canna fumaria in facciata: la cassazione ribadisce principi ormai consolidati

Cass.Civ. sez.II ord. 23 novembre 2018 n. 30462  ribadisce alcuni dati ormai acquisiti in tema di decoro architettonico e di pari utilizzo del bene comune ai sensi dell’art. 1102 cod.civ. : “La Corte distrettuale ha ordinato la rimozione della canna fumaria, ritenendo che essa costituisse costruzione ai sensi della normativa sulle distanze legali (e segnatamente dell’art. 907 c.c.) e che ledesse il decoro architettonico dell’edificio, poiché, per i materiali da cui era composta, per le sue dimensioni e per la sua innegabile evidenza, non si inseriva nell’aspetto armonico della facciata, producendo un “risultato esteticamente sgradevole” (cfr. sentenza pag. 10 e 11).

Pur considerando che l’opera era stata impiantata su un prospetto secondario del fabbricato, ha però stabilito che ne alterava la sagoma modificando l’aspetto del muro condominiale in violazione dell’art. 1120 c.c., essendo inoltre in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico locale, che vietava l’apposizione di canne fumarie esterne alle murature.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale sostanzia una modifica della cosa comune conforme alla sua destinazione, che ciascun condomino – pertanto – può apportare a sue cure e spese, ma a condizione che non impedisca l’uso paritario delle parti comuni, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio e non ne alteri il decoro architettonico, ipotesi – quest’ultima – che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’insieme dell’aspetto armonico dello stabile (Cass. 17072/2015; Cass. 18350/2013; Cass. 6341/2000).

Non occorre che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall’innovazione, abbia un particolare pregio artistico, né rileva che tale decoro sia stato già compromesso da precedenti interventi sull’immobile, ma è sufficiente che vengano pregiudicate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità (Cass. 10350/2011; Cass. 14455/2009; Cass. 8830/2008; Cass. 27551/2005; Cass. 6496/1995).

Non esclude l’illegittimità dell’opera il fatto che essa sia stata apposta su una parete retrostante o in modo non visibile dalla strada principale, venendo in rilievo la violazione oggettiva dell’estetica del fabbricato data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile e gli imprimono una determinata fisionomia ed una specifica identità, mentre il rilievo da attribuire al grado di visibilità delle innovazioni contestate, in relazione ai diversi punti di osservazione dell’edificio, muta da caso a caso, e non esclude di per sé la violazione, configurabile anche riguardo ad opere interne al fabbricato, fermo che il relativo apprezzamento è rimesso al giudice di merito ed è sindacabile solo per vizi di motivazione (Cass. 1718/2016; Cass. 851/2007; Cass. 10350/2011).

Infine, la circostanza che l’opera fosse stata autorizzata dall’amministrazione comunale non ne impediva la demolizione, poiché la regolarità dell’opera da punto di vista urbanistico non poteva incidere negativamente sui diritti degli altri condomini (Cass. 20985/2014; Cass. 1936/1977).

Non sussistendo quindi la denunciata violazione di legge e risultando l’opera comunque illegittima riguardo alla lesione del decoro architettonico, è superfluo stabilire se potesse operare in ambito condominiale la disciplina di cui all’artt. 907 c.c., così come ritenuto dalla decisione impugnata, non potendone comunque conseguire la cassazione di detta pronuncia.”

© Massimo Ginesi 28 novembre 2018 

canna fumaria e decoro architettonico

Cass.Civ.  sez.II 28 giugno 2018 n. 17102 ribadisce un principio consolidato: è consentito al singolo utilizzare i beni comuni (nella fattispecie la facciata) per utilità individuali, purché ciò non alteri statica, decoro e pari uso degli altri aventi diritto; a tal fine il decoro è rappresentato dalla complessiva armonia dell’edificio, quale che sia la sua rilevanza estetica ed architettonica, essendo suscettibili di essere lese anche le linee costruttive  complessive di un edificio non di pregio.

“Costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio. La relativa valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove non presenti vizi di motivazione (fattispecie relativa alla realizzazione di una canna fumaria).”

© massimo ginesi 6 luglio 2018 

canna fumaria in facciata: non occorre autorizzazione del condominio, che neanche può opporsi sic et simpliciter

L’uso del bene  comune facciata da parte dei singoli condomini è consentito ai sensi dell’art. 1102 cod.civ., così che costoro potranno anche utilizzarlo per collocarvi una canna fumaria, purché non alterino il decoro dell’edificio,  non impediscano agli condomini di farne parimenti uso oppure non ledano i diritti soggettivi dei singoli condomini (violazione, quest’ultima,  che sono legittimati a far valere solo gli interessati).

Tale utilizzo del bene comune non è soggetto ad alcuna autorizzazione assembleare ma, ove siano rispettati i presupposti dell’art. 1102 cod.civ., avvieneiure proprio da parte del singolo; tuttavia il condomino che intende intervenire in tal modo è tenuto a comunicare all’amministratore le modalità di realizzazione, ai sensi del novellato art. 1122 cod.civ., non già per ottenere una non prevista autorizzazione, quanto per cosentire – eventualmente – al condominio di approntare le opportune contestazioni e tutele.

