l’opponibilità a terzi della clausola regolamentare che limita i diritti dei singoli

Una recente sentenza del Tribunale di Roma (Trib. Roma 3/9/2018,  n. 167579) richiama in maniera chiara un costante orientamento di legittimità sulla  natura del peso imposto alla proprietà esclusiva (limitazione di uso, ad esempio) e la sua opponibilità al soggetto che acquisti detta unità immobiliare.

In tal caso la limitazione, da ascrivere al genus delle servitù reciproche, deve essere espressamente richiamata nell’atto di acquisto oppure deve risultare trascritta la specifica clausola regolamentare che la prevede, non essendo sufficiente la preventiva generica trascrizione del regolamento contrattuale che l’abbia adottata.

La mancata opponibilità per difetto di trascrizione può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

“Invero le clausole regolamentari -quali quelle invocate dall’attore-, che limitano i diritti dominicali dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, per essere opponibili devono essere approvate da tutti i condomini in quanto hanno valore negoziale.

Le clausole suddette, che restringono i poteri e le facoltà sulle proprietà esclusive o comuni e che sono intese a creare vincoli anche per gli aventi causa delle parti originarie non sono nulle per la violazione del numero chiuso delle obbligazioni reali poiché tali clausole non costituiscono obbligazioni propter rem (che si esauriscono nelle specie espressamente previste dalla legge) ma servitù reciproche atipiche consistenti fra l’altro nell’assoggettare al peso della non modificabilità (della destinazione, nel caso in esame) tutti i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva a vantaggio delle altre proprietà immobiliari. Ed il fatto che dette clausole costituiscano vincoli obbligatori non determina, come detto, la nullità delle stesse trattandosi, appunto, di servitù reciproche come affermato da condivisibile recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 21024/16, Cass. 14898/13, Cass. 6769/18 e Cass. 1064/11).

Dal rilievo che i limiti negoziali alla destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva devono essere ricompresi nell’ambito delle servitù segue che, per poter utilmente opporre dette clausole ai nuovi titolari del bene ove il regolamento stesso non sia richiamato, con adesione, nell’atto di acquisto (o comunque sia stato espressamente oggetto di approvazione da parte del soggetto al quale è imputata la violazione), non è sufficiente la trascrizione del regolamento come atto unitario ma è necessario che, nella relativa nota, sia fatta specifica menzione della servitù.

Invero in materia di costituzione di servitù, la trascrizione (richiesta dall’art. 2643 n. 4 cc) non adempie ad una funzione costitutiva ma serve a rendere opponibile il diritto ai terzi i quali abbiano acquistato un diritto reale incompatibile con la servitù medesima. E, quindi, perché la trascrizione possa rispondere al suo scopo di dare conoscenza ai terzi dell’avvenuta costituzione della servitù, è necessario che la conoscenza possa essere acquisita attraverso il semplice esame dei registri immobiliari perché soltanto quelle parti della nota che menzionano la servitù sono rese pubbliche ed i terzi solo a queste debbono attenersi: la trascrizione di un atto di trasferimento della proprietà senza che sia fatta in esso menzione delle servitù contestualmente costituite a favore dell’immobile trasferito non conferisce a questa alcuna pubblicità e non la rende opponibile ai terzi successivi acquirenti del fondo servente tranne nel caso in cui la servitù sia stata portata a loro conoscenza nei rispettivi atti di trasferimento (Cass. 5626/85e Cass. 5158/03).

Con la precisazione che, poichè l’art. 17 della legge 52/85 prevede che ciascuna nota di trascrizione non può riguardare più di un negozio giuridico o convenzione oggetto dell’atto di cui si chiede la trascrizione e poiché il successivo art. 18 dispone che il conservatore ‘non può ricevere le note di trascrizione non conformi alle disposizioni del precedente articolo’, affinchè la pubblicità operi è necessario che il negozio fatto valere sia stato autonomamente trascritto (se l’atto ne contenga più di uno) con la specifica indicazione del fondo servente e di quello dominante perché altrimenti dai registri i terzi interessati non sono in condizione di verificarne l’esistenza (Cass. 17491/14).

Orbene nel caso in esame non risulta che il prodotto regolamento e la clausola invocata siano stati espressamente oggetto di accettazione, al momento dell’acquisto, da parte del condomino che utilizzata il proprio immobile a palestra né risulta provata l’esistenza di una nota di trascrizione del regolamento depositato in atti o meglio della clausola ivi contenuto con riguardo alla specifica costituzione della servitù invocata.

