locazione e forma scritta: quando la nullità è di protezione.

Una recente sentenza di merito (Trib. Massa 15 dicembre 2017) affronta il problema della forma scritta del contratto di locazione e della facoltà, concessa al conduttore in determinate ipotesi, di ottenere conversione di quel contratto in una forma rispondente alle previsioni di legge.

La vicenda fatto prende le mosse dalla concessione in godimento di alcuni mini appartamenti ad un soggetto per la stagione estiva in una località termale e turistica della Garfagnana, mentre la stipulazione del relativo contratto  di locazione subisce alcuni ritardi per ragioni legate alle certificazioni energetiche: “Risulta pacificamente che la signora M. sia stata immessa nella detenzione dei beni immobili dei convenuti all’inizio dell’estate 2016 e che costei abbia versato tre canoni di euro 750 ciascuno nei mesi di giugno, luglio e agosto, come peraltro pacificamente riconosce anche parte convenuta.
I convenuti negano di aver ricevuto altri pagamenti, mentre i documenti prodotti dalla attrice paiono attestare anche il pagamento di euro 750 per il mese di settembre, posto che fra le (non del tutto decifrabili) produzioni di parte attrice si rinvengono: un ordine di bonifico periodico in data 25 maggio 2016 con primo pagamento al 1.7.2017, documento che appare congruente con l’elenco storico dei versamenti in data 1.7.16, 1.8.16 e 1.9.16, ad un ordine di bonifico separato in data 3.6.2016, peraltro compatibile con il fatto che – come risulta dalla esposizione dei fatti resa da entrambe le parti – l’attrice avrebbe utilizzato il bene sin dal giugno 2016.
Ne deriva che lo schema contrattuale astrattamente posto in essere dalle parti è riconducibile alla fattispecie della locazione, che deve necessariamente rivestire forma scritta a pena di nullità ai sensi del dictum di Cass. SS.UU.18241/2015, principio interpretativo che – a mente dell’art. 1 comma 346 L. 30.12.2004 n. 311 – deve ritenersi valere per le locazioni destinate a soddisfare qualunque esigenza.

La tesi che il contratto di locazione, di qualunque natura, richieda forma scritta a pena di nullità è comunque risalente anche nella giurisprudenza di merito, che la  riconduce, ancor prima che alla L. 311/2004, all’art. 1 della L. 431/1998 (Trib. Trani 22.4.2008)

Posto che la forma scritta deve ritenersi requisito imprescindibile di  qualunque contratto di locazione, l’istanza della attrice di veder attuato il rimedio previsto dalla legge – per quelle ipotesi in cui la forma orale sia imposta dal locatore – risulta priva di fondamento.

Va tuttavia rilevato che tale nullità è ascritta alle c.d. nullità di protezione solo nella ipotesi di locazione destinata a soddisfare esigenze abitative ordinarie, come tale sottoposta a regime vincolistico circa durata ed entità del canone, ciò per espressa previsione del combinato disposto dagli artt. 3 comma 2 e 13 commi 6 e 4 L. 431/1998, come eprlatro si ricava agevolmente dalla pronuncia delle Sezioni unite sopra richiamata, che fa riferimento unicamente ai rapporti previsti dall’art. 3 comma 2 del testo normativo del 1998.

In ipotesi di contratto di locazione che non rientri in tale previsione normativa dovrà semplicemente accertarsi – anche d’ufficio – la nullità della pattuizione, senza che sia consentito al conduttore ottenere pronuncia giudiziale che valga in luogo del contratto non perfezionato.

L’onere di dimostrare che sussista la situazione di fatto sottesa al principio dettato dalle Sezioni Unite del 2015, sopra richiamate, incombe all’attore ex art 2697 I comma c.c. e non pare essere stato assolto dall’odierna ricorrente, né in ordine alla natura delle esigenze per cui è stato dato corso alla locazione priva di forma, né riguardo alla sussistenza di coercizione da parte del locatore in tal senso”

L’attrice, secondo il Tribunale, non ha dato prova degli elementi costitutivi della domanda e – in ogni caso – poichè il bene è risultato del tutto fuori legge per ciò che attiene alla parte impiantistica, con ordinanza sindacale che ne vieta l’uso, al domanda apparirebbe comunque non accoglibile anche sotto tale profilo: “la circostanza che l’immobile sia dotato di impianti elettrici e di riscaldamento che ne rendono del tutto impossibile l’uso anche temporaneo (peraltro oggi accertato – e vietato – espressamente da provvedimento pubblico ord. Comune F. 40/2017) rende di fatto impossibile l’oggetto del contratto, con ulteriore motivo di nullità ex art. 1346 c.c., attenendo ad aspetti che non incidono sulla liceità (che consente comunque la locazione, cass. 4228/1999) ma sulla possibilità della prestazione dedotta.

