asilo in condominio:quando il regolamento lo vieta

La Corte di legittimità, con ampia ed interessante pronuncia (Cass.civ. sez. II 30.5.2023 n. 15222 rel. Scarpa) ha affrontato il complesso tema delle azioni esperibili contro il conduttore che violi il regolamento contrattuale del condominio, destinando l’immobile a lui locato ad attività di asilo, laddove la stessa debba intendersi vietata  dal testo regolamentare.

La pronuncia contiene numerose riflessioni attinenti al profilo sostanziale e processuale dell’azione, avuto riguardo alla legittimazione passiva del conduttore, al litisconsorzio necessario con il locatore condomino nonché all’eventuale azione del singolo volta a far accertare la nullità della clausola contrattuale (che vede  la legittimazione necessaria di tutti gli altri condomini): per l’ampiezza e finezza di analisi merita lettura integrale.

Sul tema specifico del divieto di destinazione ad asilo, la corte – che cassa con rinvio – suggerisce una lettura restrittiva delle clausole limitative, così che l’attività di asilo dovrà essere attentamente valutata dal giudice di merito con riguardo alle espressioni utilizzate nel testo regolamentare:

“Nella interpretazione, invece, del divieto di “destinare gli alloggi a uso sanitario, gabinetti di cura, ambulatorio per malattie infettive e contagiose, scuole di musica, di canto, di ballo e pensioni”, occorre preservare il significato lessicale delle espressioni adoperate nel testo negoziale, avendo riguardo alle limitazioni enunciate nel regolamento in modo chiaro ed esplicito, e cioè alla elencazione delle attività vietate risultanti dall’atto scritto, non potendosene desumere ulteriori e diverse in ragione delle possibili finalità pratiche perseguite dai condomini contraenti in rapporto ai pregiudizi che si aveva intenzione di evitare (quale, ad esempio, evitare tutte le attività parimenti “rumorose”).

3. Alla stregua dei principi enunciati, dovrà procedersi in sede di rinvio ad accertare se l’art. 9 del regolamento condominiale fosse opponibile alla condomina locatrice Talvera s.a.s. e se lo stesso rechi un divieto chiaro ed esplicito di destinare le unità immobiliari di proprietà esclusiva ad asilo nido.”

DA parte della giurisprudenza di merito si è altresì  ritenuto di recente (Trib. Bergamo 20 giugno 2023, n. 1326)  che, ove il regolamento  contrattuale vieti tout court usi diversi da quello di civile abitazione, debba ritenersi vietata anche la destinazione a home schooling: “Il regolamento condominiale vieta di adibire le unità immobiliari a destinazione diversa dall’abitazione.Tale regolamento, formato dal costruttore, ha natura contrattuale, essendo richiamato nei titoli di acquisto, ed è stato debitamente trascritto (do cc. 5 – 6 attore).L’attività di scuola parentale ricade indubbiamente nel divieto, trattandosi di una destinazione diversa da quella di civile abitazione.Non rileva che essa sia lecita dal punto di vista scolastico ed espletata a titolo gratuito, interessa soltanto l’aspetto condominiale.La previsione regolamentare è chiara ed esplicita, e non dà adito ad alcun dubbio o ince1tezza: essendo vietate tutte le attività diverse dall’uso abitativo, non pare necessaria l’elencazione analitica delle stesse. Infatti, è del tutto evidente l’intento di prevedere una destinazione esclusivamente abitativa delle unità collocate all’interno dell’edificio condominiale.

Non vi è, pertanto, la necessità di procedere ad un’interpretazione della norma, giacché in claris non fit interpretatio (arg. ex Cass. n. 21307/2022: “I divieti ed i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo ad incertezze; pertanto, l’individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti.”

Taluni interpreti hanno ritenuto che il giudice lombardo si sia discostato dalla recente pronuncia di legittimità, ma così non è, poiché le due statuizioni perseguono piani contigui ma non coincidenti: la pronuncia di legittimità esclude interpretazione estensive,  a fronte di una elencazione generica della clausola regolamentare che indichi le attività espressamente vietate; il giudice di merito si limita a rilevare che l’attività di asilo non può esser ricondotta all’uso di civile abitazione, unico ammesso in quel fabbricato  per accordo negoziale fra i condomini (si veda, in tema di  uso per civile  abitazione  niente bed & breakfast se il regolamento vieta attività commerciali ).

Cass_15222_2023

© MG 5.9.2023

 

asilo in condominio: quando il regolamento contrattuale lo vieta.

E’ il tema affrontato da Cass.Civ. sez. VI-2 21 giugno 2018 n. 16384 rel. Scarpa.

L’ordinanza resa dalla corte, con cui è stato rigettato il ricorso del condomino che gestiva un micro nido nel condominio ove il regolamento recava divieto di adibire ad asilo nido le unità, riprende principi noti sia in tema di interpretazione delle clausole regolamentari sia in tema di censurabili in cassazione della loro interpretazione parte del giudice di merito, pervenendo a ritenere non sindacabile  la qualificazione della attività effettuata dalla Corte di Appello di Milano.

Il ricorrente lamenta l’errore della Corte d’Appello perché la stessa, ritenendo operante il divieto regolamentare di destinazione delle unità immobiliari ad “asili di infanzia” pure per i “micro-nidi”, non avrebbe tenuto conto che questi ultimi non arrecano i “pericoli di disturbo” propri degli asili.

Si richiamano anche i principi di cui agli artt. 3, 29, 31 e 37 Costituzione, nonché l’art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e si evidenzia il ruolo svolto dai cosiddetti “micro-nidi”, istituiti dalla legge 28  dicembre 2001, n. 448, e poi regolati da apposite delibere della Giunta Regionale Lombardia.

