locazioni: deposito cauzionale illecito e ripetizione dell’indebito

Una recente sentenza del tribunale apuano (Trib. Massa  4 dicembre 2019 n. 753) affronta un caso peculiare in tema di ripetizione dell’indebito: l’ambito di operatività dell’azione ex art 79 L. 392/1978 e quello di cui all’art. 2033 c.c. non devono ritenersi  necessariamente coincidenti, laddove l’azione sia promossa da un terzo.

Nel caso deciso dal Tribunale l’azione è stata promossa dai soci di una ASD sportiva, sub conduttrice di un bene immobile ove l’associazione esercitava la propria attività,  che avevano versato ai proprietari dell’immobile  (e non ai sub locatori) parte del deposito cauzionale, convenuto in misura superiore a dieci volte il canone.

il giudice apuano osserva che ” Va preliminarmente chiarita la portata della norma di garanzia contenuta nell’art. 79 L. 392/1978, che da taluno è stata ritenuta – con condivisibile apprezzamento – dettare una sorta di nullità di protezione ante litteram in favore della parte debole del rapporto, ovvero di colui che potrebbe essere indotto ad accettare condizioni penalizzanti e vessatorie pur di non rinunciare ad un bene primario per l’esercizio della propria attività produttiva o commerciale (avendo la L. 431/1998 radicalmente mutato le tutele di sistema per le locazioni abitative).

Certo è, tuttavia, che delle nullità di protezione quella norma non riveste il carattere di relatività, dovendosi ritenere la norma di cui all’art. 79 L. 392/1978 una sorta di norma cardine nel sistema destinata a garantire il locatario da ogni forma di elusione preventiva ad opera del locatore dei divieti posti a tutela della parte debole del rapporto, volta pertanto a fornire una tutela onnicomprensiva e ad ampio raggio, acutamente definita da avveduta dottrina “una prospettiva di protezione grandangolare del conduttore”, mediante la quale si garantisce l’ammontare massimo della prestazione di quest’ultimo, colpendo con la sanzione della nullità tutte le pattuizioni che si pongano in contrasto con tale ratio e non vedano già una nullità testuale stabilita da apposito precetto normativo.

A tale nullità, che finisce per regolare la materia in maniera rigida  (e per taluni versi discutibile, perché rende lo statuto normativo delle locazioni commerciali poco flessibile alle esigenze del mercato e sottratto sostanzialmente alla autonomia privata) la giurisprudenza (cass. 9545/1997, cass. 5827/1993, cass. 4843/1995) riconosce carattere assoluto, di tal chè la stessa è rilevabile d’ufficio e può essere fatte valere da chiunque vi abbia interesse, estendendo dunque il suo campo di azione oltre la mera protezione del conduttore.

Si è osservato che il legislatore, con il sistema delle nullità previsto dall’art. 79 L. 32/1978, avrebbe inteso allestire uno strumento di controllo che va oltre l’interesse particolare del conduttore e finisce per investire interessi generali attinenti all’intera organizzazione produttiva, in un’ottica di interpretazione costituzionalmente orientata a mente dell’art. 41 della Carta fondamentale.

A fronte di tale statuto, che potrebbe apparire oggi eccessivamente rigido e poco in linea con le necessità del mercato attuale, specie laddove il conduttore paia positivamente orientato a bilanciare determinati diritti – astrattamente garantiti in via assoluta  – con adeguate controprestazioni del locatore, la dottrina e parte della giurisprudenza (cass.415/2006, Cass. 10907/1995) hanno mostrato aperture interpretative volte a valorizzare il concreto bilanciamento degli interessi stabilito dalle parti (ad esempio in tema di rinuncia preventiva all’indennità di avviamento), sottraendo determinate condotte alla scure inflessibile dell’art. 79 L. 392/1978.

Si è ancora osservato in giurisprudenza che l’inosservanza del termine semestrale, previsto dalla norma per l’azione del conduttore, costituisce unicamente dato che impedisce totalmente la prescrittibilità delle somme versate in costanza di rapporto, mentre ove l’azione sia esercitata oltre tale termine l’azione non diviene inammissibile ma il conduttore è esposto alla eccezione di prescrizione per i crediti relativamente ai quali la stessa è già maturata (cass.2829/2014, che propone una interpretazione costituzionalmente orientata secondo quanto previsto da Corte Cost. ord. 3/1990).