Circostanza che se da un lato costituisce ulteriore motivo di nullità rilevabile anche d’ufficio ex art. 1421 c.c., dall’altro impedisce al Giudice – anche a voler tacere della assenza di prova in ordine alla riconducibilità della fattispecie all’art. 13 L. 431/1998 – qualunque pronunzia in ordine al godimento di detto bene volta a sostituire l’inattività del proprietario”.

© massimo ginesi 3 gennaio 2018

locazione: la registrazione tardiva del contratto sana la nullità.

La giurisprudenza ha anche di recente affermato che la registrazione costituisce presupposto di validità del contratto e che, in sua assenza, la pattuizione è nulla e improduttiva di effetti.

Oggi ritorna sul tema, chiarendo che  se le parti procedono ad un registrazione  tardiva, l’adempimento è idoneo a sanare il vizio.

 Cass.civ. sez. VI 6 settembre 2017 n. 20858 afferma che  “il giudice di primo grado aveva ritenuto nullo il contratto di locazione originariamente stipulato dalle parti, in quanto non registrato, affermando che la registrazione operata dal conduttore nel 2014 non era ad esso riferibile, ma ad un diverso contratto, a sua volta nullo per difetto di forma scritta.

La corte di appello – in accoglimento peraltro del gravame dello stesso L. – lo ha, al contrario, espressamente considerato valido, dichiarando nulla (in quanto simulata) solo la clausola relativa alla sua transitorietà.

Ha di conseguenza accertato la sussistenza di una ‘locazione abitativa ordinaria’ con decorrenza dal 1 dicembre 2007 (e scadenza al 30 novembre 2015), avendo escluso la stipulazione di un diverso successivo contratto verbale, e avendo ritenuto configurabile un ‘contratto unico, pur non registrato (se non successivamente, nel gennaio 2014, subito dopo l’introduzione del presente giudizio) all’epoca’.

Ha cioè (implicitamente, ma inequivocabilmente) ritenuto che la registrazione tardiva del contratto di locazione originariamente stipulato dalle parti non fosse di ostacolo all’accertamento della sua validità.

Sotto questo aspetto, la decisione è conforme al recente indirizzo di questa Corte (specificamente riferito alle locazioni per uso commerciale, ma in base ad un principio valido anche in relazione a quelle per uso abitativo) secondo cui ‘in tema di locazione immobiliare (nella specie per uso non abitativo), la mancata registrazione del contratto determina, ai sensi dell’art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004, una nullità per violazione di norme imperative ex art. 1418 c.c., la quale, in ragione della sua atipicità, desumibile dal complessivo impianto normativo in materia ed in particolare dalla espressa previsione di forme di sanatoria nella legislazione succedutasi nel tempo e dall’istituto del ravvedimento operoso, risulta sanata con effetti ‘ex tunc’ dalla tardiva registrazione del contratto stesso, implicitamente ammessa dalla normativa tributaria, coerentemente con l’esigenza di contrastare l’evasione fiscale e, nel contempo, di mantenere stabili gli effetti negoziali voluti dalle parti, nonché con il superamento del tradizionale principio di non interferenza della normativa tributarla con gli effetti civilistici del contratto, progressivamente affermatosi a partire dal 1998′ (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10498 del 28/04/2017, Rv. 644006 – 01).

È opportuno sottolineare che, secondo quanto espressamente precisato nella decisione appena richiamata, quella della nullità del contratto non registrato costituisce fattispecie differente rispetto a quella (presa in considerazione dalla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n. 18213 del 17/09/2015, Rv. 636471 – 01) che si determina in caso di pattuizioni volte a determinare un canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato, laddove sussista cioè tra le parti un vero e proprio accordo simulatorio in relazione all’entità del canone, onde ad essa non è comunque applicabile l’art. 13, comma 1, della legge 9 dicembre 1998 n. 431, invocato dal ricorrente, e riguardante esclusivamente tale diversa fattispecie.”

© massimo ginesi 11 settembre 2017