Detto regolamento quindi, all’evidenza, è inidoneo ad opporre ai terzi, quale deve essere ritenuto il proprietario dell’appartamento utilizzato a palestra P., la servitù oggetto di causa considerato che non è emerso che il predetto abbia approvato specificamente il regolamento e la clausola oggetto di esame o che ne abbia preso conoscenza perché debitamente trascritta.

Donde non vi è prova che abbia prestato adesione alle clausole invocate dall’attore che non possono essere considerate, quindi, opponibili al predetto al quale nessuna violazione del regolamento può pertanto essere imputata. Mette conto quindi di evidenziare che il difetto di trascrizione di un atto, quale fatto impeditivo dell’opponibilità dello stesso, integra un’eccezione in senso lato non subordinata alla specifica allegazione di parte che può, pertanto, essere rilevata anche d’ufficio (Cass. 6769/18). Con la conseguenza che tale carenza deve essere tenuta in cale al fine della decisione ed irrilevante è la circostanza che il convenuto non abbia specificamente opposto detto fatto.”

© massimo ginesi 12 settembre 2018 

il difetto di trascrizione del regolamento condominiale che impone vincoli alle proprietà esclusive è rilevabile d’ufficio.

Interessantissima e significativa pronuncia della suprema Corte (Cass.Civ.  sez.II  19 marzo 2018 n. 6769 rel. Scarpa) che affronta un tema per molti aspetti inedito e già oggetto di ordinanza interlocutoria.

La vicenda trae origine dalla controversia promossa da un condominio nei confronti di un proprietario e di un conduttore che avevano mutato l’utilizzo della unità immobiliare posta nel fabbricato, destinandola ad affittacamere,  nonostante  il regolamento di condominio prevedesse divieto in tal senso.

I convenuti eccepiscono solo in sede di precisazione delle conclusioni l’inopponibilità della clausola del regolamento, per difetto di trascrizione. Il Tribunale di Lucera  e poi la Corte d’appello di Bari hanno ritenuto tardiva l’eccezione, qualificandola non come mera difesa ma quale eccezione in senso stretto.

Su tale tema pregiudiziale si focalizza la decisione della Cassazione, che rinvia al giudice di merito per nuova valutazione accogliendo il relativo motivo di ricorso: con ampia disamina la Corte evidenzia la natura della clausola che limiti il godimento del bene individuale posto in condominio, le modalità con cui deve esplicarsi la relativa  pubblicità ai fini della opponibilità a terzi e la rilevabilità del difetto di trascrizione, ai fini della “giusta decisione”.

Va innanzitutto confermato l’orientamento interpretativo cui è pervenuta questa Corte, nel senso che vada ricondotta alla categoria delle servitù atipiche la previsione, contenuta in un regolamento condominiale convenzionale, comportante limiti alla destinazione delle proprietà esclusive (quale appunto risulta, nella specie, l’invocato art. 5 del regolamento del Condominio P. F.), in modo da incidere non sull’estensione ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino.

Ne consegue che l’opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti deve essere regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l’indicazione, in apposita nota distinta da quella dell’atto di acquisto (in forza dell’art. 17, comma 3, della legge 27 febbraio 1985, n. 52), delle specifiche clausole limitative, ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 e.e., non essendo, invece, sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale (Cass. Sez. 2, 18/10/2016, n. 21024; Cass. Sez. 2, 31/07/2014, n. 17493).

Non è, quindi, atto soggetto alla trascrizione nei registri immobiliari, ai sensi dell’art. 2645 cod.civ., il regolamento di condominio in sé, quanto le eventuali convenzioni costitutive di servitù che siano documentalmente inserite nel testo di esso.

Ove si tratti di clausole limitative inserite nel regolamento predisposto dal costruttore venditore, originario unico proprietario dell’edificio, con le note di trascrizione del primo atto di acquisto di un’unità immobiliare ivi compresa e del vincolo reale reciproco, si determina l’opponibilità di quelle servitù, menzionandovi tutte le distinte unità immobiliari, ovvero ciascuno dei reciproci fondi dominante e servente.