E’ invece da ribadire come l’interpretazione delle clausole di un regolamento condominiale contrattuale, contenenti il divieto di destinare gli immobili a determinati usi, è sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, ovvero per l’omesso  esame  di  fatto  storico  ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. 2, 30/06/2011, n. 14460; Cass. Sez. 2, 31/07/2009, n. 17893; Cass. Sez. 2, 23/01/2007, n. 1406; Cass. Sez. 2, 14/07/2000, n. 9355; Cass. Sez. 2, 02/06/1999, n. 5393).

Nella specie, l’interpretazione dell’art. 4 del regolamento contrattuale Condominio di via P. , Como, prescelta dalla Corte d’Appello di Milano, non rivela le denunciate violazioni dei canoni di ermeneutica.

In particolare, l’interpretazione di una clausola del regolamento di condominio, contenente il divieto di destinare gli appartamenti, tra l’altro ad “asili di infanzia”, come preclusiva altresì dell’attività di micro-nido (la quale effettivamente si differenzia da quella dell’asilo soltanto per le dimensioni strutturali di recettività, e non invece per il comune carattere assistenziale ed educativo dei suoi  servizi  resi  a  minori di tenerissima età) non risulta né contrastante con il significato lessicale delle espressioni adoperate nel testo negoziale, né confliggente con l’intenzione  comune  dei condomini ricostruita dai giudici  del  merito,    contraria  a logica o incongrua, rimanendo comunque  sottratta  al sindacato di legittimità l’interpretazione degli atti di autonomia privata quando il ricorrente si limiti a lamentare che  quella  prescelta nella sentenza impugnata non sia l’unica  possibile,    la migliore in astratto.

Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente va condannato a rimborsare al Condominio controricorrente le spese  del giudizio  di cassazione.”

© massimo ginesi 27 giugno 2018 

se il regolamento vieta l’esercizio rumoroso…

schermata-2016-12-08-alle-15-38-54

Una clausola del regolamento condominiale contrattuale vieta di destinare gli appartamenti ad attività rumorose:  il condominio adotta una delibera con cui viene fatto divieto ad uno dei condomini di destinare una delle unità ad asilo nido e costui ricorre al giudice per sentirne dichiarare l’illegittimità.

In primo grado viene espletata CTU che rileva come la rumorosità proveniente dall’asilo nido, quantomeno per due delle altre unità del condominio, risulti superiore alla normale tollerabilità, tenuto conto anche dei parametri normativi in materia.

L’attività di asilo nido viene dunque ritenuta contraria alla clausola regolamentare, non già per definizione ma accertata la sua concreta rumorosità.

Sia in primo grado che in appello la pronuncia è favorevole al Condominio.

L. vicenda giunge in Cassazione che, nel pronunciarsi sul ricorso, detta  alcuni importanti principi, anche e soprattutto sui limiti del giudizio di legittimità, troppo spesso dimenticati.

Cass. Civ. II sezione 6 dicembre 2016 n. 24958 ricorda preliminarmente “L’insegnamento secondo cui l’interpretazione del  contratto e degli atti di autonomia privata – e, dunque, pur, siccome nel caso di specie, di un regolamento condominiale contrattuale -costituisce un’attività riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità  soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione

 “Si rappresenta in particolare che la corte di merito ha correttamente, ovvero in pieno ossequio al canone esegetico letterale, ancorato il riscontro cui poi ha concretamente atteso, alla previsione del regolamento ove, aldilà delle attività oggetto di esplicita e puntuale menzione, è tout court,  senza, ben vero, precisazione alcuna, fatto divieto di destinare  gli appartamenti ad esercizi    rumorosi (l’art. 3 del regolamento recita che è fatto divieto di destinare gli appartamenti ad uso di qualsiasi industria esercizi rumorosi, sì che il concetto di rumoroso va delineando in relazione al suo concreto  espletamento).”…

Sottolinea la Corte che “Nè la censura ex n. 3)  né la censura ex n. 5)  del primo comma dell’articolo 360 c.p.c.  possono risolversi una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera  contrapposizione di una differente interpretazione”

Non può così essere più censurata in cassazione l’interpretazione che della clausola regolamentare hanno dato i giudici di merito, ritenendo vietata l’attività ove rechi disturbo solo ad alcuni condomini e non all’intero fabbricato: “L’assunto della ricorrente secondo cui la corte distrettuale  avrebbe omesso di considerare il chiaro dettato letterale dell’articolo 3 del regolamento condominiale, nella parte in cui individua nella tranquillità dell’intero fabbricato il limite superato il quale le attività non tipizzate (qual è quella di asilo nido) possono ritenersi vietate poiché (nel caso di specie) rumorose, non puoi in alcun  modo essere recepito”

“Si rappresenta conseguentemente che il  preteso vizio di motivazione, sotto il profilo dell’omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente  dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia,  prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, ovvero quando esiste insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione. Nei termini teste enunciati l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte di merito risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed  esaustivo sul piano logico formale”

Insomma l’asilo faceva un rumore concretamente superiore alla normale tollerabilità, accertato mediante CTU e non solo in base alla valutazione astratta della attività, il giudice di primo e quello di secondo grado hanno ampiamente e correttamente motivato la loro decisione, l’interpretazione della clausola regolamentare espressa dal giudice di merito non deve essere la migliore ma solo una di quelle astrattamente possibili e – soprattutto – ove sussistano tutti questi parametri, il ricorso in cassazione avrà con ogni probabilità esito infausto.

© massimo ginesi 8 dicembre 2016