anche la terrazza a livello si presume comune ex art. 1117 cod.civ., salvo il titolo contrario.

Lo afferma la Suprema Corte  (Cass.civ. sez. VI-2 ord. 14 settembre 2017 n. 21340 rel. Scarpa), affrontando un caso peculiare, deciso in maniera difforme dal Tribunale e dalla Corte d’appello e infine giunto al vaglio di legittimità.

La Corte ribadisce che anche per la terrazza a livello che funga da copertura ai piani sottostanti vige la presunzione di condominialità stabilità dall’art. 1117 cod.civ.;  non vale a superarla la circostanza che il bene sia destinato pertinenza ed uso dell’appartamento all’ultimo piano, potendo solo il titolo attribuire diritti esclusivi.

Il giudice di legittimità delinea con chiarezza l’oggetto della contesa: “la controversia in esame contrappone due aventi causa dall’unico originario proprietario di un complesso immobiliare, poi suddiviso in due distinti condomìni (P I e P II), ed attiene alla proprietà di una terrazza a livello, sovrapposta ad uno dei due condomìni (P II). La ricorrente I R.R. assume che la terrazza svolga funzione di copertura dei sottostanti piani dell’edificio ormai costituente il Condominio P II, sicchè opera al riguardo l’attribuzione legale della medesima terrazza in proprietà condominiale ai proprietari delle rispettive unità immobiliari, a norma dell’art. 1117 c.c., quale parte necessaria all’esistenza del fabbricato da essa coperto. La Corte d’Appello di Milano ha invece accolto la tesi degli originari convenuti, signori T, sostenendo che si trattasse di terrazza a livello sottratta alla presunzione di comunione ex art 1117 c.c., e piuttosto oggetto di proprietà esclusiva, giacchè costituente, in senso funzionale e strutturale, parte integrante dell’appartamento di proprietà T., che è però compreso nel distinto Condominio P I.”

La Corte censura le valutazioni dei giudici di appello: “Ora, è certamente ammissibile, per quanto si desume dall’art. 61 disp. att. c.c., che, pur in presenza di fabbricati che presentino elementi di congiunzione materiale, allorchè vengano costituiti condomìni separati per le parti aventi i connotati di autonomi edifici, uno dei titolari di porzioni esclusive si ritrovi proprietario di un appartamento ricadente in entrambi i condomìni (arg. da Cass. Sez. 6 – 2, 23/03/2017, n. 7605; Cass. Sez. 2, 01/03/1995, n. 2324; Cass. Sez. 2, 07/08/1982, n. 4439).

Nella sua decisione, la Corte d’Appello ha però malamente applicato l’art. 1117 c.c., alla stregua dell’interpretazione affermata da Cass. Sez. 2, 22/11/1996, n. 10323, che il Collegio intende qui ribadire.

Invero, l’art. 1117, n. 1, c.c. menziona tra i beni comuni i tetti ed i lastrici solari, i quali sono parti essenziali per l’esistenza del fabbricato, in quanto per la struttura e per la funzione servono da copertura all’edificio e da protezione per i piani o per le porzioni di piano sottostanti dagli agenti atmosferici, mentre tale norma non fa espresso riferimento alle terrazze a livello, le quali, tuttavia, pur offrendo rispetto al lastrico utilità ulteriori, quali il comodo accesso e la possibilità di trattenersi, svolgono altresì le medesime funzioni di copertura dell’edificio e di protezione dagli agenti atmosferici, e devono perciò ritenersi di proprietà comune ex art. 1117, n. 1, c.c., rimanendo attribuite in condominio ai proprietari delle singole unità immobiliari.

Tale identità di funzione tra terrazza a livello e lastrico solare è del resto alla base della comune pacifica applicazione ad entrambi dell’art. 1126 c.c.

La deroga all’attribuzione legale al condominio e l’attribuzione in proprietà esclusiva della terrazza a livello possono, allora, derivare solo dal titolo, mediante espressa disposizione di essa nel negozio di alienazione, ovvero mediante un atto di destinazione da parte del titolare di un diritto reale.”

