anticipazioni dell’amministratore: onere della prova e verbale di passaggio consegne

La Suprema Corte (Cass.civ. Sez. VI-2 ord. 25 febbraio 2020 n. 5062 rel. Scarpa)  ribadisce con efficace sintesi due orientamenti ormai consolidati a proposito di anticipazioni effettuate dall’amministratore e di azione promossa da costui per ottenerne il rimborso da parte del condominio.

In forza dell’ordinario riparto dell’onere della prova delineato dall’art. 2697 c.c., compete all’amministratore fornire piena dimostrazione degli esborsi sostenuti, sia riguardo all’entità che alla modalità.

Tali circostanze non potranno essere tratte in via deduttiva da eventuali disavanzi di fine gestione, sussistenti nel consuntivo approvato, poiché tali poste non dimostrano in maniera univoca che vi abbia fatto fronte l’amministratore né, a tal fine, appare dirimente quanto risulti dal verbale di passaggio di consegne fra l’amministratore uscente (che vanta il credito) e il nuovo nominato; tale atto non ha dunque valenza di ricognizione di debito neanche ove rechi menzione di tali somme e neanche ove il condominio abbia in tal sede effettuato pagamenti.

“È consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui, poiché il credito dell’amministratore per il recupero delle somme anticipate nell’interesse del Condominio si fonda, ex art. 1720 c.p.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, è l’amministratore che deve offrire la prova degli esborsi effettuati, mentre i condomini (e quindi il Condominio) – che sono tenuti, quali mandanti, a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, ed a pagargli il compenso oltre al risarcimento dell’eventuale danno – devono dimostrare di avere adempiuto all’obbligo di tenere indenne l’amministratore di ogni diminuzione patrimoniale in proposito subita (Cass. Sez. 2, 26 febbraio 2019, n. 5611; Cass. Sez. 6 – 2, 17/08/2017, n. 20137; Cass. Sez. 2, 30/03/2006, n. 7498).

Era dunque l’amministratore B. a dover fornire la dimostrazione dei fatti su cui fondare la propria pretesa di recupero delle spese sostenute.

Spetta invece all’assemblea il potere di approvare, col conto consuntivo, gli incassi e le spese condominiali, ma solo una chiara e definitiva indicazione in bilancio dell’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili può costituire idonea prova del debito dei condomini nei confronti del precedente amministratore (arg. da Cass. Sez. 2, 28/05/2012, n. 8498; Cass. Sez. 2, 14/02/2017, n. 3892).

D’altro canto, va altresì ribadito, a conferma del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello, come l’accettazione da parte del nuovo amministratore della documentazione condominiale consegnatagli dal precedente (e dunque, nella specie, il verbale di consegna sottoscritto con riguardo alla situazione patrimoniale al 31 dicembre 2010), ovvero anche un pagamento parziale, a titolo di acconto, di una maggiore somma, non costituiscono prove idonee del debito nei confronti di quest’ultimo da parte dei condomini per l’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando pur sempre all’assemblea di approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l’opportunità delle spese affrontate d’iniziativa dell’amministratore.

La sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore, non integra, pertanto, una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata (Cass. Sez. 2, 28/05/2012, n. 8498).

La sentenza impugnata ha comunque negato anche la sussistenza di una deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto, che specificasse le somme a carico del condominio da corrispondere all’amministratore cessato dall’incarico. Questa Corte, del resto, ha pure già affermato che la deliberazione dell’assemblea di condominio, che procede all’approvazione del rendiconto consuntivo, pur ove evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, non consente di ritenere dimostrato, in via di prova deduttiva, che la differenza sia stata versata dall’amministratore con denaro proprio, in quanto la ricognizione di debito postula un atto di volizione da parte dell’organo collegiale in relazioni a poste passive specificamente indicate (Cass. Sez. 2, 09/05/2011, n. 10153).

Essendo il mandatario che agisce in giudizio per la corresponsione del compenso ed il recupero delle spese e degli esborsi sopportati per l’esecuzione dell’incarico a dover fornire la dimostrazione dei fatti che ne costituiscono il fondamento, e cioè dell’esecuzione del negozio gestorio e dell’esborso effettuato in occasione di esso, e non trattandosi di accertare, perciò, situazioni di fatto verificabili soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche, neppure è censurabile in sede di legittimità la mancata disposizione della consulenza tecnica d’ufficio da parte del giudice di merito, utilizzandosi altrimenti la consulenza come strumento idoneo ad esonerare la parte dall’onere della prova o a procurare esplorativamente circostanze o elementi non provati.”

massimo ginesi 20 marzo 2020

anticipazioni dell’amministratore uscente e ricognizione di debito da parte del condominio

Accade con frequenza che l’amministratore uscente reclami la restituzione di somme, che assume di aver personalmente anticipato nell’interesse del condominio  durante la propria gestione.

Il tema della prova di tali anticipazioni e, soprattutto, la condotta del condominio, che può comportare riconoscimento del debito, sono oggetto di una recente ed interessante pronuncia  della Suprema Corte.

