infiltrazione da lastrico solare esclusivo: legittimazione passiva per i danni.

 

La cassazione (Cass.civ. sez. II  ord. 17 gennaio 2020 n. 951) richiama il dettato  delle sezioni unite del 2016 in tema di infiltrazioni da lastrico solare, con riguardo ad una vicenda che vedeva dani causati al sottostante appartamento condotto in locazione: “la Corte d’appello di Napoli, con la sentenza di cui in epigrafe, riformata la sentenza di primo grado, accolto l’appello principale di D.G.M.I. e quello incidentale di R.E. , condannò il Condominio di (omissis) e la D.G. a corrispondere alla R. la complessiva somma di Euro 4.187,03, oltre rivalutazione e interessi, ponendone 2/3 a carico del condominio e 1/3 a carico della D.G. ;
purgata la narrazione delle vicende di primo e secondo grado che oramai hanno perso d’attualità è bastevole osservare che la condanna afferiva al risarcimento del danno procurato all’interno dell’abitazione, di proprietà della D.G. e condotto in locazione dalla R. , da infiltrazioni di acqua piovana provenienti dalla terrazza di copertura dell’edificio condominiale, di proprietà esclusiva della D.G. “

Il giudice di legittimità rileva che “con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1126, 1130, 1131 e 1578 c.c., art. 1585 c.c., comma 2, artt. 2043 e 2051 c.c. e degli artt. 81, 91, 111, 279, 323 e 362 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; nonché “insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio”, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5;
– questa, in sintesi, liberata l’esposizione dal sovrabbondante e non pertinente richiamo a larga parte della congerie di norme sopra riportate e dalla denunzia di un vizio motivazionale non previsto dalla legge:
– la ricorrente afferma che dei danni derivanti dal lastrico solare, senza che rilevi la circostanza che di esso ne sia proprietaria esclusiva la medesima, deve essere chiamato a rispondere il solo condominio;

considerato che la doglianza è destituita di giuridico fondamento: a) questa Corte a Sezioni Unite ha chiarito che, in tema di condominio negli edifici, qualora l’uso del lastrico solare (o della terrazza a livello) non sia comune a tutti i condomini, dei danni da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario, o l’usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio in forza degli obblighi inerenti l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull’amministratore ex art. 1130 c.c., comma 1, n. 4, nonché sull’assemblea dei condomini ex art. 1135 c.c., comma 1, n. 4, tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria; il concorso di tali responsabilità va di norma risolto, salva la rigorosa prova contraria della specifica imputabilità soggettiva del danno, secondo i criteri di cui all’art. 1126 c.c., che pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio (sentenza n. 9449 del 10/05/2016, Rv. 639821; conf., Sez. 2, n. 3239, 7/2/2017);
b) in secondo luogo il locatore (nella specie la ricorrente) deve mantenere la cosa locata “in istato da servire all’uso convenuto” (art. 1574 c.c., n. 2) e, pertanto, la D.G. , fermi i suoi rapporti col condominio, restava obbligata nei confronti della conduttrice”

© massimo ginesi 22 gennaio 2020

terrazze a livello e lastrici solari sono comuni ex art. 1117 cod.civ., se il titolo non dispone diversamente.

La Suprema Corte  (Cass.civ. sez. II ord. 23 agosto 2017, n. 20287  Rel. Scarpa) ribadisce un orientamento consolidato in tema di coperture piane del fabbricato, con una motivazione che – seppur in sintesi – traccia con grande efficacia i contorni della materia.

Il fatto e la vicenda processuale: “La Corte d’Appello di Napoli ha riformato la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 21/11/2006 ed ha accolto in parte la domanda, proposta da C.O. , C.R. e C.G. con citazione del 28/04/1997, ordinando a G.M. di rimuovere i manufatti (veranda e relativi paletti di sostegno, muretto portante una stufa, cancello di accesso) realizzati sul lastrico di copertura dei locali terranei di proprietà C. , adibiti ad esercizio commerciale e siti in (omissis) .