All’atto dell’alienazione delle ulteriori unità immobiliari, il regolamento andrà ogni volta richiamato o allegato e dovrà eseguirsi ulteriore trascrizione per le servitù che man mano vengono all’esistenza, fino all’esaurimento del frazionamento della proprietà originariamente comune.


In assenza di trascrizione, queste disposizioni del regolamento del regolamento, che stabiliscano i limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono altrimenti soltanto nei confronti del terzo acquirente che ne prenda atto in maniera specifica nel medesimo contratto d’acquisto.

In mancanza, cioè, della certezza legale della conoscenza della servitù da parte del terzo acquirente, derivante dalla trascrizione dell’atto costitutivo, occorre verificare la certezza reale della conoscenza di tale vincolo reciproco, certezza reale che si consegue unicamente mediante la precisa indicazione dello ius in re aliena gravante sull’immobile oggetto del contratto.

Il quinto motivo di ricorso comporta, allora, la necessità di verificare come possa entrare nel processo la questione dell’inopponibilità delle servitù reciproche che siano contenute nel regolamento di condominio, ma non indicate in apposita nota di trascrizione.

Questa Corte, in alcuni precedenti, per lo più remoti, aveva affermato che il difetto di trascrizione di un atto non sarebbe fatto rilevabile d’ufficio, costituendo, piuttosto, materia di eccezione riservata alla parte che dalla mancata trascrizione pretenda di ricavare conseguenze giuridiche a proprio favore (si vedano Cass. Sez. 2, 27/05/2011, n. 11812; Cass. Sez. 2, 18/02/1981, n. 994; Cass. Sez. 2, 11/10/1969, n. 3288).

Nel caso in esame, peraltro, le convenute, ed attuali ricorrenti, M. C. s.a.s. e La B. s.n.c., interessate a far valere la mancata trascrizione della clausola di cui all’art. 5 del regolamento del Condominio P. F., avevano svolto un’eccezione in tal senso, ma soltanto in sede di comparse conclusionali.

La Corte d’Appello di Bari, come già il Tribunale di Lucera, hanno sostenuto che una tale eccezione fosse tardiva, in quanto “eccezione in senso stretto”.

La decisione dei giudici del merito non tiene però conto dell’orientamento, ormai consolidatosi, che questa Corte ha elaborato a seguito di Cass. Sez. U, 27/07/2005, n. 15661, secondo il quale nel nostro sistema processuale le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico (Cass. Sez. 3, 30/06/2015, n. 13335; Cass. Sez. 3, 05/08/2013, n. 18602; Cass. Sez. 3, 24/11/2009, n. 24680).

Più di recente, Cass. Sez. U, 07/05/2013, n. 10531, dando il giusto rilievo alla distinzione tra eccezioni in senso stretto ed eccezioni in senso lato in ordine alle regole di allegazione e prova, ha poi ulteriormente chiarito che il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati “ex actis”, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, valore che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto.

Ha osservato la sentenza n. 10531 del 2013 delle Sezioni Unite che, ove si ritenesse che le eccezioni in senso lato siano pur sempre “da allegare e provare entro il limite delle preclusioni istruttorie”, il regime di esse verrebbe quasi a coincidere con quello delle eccezioni in senso stretto, restando solo la differenza in ordine alla anticipata rilevazione di queste ultime in comparsa di risposta.
Da ultimo, Cass. Sez. U, 03/06/2015, n. 11377, ha concluso che “tutti i fatti estintivi, modificativi od impeditivi, siano essi fatti semplici oppure fatti-diritti che potrebbero essere oggetto di accertamento in un autonomo giudizio, sono rilevabili d’ufficio, e dunque rappresentano eccezioni in senso lato;
l’ambito della rilevabilità a istanza di parte (eccezioni in senso stretto) è confinato ai casi specificamente previsti dalla legge o a quelli in cui l’effetto estintivo, impeditivo o modificativo si ricollega all’esercizio di un diritto potestativo oppure si coordina con una fattispecie che potrebbe dar luogo all’esercizio di un’autonoma azione costitutiva”.

Tali considerazioni inducono ad affermare che il potere-dovere del rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non può dirsi subordinato alla posizione difensiva assunta dal convenuto rispetto alla domanda, ovvero alla verifica della proposizione, ad opera della parte legittimata a contraddire, di contestazioni specifiche, rimanendo altrimenti vanificata, pur in difetto di un esclusivo diritto potestativo dei contendenti in ordine alla definizione del tema di lite, la finalità primaria del processo costituita dalla giustizia della decisione.