A tali principi, consolidati in giurisprudenza eppure non sempre chiari alle compagini condominiali, si rifà una recente sentenza del Tribunale Arezzo 7.3.2018 n.279 .  

Il Tribunale toscano osserva che: “E’ quindi evidente che negare a priori ed in via anticipatoria l’attività del condomino appare un eccesso di potere non consentito all’assemblea e che determina la nullità della specifica determinazione assunta.

… Anche la delibera riguardante l’apposizione della canna fumaria a servizio dell’immobile della G.Z. appare affetta dai medesimi motivi di nullità.

Ricordiamo infatti come la giurisprudenza è ormai unanime nel ritenere che l’apposizione di una canna fumaria sull’esterno delle mura condominiali rappresenti una mera esplicazione del potere del singolo proprietario di uso del bene comune ai sensi dell’art. 1102 c.c., soggetto quindi solo (ove non sussistano limitazioni dettate da un regolamento contrattuale) ai limiti posti dal medesimo è infatti mero uso della cosa comune l’installazione di una canna fumaria in aderenza al muro comune (C. Cassazione 16 maggio 2000 n. 6341) tanto che la Suprema Corte ha precisato che “l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino – pertanto – può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio, e non ne alteri il decoro architettonico“.

Ebbene, sussistendo da parte del condominio come unica contestazione quella relativa al decoro architettonico, appare utile e sufficiente far riferimento alla consulenza redatta dall’arch. L., le cui conclusioni di carattere tecnico debbono considerarsi integralmente accolte e trascritte.

Il consulente ha precisato che “l’esecuzione del manufatto non lederebbe il decoro architettonico del condominio” ed ha individuato le modalità costruttive idonee ad evitare il più possibile di turbare le linee costruttive del condominio, costruendo l’opera in una posizione e con modalità esecutive tali che la stessa risulti solo marginalmente visibile e con accorgimenti formali atti ad integrarla nel tessuto murario esistente.

Si ribadisce poi, ai fini della condanna alle spese, che il condominio non aveva provveduto a richiedere al condomino un progetto ma si era limitato a negare sic ed simpliciter l’autorizzazione (autorizzazione peraltro non dovuta).

© massimo ginesi 18 aprile 2018

ristorante in condominio: le molestie olfattive sono reato.

Anche se l’impianto di scarico dei fumi a sevizio di un ristorante risulta essere a norma, ove nel cortile condominiale (o in altre parti comuni) si diffondano odori sgradevoli, la condotta può ritenersi penalmente illecita  ove superi  soglie di stretta tollerabilità.

Lo ha stabilito di recente la Suprema Corte (Cass.pen. VII sez. 26 settembre 2017 n. 44257)    che ha ritenuto legittima la condanna di un ristoratore per getto pericoloso di cose, ai sensi dell’art. 674 cod.pen.

Nel 2016 il tribunale di Roma aveva condannato il ristoratore alla pena di 500 euro di ammenda, ritenendolo colpevole del reato contravvenzione previsto dall’art. 674 cod.pen., “per aver provocato l’emissione di fumi e vapori  maleodoranti nel cortile condominiale, atti a molestare i soggetti di cui al capo di imputazione”

Osserva la Corte di legittimità che

il criterio fondante è quello della stretta tollerabilità“nel caso in esame trovano applicazione i seguenti principi, enunciati dalla giurisprudenza sopra richiamata:

a) l’evento del reato consiste nella molestia, che prescinde dal superamento di eventuali valori soglia previsti dalla legge, essendo sufficiente quello del limite della stretta tollerabilità;

b) qualora difetti la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l’intensità delle emissioni, il giudizio sull’esistenza e sulla non tollerabilità delle stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni di testimoni, specie se a diretta conoscenza dei fatti, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica, ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti”

© massimo ginesi 4 ottobre 2017

 

l’accessione ex art. 936 cod.civ. non si applica ai beni comuni.

La Corte di Appello di Napoli perviene ad una conclusione assai singolare, in una vicenda relativa alla canna fumaria in eternit installata da un condomino sul muro comune ed a servizio della propria unità: condanna il condominio alla sua rimozione sull’assunto che “la canna fumaria, priva di una sua autonomia, trovandosi incorporata nel bene comune ex art. 936 cod.civ. , andava rimossa a cura del condominio, quale custode del bene”.

La Suprema Corte (Cass.civ. sez. II  22 settembre 2017 n. 22203) ritiene la tesi del tutto infondata e cassa la sentenza:

Assai singolarmente, tuttavia,  la pronuncia  richiama il termine innovazione e l’art. 1120 cod.civ. , mentre l’opera realizzata dal singolo va piuttosto ricondotta alla previsione dell’art. 1102 cod.civ.