Cass.Civ. sez. II ord. 12 aprile 2018, n. 9097 esamina la vicenda di un amministratore torinese che ha convenuto dinanzi al Tribunale sabaudo il condominio per vedersi restituiti i denari, che afferma di aver anticipato per la gestione del fabbricato. A tal fine  esponeva: “di esserne stato amministratore sino al 3.8.2006; di avere l’assemblea approvato il consuntivo della gestione ordinaria 2006 ed il relativo riparto, pari ad Euro 42.782,96; di avere egli sostenuto spese nell’interesse del Condominio per Euro 11.916,57, nel corso della gestione 2005 e per Euro 16.486,56 nel corso della gestione 2006 e di avere, invece, i condomini, versato la sola somma di Euro4.129,35; di avere, quindi, egli anticipato la complessiva somma di Euro 28.534,53, vedendosi rimborsare solo il suddetto importo, con un credito residuo pari, quindi, ad Euro 24.405,18. Esponeva, inoltre, di avere il nuovo amministratore, Francesco Bove, sottoscritto apposito documento da cui si evinceva la situazione contabile del Condominio al 3.8.2006 ed il debito verso l’amministratore uscente; di avergli il Condominio corrisposto tre acconti (il 10.11.2006 di Euro 4.500,00, il 18.12.2006 di Euro 5.000,00 ed il 30.6.2007 di Euro 6.000,00), rimanendo debitore di Euro 8.905,18.”

Il Tribunale accoglieva la domanda e la  Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza; la vicenda giunge  in cassazione su ricorso del condominio, che fonda la propria impugnazione sul fatto che l’amministratore non avrebbe fornito adeguata prova delle anticipazioni e che la sottoscrizione, da parte del nuovo amministratore, del documento in cui tale credito è indicato non costituirebbe ricognizione di debito.

Il condominio, tuttavia, vede esito sfavorevole anche in sede di legittimità, ove si chiarisce che se l’amministratore appena nominato sottoscrive – in sede di passaggio delle consegne – un documento da cui risulta il saldo passivo relativo alle somme anticipate dall’amministratore uscente e,  successivamente, il condominio ratifica tale operato, versando acconti su detti importi senza contestazione alcuna, tali condotte non possono che avere valenza ricognitiva del debito, così che si inverte l’onere della prova e deve essere il condomino a dar dimostrazione dell’inesistenza del credito azionato in giudizio.

Osserva a tal proposito  la Corte di Cassazione   che : “La Corte distrettuale (ma ancor prima il Tribunale) ha ampiamente chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto dimostrata la sussistenza del credito di M.L. .

Il ragionamento della Corte distrettuale che conduce ad affermare il riconoscimento del debito del Condominio nei confronti di M. , si snoda su due coordinate essenziali la cui sussistenza è stata dimostrata, e cioè: da un verso, la Corte distrettuale ha preso atto che il M. aveva prodotto un documento intitolato “Situazione contabile al 3 agosto 2006”, il quale recava l’indicazione del passivo complessivo a tale data (composto dal passivo di bilancio relativo al 2005 e 2006 nonché da un residuo c/c evidentemente passivo e ripianato dal M. secondo la prospettazione dello stesso), dei versamenti effettuati dai condomini per l’anno 2006, di un’ulteriore somma a credito del Condominio, nonché il debito nei confronti dell’ex amministratore pari ad Euro 24.405,18.

E, tale documento veniva sottoscritto dal nuovo amministratore.

Successivamente, si dava atto di ulteriori pagamenti per complessivi Euro 15.500,00. Per altro, (la Corte distrettuale ha preso atto) che il versamento delle somme di cui si è già detto, successive alla sottoscrizione del documento del 3 agosto 2006 non era controverso ed, anzi, la circostanza era stata posta a base delle difese svolte in via subordinata dal Condominio stesso, che non ha contestato, neppure, la legittimità di tali pagamenti, tanto che, relativamente ad essi, nessuna domanda di tipo restitutorio, o eccezione, è stata proposta.

Ora, si deve considerare che il riconoscimento di un debito non esige formule speciali e può essere contenuto in una dichiarazione di volontà diretta consapevolmente all’intento pratico di riconoscere l’esistenza di un diritto, ma, può risultare, implicitamente, anche da un atto compiuto dal debitore per una finalità diversa e senza la consapevolezza dell’effetto ricognitivo.

L’atto di riconoscimento, infatti, non ha natura negoziale, né carattere recettizio e non deve necessariamente essere compiuto con una specifica intenzione riconoscitiva. Ciò che occorre è che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà (Cass. n. 15353 del 30/10/2002).

Non vi è dubbio che i dati accertati dalla Corte distrettuale integrano gli estremi di un riconoscimento di debito. La Corte distrettuale, ha ulteriormente aggiunto: a) che il versamento delle somma di cui si dice era imputabile a tutti i condomini poiché in difetto di una diversa allegazione i suddetti pagamenti andavano imputati ad essi secondo le rispettive quote millesimali; b) che il comportamento dei condomini andava, altresì, qualificato quale ratifica dell’operato del nuovo amministratore, non potendo ad esso essere attribuito altro significato, se non quello di dar corso al riconoscimento del debito da questi sottoscritto e, quindi, di adesione ad esso. E, significativamente, la Corte ha concluso, come è giusto che fosse, che in forza del riconoscimento incombeva sul Condominio dimostrare l’inesistenza del debito e tale prova, non solo non è stata fornita, ma, sarebbe stata del tutto in contrasto con il suo adempimento, seppure parziale.

Il ricorrente, per altro, non tiene conto che il riconoscimento del quale si discute costituisce un atto giuridico in senso stretto, la cui identificazione, non implica l’applicazione di specifiche norme di diritto, ma, più semplicemente, la ricostruzione di un accadimento, di un fatto umano, la quale deve essere solamente motivata in modo congruo e corretto e, se priva, come nel caso in esame, da vizi logici non è suscettibile di sindacato nel giudizio di cassazione.”

© massimo ginesi 17 aprile 2018