Sulla base del richiamato quadro giurisprudenziale, non vi è più ragione, come già si sosteneva da parte della dottrina, per ritenere il difetto di trascrizione di un atto (nella specie, di un regolamento di condominio) quale fatto impeditivo dell’apponibilità di esso, affidato, in quanto tale, unicamente all’espressa e tempestiva eccezione della parte interessata.


Deve quindi enunciarsi il seguente principio di diritto:
“La questione relativa alla mancata trascrizione di una clausola del regolamento di condominio, contenente limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, ed alla conseguente inopponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti, non costituisce oggetto di un’eccezione in senso stretto, quanto di un’eccezione in senso lato, sicché il suo rilievo non è subordinato alla tempestiva allegazione della parte interessata, ma rimane ammissibile indipendentemente dalla maturazione delle preclusioni assertive o istruttorie”.

© massimo ginesi 20 marzo 2018 

 

opponibilità del regolamento contrattuale non trascritto, diverse questioni da affrontare in cassazione.

La Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria (Cass.civ. sez. II  ord. 24 agosto 2017 n. 20359 rel. Scarpa), affronta un tema di grande  interesse, sotto un duplice aspetto.

Il caso esaminato dalla Corte attiene ad una vicenda processuale che vede un regolamento contrattuale, non trascritto, contenere una clausola che vieta l’uso delle unità singole per uso diverso dalla civile abitazione.

La Corte d’Appello di Bari ha affermato nell’impugnata sentenza che tanto la condomina M. C. s.a.s. che la comodataria L.B. s.n.c. fossero legittimate passive rispetto alla domanda del Condominio P.F. volta alla declaratoria di illegittimità del cambio di destinazione da abitazione ad albergo impresso all’appartamento facente parte del fabbricato, utilizzato per attività di affittacamere, attività vietata dall’art. 5 del Regolamento di condominio, che impedisce gli “usi diversi da quelli di civile abitazione”. La Corte di Bari ha anche condiviso la tardività, già ritenuta dal Tribunale, dell’eccezione di inopponibilità del regolamento condominiale perché non trascritto, qualificando tale eccezione non come mera difesa, ma come eccezione in senso stretto, intempestivamente perciò sollevata dalle originarie convenute soltanto nella memoria di replica conclusionale.”

Il problema relativo alla natura della eccezione di inopponibilità (peraltro in una vicenda che tocca un argomento delicato in materia condominiale) è tema di deciso rilievo che necessità di trattazione estesa.

“Il Collegio reputa, pertanto, che la particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale la Corte deve pronunciare renda opportuna la trattazione in pubblica udienza, analogamente a quanto previsto dall’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (così già Cass. Sez. 2, 06/03/2017, n. 5533), e dunque dispone il rinvio a nuovo ruolo”.

Tuttavia alcune riflessione sono già evidenziate dal Giudice di legittimità: “L’ultimo motivo di ricorso riveste un rilievo pregiudiziale, sicchè dovrebbe essere esaminato in via prioritaria.

Esso comporta la necessità di verificare come possa entrare nel processo la questione dell’inopponibilità delle servitù reciproche che siano contenute nel regolamento di condominio, ma non indicate in apposita nota di trascrizione.

La sentenza impugnata ha dato, in sostanza, seguito ad alcuni precedenti di questa Corte, per lo più remoti, secondo cui il difetto di trascrizione di un atto non sarebbe fatto rilevabile d’ufficio, costituendo, piuttosto, materia di eccezione riservata alla parte che dalla mancata trascrizione pretenda di ricavare conseguenze giuridiche a proprio favore (si vedano Cass. Sez. 2, 27/05/2011, n. 11812; Cass. Sez. 2, 18/02/1981, n. 994; Cass. Sez. 2, 11/10/1969, n. 3288).

Peraltro, le Sezioni Unite di questa medesima Corte, con alcune recenti pronunce (Cass. Sez. U, 27/07/2005, n. 15661; Cass. Sez. U, 07/05/2013, n. 10531; Cass. Sez. U, 03/06/2015, n. 11377) hanno progressivamente ridefinito l’ambito processuale delle cosiddette “eccezioni in senso stretto”, ed affermato, per converso, che le cosiddette “eccezioni in senso lato” non sono in alcuna misura subordinate alla specifica e tempestiva allegazione della parte, e dunque non sono soggette ai limiti preclusivi di asserzione e prova previsti per le sole eccezioni in senso stretto.