Ne deriva che la nullità di cui all’art. 79 L. 392/1978 può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e dunque anche dai terzi che da tale eccezione traggano  un vantaggio patrimoniale azionabile in giudizio (quale certamente è la domanda ex art 2033 c.c.), così come l’azione prevista dalla stessa norma sarebbe ancora oggi astrattamente configurabile nel caso in esame, pur essendo decorsi i sei mesi dalla riconsegna dell’immobile.

Deve tuttavia, ritenersi che gli attori non abbiano agito a mente dell’art. 79 L. 392/1978, che per costante giurisprudenza (richiamata anche dai convenuti) prevede una fattispecie tipica di ripetizione dell’indebito riservata al conduttore, anche ove le somme siano state materialmente versate da terzi, ma agiscano secondo lo schema astratto delineato dall’art. 2033 c.c., richiamando solo a supporto dell’indebito la nullità del patto che li avrebbe indotti a versare dette somme.

Va rilevato che C. O., proprietaria del bene, non ha contestato espressamente (con ogni conseguenza anche ex art 115 c.p.c.) di aver incamerato tali somme, né che tale versamento sia avvenuto in stretta correlazione funzionale con il contratto di locazione che ha riguardato I. C. srl quale sub locatore e ASD S. quale conduttrice; non ha peraltro neanche fornito alcuna altra causa giustificatrice della prestazione (neanche sotto il profilo di eventuale bilanciamento di altri interessi del conduttore) che pertanto, allo stato, rimane del tutto priva di causa e deve essere ricondotta alla fattispecie di cui all’art. 2033 c.c.

In tal senso va recepito quanto di recente statuito anche da questo tribunale: “Va qualificata come ripetizione di indebito, ai sensi dell’art. 2033 c.c., qualunque domanda avente ad oggetto la restituzione di somme pagate sulla base di un titolo inesistente, sia nel caso di inesistenza originaria, che di inesistenza sopravvenuta o di inesistenza parziale (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7897 del 04/04/2014 (Rv. 630410 – 01)). Si tratta, dunque, di una disciplina che ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa. (Cass. Sez. L – , Ordinanza n. 18266 del 11/07/2018 (Rv. 649965 – 01))…  In tema di ripetizione di indebito, il regime di prescrizione è quello ordinario decennale (Cass. Sez. L – , Ordinanza n. 18266 del 11/07/2018 (Rv. 649965 – 01)” (Trib. Massa 8.8.2019 n. 519).

Ciò che consente di ritenere pienamente sussistente una fattispecie di indebito ‘ordinario’ ex art 2033 c.c. è, in via primaria, la circostanza che gli attori abbiano versato le somme oggetto di causa alla proprietaria del bene C. O. snc, soggetto del tutto estraneo al rapporto di locazione de quo (la circostanza di essere proprietaria del bene sublocato da I C srl non vale a renderla parte del rapporto locativo intercorso fra quest’ultima e ASD S., né legittimata a ricevere somme per conto del sublocatore, ponendosi il versamento della cauzione – seppur in misura illecita – unicamente in collegamento funzionale con la pattuizione intercorsa fra il sublocatore I C e la conduttrice ASD S.).

Ove poi il terzo che ha ricevuto le somme intendesse supportare causalmente tale versamento con quanto contenuto nel contratto di locazione, che prevedeva l’illecito versamento di un deposito cauzionale oltre i limiti di legge, non può negarsi l’interesse degli odierni  attori a rilevare la nullità di quella pattuizione, non già in via diretta quali parti del contratto di locazione ai fini dell’azione ex art 79 L.392/1978, ma unicamente con lo scopo di rilevarne l’invalidità in sede di azione ordinaria ex art 2033 c.c.

Tale qualificazione della fattispecie fa tuttavia emergere come non possa che considerarsi sussistente unicamente la legittimazione passiva del concreto accipiens delle somme, ovvero C. O. snc, non convincendo la tesi avanzata dagli attori – peraltro priva di alcuna argomentazione – che debba risponderne in via solidale anche I. C. srl, quale soggetto che avrebbe dato luogo alla pattuizione invalida: “Rispetto all’azione di ripetizione di indebito oggettivo è passivamente legittimato solo il soggetto che ha ricevuto la somma che si assume essere non dovuta, come si evince dalla formulazione letterale dell’art. 2033 c.c.“(Cass.25170/2016).”

Massimo Ginesi 20 dicembre 2019

solo la delibera dell’assemblea per spese straordinarie è idonea a far sorgere l’obbligazione del condomino

E’ quanto ha statuito una recente sentenza della Cassazione (Cass.Civ. Sez. II 14 ottobre 2019 n. 25839 rel. Scarpa), che ha cassato una sentenza della Corte d’appello di Genova.

