la lavascale che vive nel condominio non può rivendicare la retribuzione del portiere.

Lo ha stabilito la Suprema Corte (Cass. sez. lav.  ord. 3 ottobre 2017 n. 23049) a fronte delle richieste di un soggetto che, avendo prestato attività lavorativa come lava scale per molti anni in favore del Condominio, rivendicava il riconoscimento del contratto di portierato e la corresponsione delle relative retribuzioni.

 La donna fondava la propria richiesta sulla circostanza che, nel corso degli anni, era stata presente in condominio in orari diversi da quelli destinati alla pulizia delle scale.

Il Tribunale di Lecco in funzione di giudice del lavoro, e poi la Corte di appello di Milano avevano ritenuto insufficienti tali presupposti, poiché non risultava dimostrato lo svolgimento di funzioni diverse rispetto a quelle indicate nelle lettere di assunzione come lava scale,  mentre la presenza della donna nell’edificio condominiale in orari diversi da quelli lavorativi era assolutamente compatibile con il fatto che il Condominio le aveva concesso di vivere in un appartamento comune, con esonero dalle spese, circostanza che i giudici hanno considerato come manifestazione di disponibilità e vantaggio reciproco ma inidonea – in assenza di prova specifica – a dimostrare, da sola, l’esistenza di un rapporto di portierato.

© massimo ginesi 5 ottobre 2017