canna fumaria installata dal singolo: se lede l’estetica, sanatoria possibile solo con l’unanimità.

E’ quanto ha stabilito il TAR Bolzano sez. I 22 febbraio 2018 n. 62: ove il singolo proceda ad installare – senza titolo urbanistico – sulla facciata condominiale una canna fumaria a servizio della propria unità che, per tipologia e dimensioni esca dai parametri previsti dall’art. 1102 cod.civ., potrà ottenere sanatoria solo ove alleghi il consenso di tutti i condomini.

Ritenendo che la canna fumaria, realizzata sulla facciata dell’edificio, costituisse un intervento impattante sull’estetica dell’immobile p.ed. (omissis), il Comune, nel richiedere con lettera dd. 5.3.2015, n. prot. 16887 l’integrazione della documentazione prodotta, chiedeva anche la produzione del consenso unanime dei condomini proprietari dell’edificio in argomento.

A tale richiesta l’interessata forniva risposta con lettera dd. 30.3.2015, dando dimostrazione del consenso da parte dei condomini proprietari nella percentuale, su base millesimale, dei 2/3 dell’intera proprietà della p.ed. (omissis) anziché, come richiesto dal Comune, del consenso unanime degli stessi.

In carenza di un tanto, il Comune, con lettera dd. 13.04.2015, n. prot. 19669, comunicava alla R. G. S.r.l. i motivi ostativi al rilascio della concessione in sanatoria”

“Osserva il Collegio che l’impugnato provvedimento di rigetto si fonda sul presupposto che “L’installazione della canna fumaria per dimensioni e struttura, risulta essere intervento in facciata lesivo del decoro architettonico dell’edificio, necessitando del consenso condominiale all’unanimità dei comproprietari, non prodotto. La modifica dell’utilizzo dei locali al piano cantina da secondario a principale, che vede nell’installazione di un impianto tecnico e soprattutto, per quanto qui rilevante, di una canna fumaria un presupposto indispensabile, è conseguentemente respinta. Parimenti e per le stesse motivazioni respinta l’istanza di scissione del procedimento con rilascio di concessione edilizia parziale per la modifica di utilizzo dei locali al piano cantina da secondario a principale”.

Il rigetto viene dunque motivato in ragione del non comprovato consenso unanime dei proprietari della p.ed. (omissis)in ordine all’istanza di sanatoria della canna fumaria di espulsione all’esterno dei fumi prodotti nel locale interrato p.m. 12, trattandosi di intervento in facciata lesivo del decoro architettonico dell’edificio.

Ravvisando un rapporto di pregiudizialità della sanatoria della canna fumaria rispetto alla sanatoria della modifica dell’utilizzazione della p.m. 12 da accessorio (cantine) a principale (locale ricettivo ad uso principale, id est sala da pranzo e cucina), il Comune ha conseguentemente denegato anche la seconda e non ha accolto l’istanza di scissione del procedimento.

La ricorrente contesta la richiesta del Comune di allegare il consenso “unanime” dei condomini ed invoca la previsione di cui al primo comma dell’art. 1102 cc che stabilisce che “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”, deducendo che la maggioranza di 2/3 dei millesimi dei proprietari della p.ed. (omissis) (“Condominio (omissis)”) ha autorizzato il signor Ma. Ti. “al mantenimento dell’installazione del condotto di espulsione fumi ( ….. ) della cucina dell’attività ristorativa svolta nei locali ubicati nelle porzioni materiali n. 3 e n. 12 di proprietà dello stesso, in conformità alle prescrizioni dettate dall’Ufficio Igiene” (cfr. allegato al doc. n. 7).

Nel caso di specie, come dettagliatamente motivato nel contestato provvedimento, il Comune ritiene che la canna fumaria in argomento rechi pregiudizio al “decoro architettonico” dell’edificio p.ed. (omissis), trattandosi, diversamente dalle canne fumarie tradizionali, di un condotto di forma rettangolare avente le apprezzabili dimensioni di 700 x 350 mm. (con l’eventuale mascheratura proposta dalla ricorrente assumerebbe le maggiori dimensioni di 850 x 450 mm.), che si estende per un’altezza complessiva di 14,5 metri lineari.

