amministrazione e di manutenzione ordinaria del condominio, applicandosi, in forza dell’art. 1026 cod. civ., le disposizioni dettate in tema di usufrutto dagli artt. 1004 e 1005 cod. civ., che si riflettono anche, come confermato dall’art. 67 disp. att. cod. civ., sul pagamento degli oneri condominiali, costituenti un’obbligazione propter rem (cfr. Cass., Sez. II, 16 febbraio 2012, n. 2236; Cass., Sez. II, 28 agosto 2008, n. 21774).”

La pronuncia attiene a rapporti nati anteriormente alla L. 220/2012, poiché oggi la responsabilità fra usufruttuario e proprietario – a mente dell’art. 67 disp.att. cod.civ. – ha natura solidale e quindi il Condominio ben può agire indifferentemente contro l’uno o l’altro.

La pronuncia risulta assai interessante per gli aspetti processuali: la controversia sorge come opposizione a decreto ingiuntivo da parte del titolare del diritto di abitazione, il quale lamenta che con decreto ingiuntivo il condominio abbia richiesto anche il pagamento di spese straordinarie. Il condominio, costituendosi nella opposizione, limita la domanda alle sole spese ordinarie: La Corte ha statuito che tale condotta non costituisce domanda nuova ma solo lecito mutamento di quella già proposta in via monitoria.

si ha mutatio libelli quando la parte immuti l’oggetto della pretesa ovvero quando introduca nel processo, attraverso la modificazione dei fatti giuridici posti a fondamento dell’azione, un tema di indagine e di decisione completamente nuovo, fondato su presupposti totalmente diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo e tale da disorientare la difesa della controparte e da alterare il regolare svolgimento del contraddittorio (Cass., Sez. V, 20 luglio 2012, n. 12621; Cass., Sez. II, 28 gennaio 2015, n. 1585).
Poiché in relazione al pagamento degli oneri condominiali la qualità di debitore dipende dalla titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale sulla cosa e anche le spese dovute dall’habitator si configurano come obbligazioni propter rem (cfr. Cass., Sez. II, 27 ottobre 2006, n. 23291), costituisce mera emendatio libelli, consentita, la richiesta, precisata da parte del condominio opposto in sede di comparsa di costituzione e risposta, di un importo minore rispetto a quello ingiunto, corrispondente alle sole spese condominiali di manutenzione e di amministrazione ordinaria, con esclusione di quelle di straordinaria amministrazione, in ragione della titolarità, in capo all’obbligato, non del diritto di proprietà, come esposto nel ricorso per decreto ingiuntivo, ma del diritto reale di abitazione sulla stessa unità immobiliare, il quale rappresenta, rispetto al diritto di proprietà, una situazione derivata minore.”

© massimo ginesi 26 aprile 2017

Le spese ordinarie e straordinarie in condominio

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La Cassazione  (II sezione civile, 10865/2016, rel. Scarpa) ritorna su due temi caldi.

Quanto alle diverse categorie di spesa e ai poteri  dell’amministratore, osserva la Corte che “Vi si allega che l’appalto dei servizi di manutenzione del verde condominiale, nonche’ di derattizzazione e disinfestazione delle aree comuni, involgono contratti rientranti nella straordinaria amministrazione, e percio’ sarebbe illegittima la delibera  che dava generico mandato all’amministratore al riguardo. La Corte d’Appello ha ritenuto che si trattasse di contratti che “rientrano chiaramente nell’ordinaria amministrazione, in quanto tendono alla conservazione delle cose comuni, e quindi nella competenza dell’amministratore”, sicche’ la deliberazione  sarebbe valsa soltanto come “sollecitazione” a quest’ultimo a provvedere ad atti di sua competenza. E’ noto che i contratti conclusi dall’amministratore nell’esercizio delle sue funzioni ed inerenti alla manutenzione ordinaria dell’edificio ed ai servizi comuni essenziali, ovvero all’uso normale delle cose comuni, sono vincolanti per tutti i condomini in forza dell’articolo 1131 c.c., nel senso che giustificano il loro obbligo di contribuire alle spese, senza necessita’ di alcuna preventiva approvazione assembleare delle stesse, intervenendo poi tale approvazione utilmente in sede di consuntivo (Cass. 18 agosto 1986, n. 5068). L’elemento distintivo dell’ordinaria amministrazione dell’obbligazione assunta, come tale sottratta al presupposto autorizzativo dell’assemblea, risiede, pertanto, al pari di quanto si sostiene per le amministrazioni commerciali, nella normalita’ dell’atto di gestione condominiale rispetto allo scopo dell’utilizzazione e del godimento dei beni comuni. Mentre, solo laddove si verta in ipotesi di spese che, seppure dirette alla migliore utilizzazione di cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino per la loro particolarita’ e consistenza un onere economico rilevante, superiore a quello normalmente inerente alla gestione, l’iniziativa contrattuale dello stesso amministratore, senza la preventiva deliberazione  dell’assemblea, non e’ sufficiente a fondare l’obbligo dei singoli condomini, salvo che non ricorra il presupposto dell’urgenza contemplato nella fattispecie di cui all’articolo 1135 c.c., comma 2. “

Quanto alla legittimazione processuale dell’amministratore, in linea con le Sezioni Unite del 2010 e con le modfiche apportate all’art. 1131 cod.civ. dalla novella del 2012, il Giudice di legittimità ribadisce che “deve conclusivamente affermarsi, quanto al primo motivo di ricorso, che l’amministratore di un condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che non esorbitano dalle sue attribuzioni, agli effetti dell’articolo 1131 c.c., commi 2 e 3 (quale, nella specie, la resistenza all’impugnazione di una Delib. proposta da un condomino), non ha bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea dei condomini, ed un’ eventuale Delib. sul punto avrebbe il significato di mero assenso alla scelta gia’ validamente effettuata dall’amministratore”

© massimo ginesi giugno 2016