Non vale, come fatto dalla Corte d’Appello di Milano, considerare la terrazza a livello come pertinenza dell’appartamento da cui vi si accede, in quanto ciò supporrebbe l’autonomia ontologica della terrazza e l’esistenza del diritto reale su di essa, che consenta la sua destinazione al servizio dell’appartamento stesso, in difformità dall’attribuzione ex art. 1117 c.c., laddove, a norma dell’art. 819 c.c., la destinazione al servizio pertinenziale non pregiudica i diritti dei terzi, e quindi, non può pregiudicare i diritti dei condomini sulla cosa comune”

La decisione di secondo grado viene cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano che dovrà attenersi al principio di diritto enunciato molto chiaramente dal giudice di legittimità: “Nella controversia fra due aventi causa dall’unico originario proprietario di un complesso immobiliare, poi suddiviso in due distinti condomìni, la proprietà di una terrazza a livello, svolgente funzione di copertura dei sottostanti piani di uno dei due edifici ed attigua ad un’unità immobiliare ricompresa nell’altro edificio condominiale, è da ritenersi oggetto di proprietà comune dei proprietari delle unità immobiliari da essa coperte, a norma dell’art. 1117, n. 1), c.c., quale parte necessaria all’esistenza del fabbricato, salvo che non risulti dal titolo l’espressa disposizione o destinazione della proprietà superficiaria della terrazza in favore del proprietario del contiguo appartamento estraneo al condominio”.

© massimo ginesi 21 settembre 2017

quando il cortile sottostà al regime della comunione

Se al momento in cui sorge il condominio l’originario unico proprietario dell’edificio si riserva la proprietà dell’area esterna, questa non diventa condominiale ai sensi dell’art. 1117 cod.civ.

Ove successivamente costui alieni a più soggetti quell’area, costoro ne godranno in forza del regime di comunione e non di condominio, ivi compresa la presunzione di uguaglianza delle quote.

Lo ha stabilito Corte di Cassazione, sez. VI Civile  24 marzo 2017, n. 7743,  Rel. Scarpa: “Secondo le emergenze documentali di giudizio invocate dalla stessa ricorrente, il Condominio (omissis) , deve intendersi sorto con l’atto di frazionamento dell’iniziale unica proprietà di V.S.I. mediante alienazione, per atto del 27 luglio 1973, dell’unità immobiliare al secondo piano a S.M. e D.P.L. . Originatasi a tale data la situazione di condominio edilizio, dallo stesso momento doveva intendersi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione “pro indiviso” di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26766 del 18/12/2014). Va detto che il cortile fa parte delle cose comuni di cui all’art. 1117 c.c., per tale intendendosi qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti, ma anche comprensivo dei vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate degli edifici – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi – sebbene non menzionati espressamente nell’art. 1117 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7889 del 09/06/2000).

Tuttavia, dal titolo del 27 luglio 1973 risultava, in contrario, una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente alla venditrice V.S.I. la proprietà dello scoperto. La negazione della condominialità dell’area scoperta risale, quindi, irreversibilmente al momento costitutivo del condominio stesso.

Ne consegue che, nel caso in esame: 1) essendo sorto “ipso iure et facto” il condominio (omissis) al momento dell’atto del 27 luglio 1973, quando l’originaria unica proprietaria V.S.I. ebbe ad alienare a terzi la prima unità immobiliare suscettibile di utilizzazione autonoma e separata; 2) ed essendosi la medesima venditrice, in quello stesso momento, riservata la qualità di proprietaria esclusiva dell’area scoperta; 3) V.S.I. ha poi disposto della stessa area scoperta come proprietaria unica di detto bene con la compravendita del 17 marzo 1981, la quale comprendeva nella comproprietà ceduta a S.G. anche lo scoperto.