Il suddetto condotto di espulsione fumi è stato realizzato “nell’angolo sud – est della facciata sud dell’edificio in p.ed(omissis), con fuoriuscita del condotto dalla p.m. 3 e con collegamento interno con la p.m. 12, p.ed. (omissis), (omissis), risp. nell’angolo nord – est della terrazza sulla p.ed. (omissis), tutte CC Merano” senza titolo abilitativo (cfr. doc. n. 4 del Comune).

Orbene, in base alla pacifica giurisprudenza, per “decoro architettonico” deve intendersi l’estetica dell’edificio, costituita dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico (cfr. Cass. Civ. 1718/2016; 10350/11; 27551/05), e per innovazione lesiva del decoro architettonico si intende non solo quella che alteri le linee architettoniche dell’edificio, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio (cfr. Cass. Civ. n. 20985/2014).

In ordine alla collocazione di canne fumarie sul muro perimetrale di un edificio la giurisprudenza amministrativa afferma che “l’art. 1102 c.c., relativo all’uso della cosa comune, va interpretato (per altro conformemente al costante orientamento del giudice civile) nel senso che il singolo condomino può apportare al muro perimetrale tutte le modificazioni che consentano di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini, ivi compreso l’inserimento nel muro di elementi estranei e posti al servizio esclusivo della sua porzione”, tuttavia non senza precisare “purché (un tanto n.d.r.) non impedisca agli altri condomini l’uso del muro comune e non ne alteri la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità” (cfr., Cassazione civ., 16.5.2000, n. 6341; Cons. Stato, V, n. 11/2006; TAR Veneto, Sez. II, n. 1540/2012; TAR Lazio – Latina, Sez. I, n. 413/2012; TAR Firenze, Sez. III, 28.10.2015, n. 1475).

Nel caso di specie, l’intervento in sanatoria, riferentesi alla canna fumaria, non consiste nella mera sostituzione, sic et sempliciter, di una canna di espulsione fumi già esistente in passato, bensì nella realizzazione di un nuovo manufatto, che si differenzia decisamente, per dimensioni ed estensione, dal precedente, e tale da assumere rilevanza sia per la vastità dell’intervento, sia per l’impatto sull’aspetto esteriore dell’edificio p.ed. (omissis).

Si tratta, pertanto, di un manufatto che, invero, coinvolge gli interessi e i diritti degli altri condomini sia perché pregiudica l’armonia e il decoro della facciata dell’edificio p.ed. (omissis) (cfr. TAR Ancona, 9.1.2015, n. 10), sia perché la funzione della canna di espulsione – che è quella di convogliare verso l’esterno fumi, vapori e odori vari derivanti, nel caso di specie, dall’utilizzo della cucina ubicata al piano interrato – incide sugli interessi e diritti dei condomini circostanti (TRGA Bolzano, 26.2.2015, n. 57).

È del resto pacifico che l’intervento edilizio richiesto in sanatoria dalla ricorrente coinvolge la proprietà comune, insistendo anche sulla facciata della p.ed. (omissis), che, per l’appunto, è comune ai proprietari delle singole unità immobiliari (art. 1117, comma 1, n. 1 cc).

Come affermato dalla giurisprudenza, la necessità di acquisire il previo assenso dei condomini risponde (anche) all’esigenza di prevenire controversie in ordine alla gestione della cosa comune ed alla potenziale lesione delle prerogative proprietarie (cfr. TAR Reggio Calabria, 6.2.2017, n. 85).

In riferimento alla relativa censura, osserva il collegio che la dimostrazione della disponibilità del consenso unanime dei condomini rientra, invero, nell’ambito dell’istruttoria preliminare tesa alla verifica della sussistenza, in capo al richiedente, della necessaria legittimazione ad ottenere il titolo edilizio (è opportuno precisare, per inciso, che si tratta di un’attività che, conformemente all’insegnamento della giurisprudenza, non ha comportato, nel caso di specie, alcun onere istruttorio eccessivo a carico dell’amministrazione).

Pertanto tale attività, riguardando la mera regolarità formale dell’istanza di concessione edilizia (nel caso di specie in sanatoria), si distingue da quelle elencate all’art. 70 L.U.P., soggette ex lege al parere della commissione edilizia comunale, cui spetta esprimersi riguardo agli aspetti urbanistici, edilizi e architettonici del progetto presentato dall’istante.”

© massimo ginesi 19 marzo 2018