Le stesse pronunce richiamate dalla Corte, peraltro, fanno riferimento alla comunione e all’uso del bene comune da parte del singolo e non già alle innovazioni, ad esempio Cass.civ. sez. II  27 marzo 2007 n. 7523: “come è principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, la disciplina dell’accessione, contenuta nell’art. 934 c.c., si riferisce solo alle costruzioni su terreno altrui: essa, pertanto, non trova applicazione nelle ipotesi di costruzioni eseguite da uno dei comproprietari su suolo comune, cui si applica, invece, la normativa in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori solo se essa sia stata realizzata in conformità di detta disciplina, cioè con il rispetto delle norme sui limiti all’uso da parte del comproprietario delle cose comuni: pertanto, le opere abusivamente create non possono considerarsi beni condominiali per accessione ma vanno considerati appartenenti al comproprietario costruttore e rientranti nella sua esclusiva sfera giuridica ( tra le tante, sentenze 19/11/2004 n. 21901; 22/3/2001 n. 4120; 18/4/1996 n. 3675 ).”

© massimo ginesi 25 settembre 2017 

 

 

LA CANNA FUMARIA INSERITA NEL MURO CONDOMINIALE E’ TUTELABILE IN VIA POSSESSORIA

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Lo ha affermato la Suprema Corte in una recentissima sentenza  (Cass. Civ. II sez. 31 ottobre 2016 n. 22016).

Ove una unità immobiliare goda di un manufatto inserito nel muro condominiale, destinato a smaltire i propri fumi, qualora  il vicino provveda a interromperlo e renderlo inutilizzabile può essere chiesta con successo tutela possessoria.

Le vicende relative alle canne fumarie e alle loro diramazioni sono frequenti in condominio poiché spesso, durante lavori di ristrutturazione delle unità, si finisce per intercettarle o danneggiare (emblematico il caso, finito dinanzi al Tribunale di La Spezia, di una canna fumaria ostruita dall’inserimento di una cassaforte a muro al piano soprastante, con invasione di fumi all’interno della unità immobiliare che alla stessa canna aveva collegato un caminetto).

La sentenza merita lettura per le interessanti riflessioni in tema di possesso di un bene peculiare e che non è  immediatamente visibile e percepibile.

© massimo ginesi 2 novembre 2016 

la canna fumaria è manufatto nocivo e pericoloso per presunzione

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Lo afferma la Corte di Cassazione, sez. II Civile (sentenza 10 maggio – 30 giugno 2016, n. 13449
Presidente Bianchini – Relatore Falabella) che rileva che per la costruzione di  condotti di scarico deve osservarsi la distanza prevista negli strumenti urbanistici e che – ove gli stessi nulla dispongano  al riguardo – deve essere adottato ogni accorgimento utile ad evitare di arrecare danno, ivi compreso l’arretramento  a distanza di sicurezza.

Affrontate e risolte numerose questioni processuali, sul punto concreto la Corte afferma  che:

“Quanto alla violazione dell’articolo 890 c.c., esso dispone: “Chi presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, vuole fabbricare forni, camini, magazzini di sale, stalle e simili, o vuol collocare materie umide o esplodenti o in altro modo nocive, ovvero impiantare macchinari, per i quali può sorgere pericolo di danni, deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza”.
La corte territoriale ha evidenziato che, nella specie, non era prevista, dai vigenti strumenti urbanistici, una distanza orizzontale minima tra le canne fumarie e le proprietà aliene.
La costante giurisprudenza di legittimità afferma che il rispetto della distanza prevista per fabbriche e depositi nocivi e pericolosi dall’articolo 890 c.c., nella cui regolamentazione rientrano anche i comignoli con canna fumaria, è collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima, mentre, in difetto di una disposizione regolamentare, si ha una presunzione di pericolosità relativa, che può essere superata ove la parte interessata al mantenimento del manufatto dimostri che, mediante opportuni accorgimenti, può ovviarsi al pericolo od al danno del fondo vicino (per tutte: Cass. 22 ottobre 2009, n. 22389; Cass. 6 marzo 2002, n. 3199).
La corte di merito ha correttamente accertato, quindi, che, alla luce della lacuna contenuta nel regolamento edilizio locale, dovesse essere imposto un arretramento della canna fumaria per scongiurare ogni pericolo per il fondo confinante (la cui concreta esistenza era stata acclarata), assumendo, altresì, che l’installazione di accorgimenti con funzione di separazione risultava del tutto inidonea. A tal fine ha evidenziato che l’installazione di un siffatto dispositivo non poteva considerarsi risolutivo visto che l’art. 890 c.c. presume la pericolosità dei camini anche se tra questi ed il fondo del vicino vi sia un muro divisorio. Proposizione, questa, senz’altro congrua, come tale incensurabile in questa sede.”

© massimo ginesi 6 luglio 2016