Non avendo tale atto costitutivo della comproprietà sull’area scoperta determinato la quota spettante a ciascuno dei due comproprietari sulla cosa comune, opera in questa ipotesi la presunzione di pari entità delle quote dei partecipanti alla comunione, fissata dall’art. 1101, comma 1, c.c..”

© massimo ginesi 28 marzo 2017

lastrico solare: il titolo che ne determina l’appartenenza esclusiva può essere anche un testamento

Lo afferma, in una recentissima ordinanza, la Suprema Corte (Cass.Civ. II sez. 2 marzo 2017 n. 5337 rel. Scarpa), che affronta il peculiare caso di un condominio che trae origine da disposizioni testamentarie.

La Corte d’Appello di Bari, premessa la presunzione di comunione del lastrico solare ai sensi dell’art. 1117 c.c., ha tuttavia ritenuto titolo contrario ad essa, nel senso di desumere che il lastrico solare fosse stato ricompreso dal testatore nella quota del piano elevato attribuito a A, C e B B., la previsione testamentaria del diritto riconosciuto a F., V e V di usufruire della scala soltanto per andare sul terrazzo “a prendere il sole d’estate ed a sciorinare i panni”. Tale previsione, a giudizio della Corte di Bari, sarebbe stata del tutto superflua se il loro genitore G N. B. avesse considerato il lastrico come bene comune a tutti i coeredi.

Il ricorrente F. B. ha sostenuto la violazione degli artt. 1117 c.c. e 1362 c.c. perché, nella specie, mancava un’attribuzione chiara ed univoca della proprietà esclusiva del lastrico solare alle figlie del de cuius, e perchè la Corte d’appello avrebbe confuso tra proprietà ed uso esclusivo del terrazzo.

Anche questo motivo va rigettato.

E’ indubbio che il lastrico solare, ai sensi dell’art. 1117 c.c., è oggetto di proprietà comune dei diversi proprietari dei piani o porzioni di piano dell’edificio, ove non risulti il contrario, in modo chiaro ed univoco, dal titolo.

Il titolo idoneo a far insorgere la situazione di condominio ed a contenere le eventuali deroghe alla presunzione ex art. 1117 c.c. può essere evidentemente costituito anche da un testamento, allorchè il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento, dall’originario unico proprietario ad altri   soggetti, di alcune unità immobiliari, si determina mediante istituzioni ereditarie o attribuzioni in legato aventi ad oggetto le suddette parti del fabbricato.

Al fine di escludere la presunzione di proprietà comune di cui all’art. 1117 c.c., allorchè, in particolare, il titolo sia costituito da un testamento, è comunque sufficiente che da questo emergano elementi tali da farlo considerare in contrasto con l’esistenza di un diritto di comunione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2328 del 27/06/1969), preferendosi, alla luce del favor testamenti, qualora di una clausola di esso siano ammissibili più interpretazioni, comunque quella che consenta alla volontà del testatore di avere pratica e concreta attuazione.

Avendo la Corte d’Appello interpretato il testamento di G. N. B. come espressivo di elementi univoci in contrasto con l’esistenza di un diritto di condominio del terrazzo a livello, al fine di attribuire un effetto concreto alla clausola di esso che riservava ai figli maschi soltanto il diritto di accedere al terrazzo per prendere il sole e sciorinare i panni, essa si è attenuta ai ricordati principi di diritto, risolvendosi, quanto al resto, l’interpretazione del titolo negoziale di cui all’art. 1117 c.c. in un apprezzamento di fatto che è prerogativa del giudice di merito ed è sindacabile in sede di legittimità soltanto per omesso esame di fatto decisivo e controverso ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.”

art. 1117 cod.civ., per stabilire se il bene è condominiale vale il titolo originario

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Principio consolidato, che la Suprema Corte ( Cass. Civ. II sez.  Sentenza 30 giugno 2016 n. 13450, relatore Scarpa)  declina con grande chiarezza e alcune interessanti precisazioni.