Il Collegio evidenzia, altresì, come la causa imponga di affrontare l’ulteriore profilo della rilevabilità della questione relativa alla mancata trascrizione di un atto, nella specie sollecitata dalla parte in sede di comparse conclusionali, ove tale rilievo faccia seguito allo svolgimento di iniziali difese incompatibili con la stessa negazione dell’opponibilità di detto atto.”

Non resta che aspettare gli ulteriori sviluppi…

© massimo ginesi 28 agosto 2017 

regolamento condominiale e opponibilità: uno strano caso.

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E’ principio consolidato nella giurisprudenza che solo il regolamento di natura contrattuale possa prevedere  limiti alla proprietà individuale, così come è tesi consolidata che la natura contrattuale del regolamento possa essere desunta dalla sua allegazione all’atto di acquisto delle singole unità, anche mediante il richiamo di singole clausole.

Affinché il richiamo del regolamento sia efficace, e divenga opponibile all’acquirente, il testo di tale atto deve essere esistente  e conoscibile al momento dell’acquisto, non potendo ritenersi idoneo a vincolare l’acquirente il generico richiamo ad un futuro regolamento ancora da predisporre.

La Suprema Corte ha tuttavia affrontato un caso peculiare, in cui il regolamento  prevedeva il divieto di installare vasi da fiori sulla terrazza, giunto al suo esame poiché il proprietario dell’unità immobiliare attigua assumeva che tali vasi gli impedissero la visuale.

Tale regolamento non era esistente al momento dell’acquisto delle singole unità, ma l’acquirente nell’atto di compravendita conferiva procura speciale al costruttore per la sua redazione.

Cass. civ. II sez.  14 novembre 2016, n. 2312 così enuclea i fatti “S.F. e P.G.L. , con atto di citazione notificato nel 1998 convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Tempio Pausiana, C.G. e sul presupposto di essere proprietari di un appartamento situato in un Condominio (omissis) in località (omissis) confinante con quello del convenuto il quale aveva sistemato sul parapetto del proprio terrazzo un vaso di fiori parzialmente occlusivo della vista mare esercitabile da essi in violazione del regolamento condominiale contrattuale”.

La Corte di legittimità condivide la soluzione cui già era pervenuto il giudice di merito osservando che ” la clausola n. 9 del contratto di compravendita del C. così come riportata dallo stesso ricorrente, posto che afferma che “(…) la parte acquirente rilascia alla società venditrice procura speciale affinché la stessa in nome e per conto di essa parte rappresentata, oltre che in nome proprio, provveda: ad effettuare presso un notaio in modo che possa operarsi anche la relativa trascrizione il deposito del Regolamento di Condominio in corso di predisposizione a cure e spese della società venditrice, regolamento di condominio in cui sono precisate: le tabelle millesimali (….) le limitazioni imposte alle destinazioni delle porzioni immobiliari di proprietà individuali (….) la precisazione di limitazioni ed obblighi da rispettarsi nell’interesse dell’ordine e del godimento come, l’obbligo di coltivare e mantenere decorosamente a giardino le porzioni di aree cedute in proprietà il regolamento circa i divieti (…..), dà la possibilità di intendere, per logica interna e per un significato complessivo della stessa clausola, nonché per il richiamo effettuato al Regolamento di condominio in fase di predisposizione a cura e spese della società e alle materie che lo stesso avrebbe disciplinato, che la procura speciale ricomprendesse il mandato alla società venditrice di predisporre il Regolamento condominiale, anche per conto del C.”

Osserva la Corte suprema che va “in particolare definitivamente acquisito il decisivo punto conclusivo dell’iter argomentativo svolto, e cioè che “(…) dall’esame dell’atto di acquisto dell’unità immobiliare si evince che l’appellante ha conferito specifica procura speciale alla società costruttrice per predisporre il Regolamento condominiale in nome e per conto dell’acquirente C. , oltre che nel proprio interesse”, con il conseguente pacifico risultato che l’atto compiuto dal mandatario (ovvero la predisposizione del regolamento contrattuale da parte del costruttore venditore) produce i propri effetti giuridici direttamente nella sfera del mandante (l’acquirente).