Il Giudice di legittimità ha rilevato che, ove l’assemblea non abbia deliberato in ordine alle spese per la manutenzione straordinaria, limitandosi a dar incarico ad una commissione di valutare entità dell’intervento e scelta dell’appaltatore, non sorge il correlativo obbligo di contribuzione del singolo condomino che potrà pertanto, ove abbia versato Dali importi agire per la ripetizione dell’indebito nei confronti del condominio.

i fatti e la causa: “Con citazione del 20 maggio 2008 la Autoparco Colombo s.r.l., proprietaria di locali compresi nel condominio, aveva richiesto la restituzione della somma di Euro 86.460,00, versata a titolo di contributo, in misura di due terzi del totale, inerente ai lavori di manutenzione straordinaria del passaggio pedonale esterno di accesso ai portoni, deducendo che l’assemblea del 19 aprile 2007 non avesse approvato l’intervento, ma soltanto dato mandato ad una Commissione Tecnica di valutare ed approvare lo stesso, indicando in Euro 150.000,00 più IVA l’importo massimo e prescrivendo criteri sulla scelta dell’impresa appaltatrice.

La domanda di restituzione, accolta dal Tribunale, sul presupposto che l’assemblea non avesse deliberato nè l’esecuzione dei lavori nè il riparto delle spese, veniva invece respinta dalla Corte d’Appello.

I giudici di secondo grado, recependo il motivo di gravame del Condominio, ravvisavano il vizio di ultrapetizione in cui era incorso il Tribunale, in quanto la condomina Autoparco Colombo s.r.l. in citazione aveva contestato non l’approvazione dei lavori, ma il riparto della spesa, perché non approvato dall’assemblea. Aggiungeva la Corte d’Appello che la delibera dell’assemblea di approvazione dei lavori comunque esisteva ed il criterio di riparto fosse quello stabilito dal regolamento di condominio, con rinvio all’art. 1126 c.c.. Per di più, la sentenza impugnata riteneva tardiva la domanda di accertamento della nullità della delibera di ripartizione della spesa formulata dalla società attrice con la prima memoria istruttoria. La Corte di Genova sosteneva pure che la violazione dei criteri di ripartizione delle spese avrebbe implicato la annullabilità e non la nullità della delibera, con conseguente soggezione al termine di trenta giorni ex art. 1137 c.c.. Dunque, non essendo stata impugnata la delibera che aveva approvato l’intervento di manutenzione e ripartito le spese, non era concepibile per la Corte d’Appello un’azione di indebito arricchimento fondata sull’assunta mancanza di delibera. Conclude la sentenza impugnata che la difesa di Autoparco Colombo s.r.l. avesse ammesso di non aver voluto proporre alcuna domanda di accertamento del criterio di riparto delle spese”

la decisione di legittimità: “È pacifico che occorra l’autorizzazione dell’assemblea (o, comunque, l’approvazione mediante sua successiva ratifica), ai sensi dell’art. 1135 c.c., comma 1, n. 4, e con la maggioranza prescritta dall’art. 1136 c.c., comma 4, per l’approvazione di un appalto relativo a riparazioni straordinarie dell’edificio condominiale (si vedano indicativamente Cass. Sez. 2, 21/02/2017, n. 4430; Cass. Sez. 2, 25/05/2016, n. 10865).

In difetto di preventiva approvazione assembleare dei lavori di manutenzione straordinaria (e al di fuori del caso dell’urgenza di cui allo stesso n. 4 dell’art. 1135 c.c.), non sussiste il diritto dell’amministratore del condomino a pretendere la riscossione dei relativi contributi dai singoli condomini.

La delibera assembleare in ordine alla manutenzione straordinaria deve in ogni caso determinare l’oggetto del contratto di appalto da stipulare con l’impresa prescelta, ovvero le opere da compiersi ed il prezzo dei lavori, non necessariamente specificando tutti i particolari dell’opera, ma comunque fissandone gli elementi costruttivi fondamentali, nella loro consistenza qualitativa e quantitativa. Sono, peraltro, ammissibili successive integrazioni della delibera di approvazione dei lavori, pure inizialmente indeterminata, sulla base di accertamenti tecnici da compiersi. Mentre l’autorizzazione assembleare di un’opera può reputarsi comprensiva di ogni altro lavoro intrinsecamente connesso nel preventivo approvato (arg. da Cass., Sez. 2, 20/04/2001, n. 5889).