Il nucleo centrale della decisione ha richiardo ad un corridoio conteso dai condomini, in ordine al quale alcuni rivendicano la titolarità esclusiva ed altri ne affermano la condominialità.

Osserva la Corte che “Ora, ai sensi dell’art. 1117, n. 1, cod.civ. , rientrano tra le parti comuni spettanti ai proprietari delle singole unità site nell’edificio condominiale, tra l’altro, le scale, i vestiboli, gli anditi, ovvero comunque tutte le parti necessarie all’uso comune ed essenziali alla funzionalità del fabbricato, e quindi anche gli annessi pianerottoli, passetti, corridoi, pur se posti in concreto al servizio di singole proprietà. Per sottrarre tali beni alla comproprietà dei condomini e dimostrarne l’appartenenza esclusiva al titolare di una porzione esclusiva, è necessario un titolo contrario, contenuto non già nella compravendita o nella donazione delle singole unità immobiliari (come suppone il ricorrente, menzionando gli atti d i cui alle pagine 16 e seguenti di ricorso), bensì nell’atto costitutivo del condominio. Titolo idoneo a vincere la presunzione di condominialità ex art 1117 e.e., infatti, è non l’atto di acquisto del singolo appartamento condominiale, quanto ilnegozio posto in essere da colui o da coloro che hanno costituito il condominio dell’edificio, in quanto tale
negozio, rappresentando la fonte comune dei diritti dei condomini, ne determina l’estensione e le limitazioni reciproche. Pertanto, per accertare se ilcorridoio di accesso ai singoli appartamenti delle parti in lite fosse escluso dalla comunione e riservato in proprietà esclusiva di alcuno o altro dei condomini titolari di essi, ilricorrente avrebbe dovuto decisivamente indicare, piuttosto, quale fosse stato l’atto costitutivo del condominio di via M., di Locorotondo, spettando certamente al proprietario, che rivendichi la proprietà esclusiva di un bene presuntivamente attribuito al condominio, l’onere di dare la prova del proprio diritto individuale sulla res.”

quanto alla pbiettiva destinazione del bene e alla sua attitudine a rendere una utilità comune, è giudizio di fatto rimesso al Giudice di merito: “Costituisce, peraltro, apprezzamento di fatto dei giudici di merito incensurabile in sede di legittimità – ove, come nel caso in esame, risulti pure compiutamente motivato – l’accertamento, in base ad elementi obiettivamente rilevati, che il corridoio serva, per sue caratteristiche strutturali e funzionali, ali’uso comune di più appartamenti, e non sia, piuttosto, destinato, al godimento di una parte soltanto dell’edificio avente accesso da esso (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3159 del 14/02/2006; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1498 del 12/02/1998; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1776 del 23/02/1994; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2070 del 22/03/1985; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 673 del 09/03/1972).”

Peraltro tale giudizio di fatto dovrà arrestarsi a fronte di una statuizione del titolo, posto che i criteri previsti dall’art. 1117 cod.civ. – così come espressamente previsto dalla norma – hanno natura sussidiaria e secondaria rispetto al titolo” la presunzione di comunione, tra i condomini di un edificio condominiale, di un bene rientrante tra quelli indicati dall’art. 1117 e.e., può, invero, esser superata se il contrario risulta dal titolo, e non già se la situazione di fatto deponga per la possibilità di ottenere le medesime utilità fornite da quel bene attraverso il godimento di altre parti comuni, comunque strumentali alla medesima porzione esclusiva (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3409 del 22/03/2000). Né parimenti rivelano significato i richiami operati in ricorso all’espletata prova testimoniale sul transito operato in  passato dalla famiglia O. attraverso la porta dell’androne, in quanto l’esclusione, quale titolo contrario ex art. 1117 cod.civ., dal novero delle parti in condominio di alcune che, per presunzione di legge, sono di proprietà comune, incidendo sulla costituzione o modificazione di un diritto reale immobiliare, deve risultare necessariamente da atto scritto.

© massimo ginesi 4 luglio 2016