Interessante anche la disamina processuale effettuata dalla corte sui motivi di ricorso e, sulla loro ammissibilità : “Il senso attribuito dalla Corte distrettuale alla clausola in esame, pertanto, rientra in una possibilità interpretativa e, come è stato già detto da questa Corte, in altra occasione, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data del giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sì che, quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte, che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. 14 novembre 2003, n. 17248). In sostanza la censura svolta dai ricorrenti si risolve nella mera contrapposizione di un’interpretazione ritenuta più confacente alle loro aspettative e asseritamente più persuasiva di quella accolta nella sentenza impugnata, il che, come detto, è tuttavia inammissibile in questa sede di legittimità.”

© massimo ginesi 21 novembre 2016

regolamento condominiale contrattuale e trascrizione

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La Cassazione torna su un tema fonte di grande contrasto nella vita condominiale, ovvero i limiti posti alla proprietà privata dal regolamento condominiale.

La vicenda attiene al divieto di installazione di canne fumarie sui muri perimetrali per determinate unità poste nel condominio, divieto contenuto nel regolamento di natura contrattuale e che – senza dubbio – costituisce un limite al diritto dominicale dei singoli che può avere solo origine convenzionale.

I ricorrenti lamentano che, invece, nel loro atto tale divieto non risultava espressamente e chiaramente menzionato, pur essendo contenuto nel regolamento di natura contrattuale in vigore nel condominio e quindi era a loro inopponibile.

Con la sentenza 22310 del 3 novembre 2016 la seconda sezione civile afferma che “Le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell’atto di acquisto si sia  fatto riferimento regolamento di condominio, regolamento che seppure non inserito materialmente, deve ritenersi conosciuto e accettato in base al richiamo e alla menzione di esso nel contratto”

La decisione è in linea con il prevalente orientamento della Cassazione, da ultimo ribadito dalla stessa seconda sezione civile con sentenza del 28 settembre 2016 n. 19212, con ampi richiami giurisprudenziali (Cass. 3 luglio 2003 n. 10523; Cass. 14 gennaio 1993 n. 395; Cass. 26 maggio 1990 n. 4905) ove – nel riportare il principio di diritto sopra espresso – si afferma che “La trascrizione, salvo i casi in cui le sono attribuite particolari funzioni soltanto notiziali oppure costitutive, e’ destinata normalmente a risolvere i conflitti tra diritti reciprocamente incompatibili, facendo prevalere quello il cui atto di acquisto e’ stato inserito prioritariamente nel registro immobiliare. Presupposto indefettibile dell’operativita’ dell’istituto e’ quindi la concorrenza di situazioni giuridiche soggettive che risultino in concreto inconciliabili, alla stregua dei titoli da cui rispettivamente derivano.

Una tale situazione di conflitto non si verifica pero’ quando una proprieta’ viene espressamente acquistata come limitata da altrui diritti, per i quali una precedente trascrizione non e’ quindi indispensabile, in quanto il bene non e’ stato trasferito come libero, ne’ l’acquirente puo’ pretendere che lo diventi a posteriori, per il meccanismo della “inopponibilita’”. In questo senso e’ univocamente orientata la giurisprudenza di legittimita’ (cfr Cass. n. 17886 del 2009).”

© massimo ginesi 4 novembre 2016 

bed&breakfast – il divieto di destinazione contenuto nel regolamento va trascritto.

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La Suprema Corte (CAss. civ. II sez. 18 ottobre 2016 n. 21024) ritorna sul tema del bed & breakfast, già oggetto di recenti dibattiti giurisprudenziali e pone un paletto ai regolamenti contrattuali che vietano determinate destinazioni d’uso: per essere opponibili a terzi devono essere trascritti.

La sentenza merita lettura integrale per l’ampia disamina sullo status della giurisprudenza, anche se   il nucleo dirimente del pensiero del giudice di legittimità si condensa in questo passaggio: “in materia di regolamento condominiale  convenzionale, la previsione ivi contenuta di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull’estensione ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino, debba essere ricondotta alla categoria delle servitù atipiche, e non delle obbligationi  propter rem … Ricondotta alla servitù, l’apponibilità ai terzi acquirenti dd limiti alla destinazione delle proprietà esclusive io ambito condominiale va regolata secondo le nonne proprie di questa, e dunque avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso”

© massimo ginesi 19 ottobre 2016