Le delibere assembleari del condominio devono comunque essere interpretate secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 c.c. e segg., privilegiando, innanzitutto, l’elemento letterale, ed adoperando quindi, soltanto nel caso in cui esso si appalesi insufficiente, gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge (Cass. Sez. 2, 28/02/2006, n. 4501). In tal senso, la delibera adottata dall’assemblea dei condomini del Condominio (OMISSIS) il 19 aprile 2007 si limitava a “deliberare il lavoro totale, previo studio e capitolato d’appalto da predisporre” da parte di un geometra incaricato, con “mandato alla Commissione Tecnica di valutare e approvare lavorazione… per un importo massimo di Euro 150.000 più i.v.a.”, ed aggiungeva “la cifra è semplicemente indicata come tetto massimo insuperabile per l’attività autonoma della commissione tecnica. Permane l’obiettivo della scelta dell’Impresa più conveniente nel rapporto qualità-prezzo”.

Nel senso proprio delle parole adoperate, questa delibera, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte d’Appello di Genova, non può spiegarsi come definitiva autorizzazione dell’assemblea, ai sensi dell’art. 1135 c.c., comma 1, n. 4, delle riparazioni straordinarie del passaggio pedonale di accesso ai portoni dell’edificio condominiale, in quanto essa non determinava ancora l’oggetto del contratto di appalto, atteso che non individuava l’impresa prescelta, nè le opere da compiersi nè il prezzo dei lavori, in modo da limitarsi a delegare alla commissione ristrette scelte di mera gestione tecnico – economiche relative alle opere di manutenzione dello stabile condominiale.

Perché questa delega non si intenda come un esautoramento del condominio nell’amministrazione della cosa comune, e non comporti l’annullamento dei diritti della minoranza dei partecipanti al condominio, nel cui interesse è stabilita la competenza istituzionale dell’organo assembleare, occorre, come questa Corte ha già affermato, che le decisioni della commissione, incaricata di esaminare i preventivi di spesa, vengano poi rimesse all’approvazione, con le maggioranze prescritte, dell’assemblea (Cass. Sez. 2, 06/03/2007, n. 5130; Cass. Sez. 2, 23 novembre 2016, n. 23903; Cass. Sez. 2, 25 maggio 2016, n. 10865; Cass. Sez. 62, 15/03/2019, n. 7484).

Ove non sia configurabile, alla stregua dei richiamati principi, una deliberazione assembleare di approvazione delle opere di manutenzione straordinaria del passaggio pedonale di accesso ai portoni, deve perciò essere nuovamente esaminata la domanda della Autoparco Colombo s.r.l. di ripetizione di quanto si assume indebitamente versato al Condominio a tale titolo.

Per ormai consolidata interpretazione giurisprudenziale, con riferimento alle spese attinenti a lavori condominiali di manutenzione straordinaria o che consistano in un’innovazione, la deliberazione dell’assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell’intervento, assume valore costitutivo della relativa obbligazione di contribuzione in capo a ciascun condomino.

In sostanza, l’obbligo dei singoli partecipanti di contribuire alle spese straordinarie necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni, postula la preventiva approvazione assembleare, la quale a sua volta suppone essenzialmente, come già detto, la determinazione completa dell’oggetto delle opere, non avendo rilievo ai fini dell’insorgenza del debito, e quindi dell’esigibilità del credito vantato dalla gestione condominiale, l’esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria (Cass. Sez. 2, 26 gennaio 1982, n. 517; Cass. Sez. 2, 02/05/2013, n. 10235; Cass. Sez. 2, 21 febbraio 2017, n. 4430; Cass. Sez. 6-2, 16 novembre 2017, n. 27235; Cass. Sez. 6-2, 17 agosto 2017, n. 20136; Cass. Sez. 2, 20 aprile 2001, n. 5889).

l versamento delle spese che il condomino esegua in favore del condominio prima che sia individuabile, nei termini indicati, una completa definitiva e deliberazione di approvazione dell’intervento di manutenzione straordinaria ben può, pertanto, configurare, un pagamento ab origine indebito, agli effetti dell’art. 2033 c.c. (arg. da Cass. Sez. U, 09/03/2009, n. 5624; Cass. Sez. 3, 19/06/2008, n. 16612; Cass. Sez. 3, 23/02/2006, n. 3994).

© massimo ginesi 16 ottobre 2019