In citazione, come si legge nella sentenza impugnata, gli attori avevano allegato che l’area di copertura dei locali terranei di loro proprietà fosse costituita in parte da lastrico impraticabile e per la residua parte da “terrazzo in uso esclusivo del sig. G.M. “.

Ha affermato la Corte d’Appello che in tal modo gli attori C. avessero riconosciuto al G. solo l’”uso di fatto” della parte adibita a terrazza, e non anche “il titolo giuridico a possedere”.

Il Ctu, si legge ancora nella sentenza impugnata, aveva verificato come il locale terraneo di proprietà C. avesse uno sviluppo di circa 160 mq, mentre il terrazzo pertinente l’appartamento di proprietà G. , avente uno sviluppo complessivo di circa 190 mq, si sovrappone all’immobile C. per circa 110 mq, e la residua superficie di copertura del terraneo è non praticabile. Sempre il Ctu aveva accertato che l’appartamento G. ha un terrazzo che insiste in parte su fabbricato adiacente con titolarità differente e che l’accatastamento della porzione di terrazzo collegata all’appartamento era avvenuta senza titolo di provenienza.

I giudici di appello hanno così concluso che, non avendo il G. allegato e provato un titolo di acquisto della proprietà superficiaria, la porzione di lastrico sovrastante i terranei di proprietà C. fosse stata abusivamente occupata dal G. con le opere denunciate, “non potendo detta porzione di lastrico, benché di fatto in uso al G. , qualificarsi né comune ex art. 1117 c.c., né di proprietà esclusiva del convenuto”

I principi riaffermati dal giudice di legittimità: “La Corte d’Appello di Napoli, nell’ambito dell’indagine, spettante ai giudici del merito, diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non si è uniformata al tenore meramente letterale della citazione (nella quale, come visto, gli attori avevano allegato l’esistenza di un “terrazzo in uso esclusivo del sig. G.M. “), ma, per converso, avendo riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dagli istanti, ha concluso che gli attori C. riconoscessero al G. un mero “uso di fatto” della parte adibita a terrazza, vantandosi, pertanto, pieni proprietari dell’area abusivamente occupata dai convenuti.

Ciò premesso, in termini di prova, la sentenza impugnata ha penalizzato il G. per non aver egli allegato e provato un titolo di acquisto della proprietà esclusiva della terrazza sovrastante i terranei C. , negando altresì che la stessa potesse presumersi come comune agli effetti dell’art. 1117 c.c..

Nella sua decisione, la Corte d’Appello ha così malamente applicato l’art. 1117 c.c., alla stregua dell’interpretazione affermata da Cass. Sez. 2, 22/11/1996, n. 10323, che il Collegio intende qui ribadire.

Invero, l’art. 1117, n. 1, c.c. menziona tra i beni comuni i tetti ed i lastrici solari, i quali sono parti essenziali per l’esistenza del fabbricato, in quanto per la struttura e per la funzione servono da copertura all’edificio e da protezione per i piani o per le porzioni di piano sottostanti dagli agenti atmosferici, mentre tale disposizione non fa espresso riferimento alle terrazze a livello, le quali, tuttavia, pur offrendo rispetto al lastrico utilità ulteriori, quali il comodo accesso e la possibilità di trattenersi, svolgono altresì le medesime funzioni di copertura dell’edificio e di protezione dagli agenti atmosferici, e devono perciò ritenersi di proprietà comune proprio ai sensi dell’art. 1117, n. 1, c.c., rimanendo attribuite in condominio ai proprietari delle singole unità immobiliari.

Tale identità di funzione tra terrazza a livello e lastrico solare è, del, resto alla base della comune pacifica applicazione ad entrambi dell’art. 1126 c.c.

Quest’ultima norma, nel prevedere la possibilità di “uso esclusivo” del lastrico solare o della terrazza (espressione identica a quella adoperata dagli attori in citazione), non specifica la natura giuridica di tale diritto, il quale può avere carattere reale o personale, ma deve comunque risultare dal titolo; in mancanza di titolo attributivo di un siffatto uso esclusivo, ha vigore la regola generale del regime di comunione, dato che la superficie (della terrazza – lastrico solare) serve pur sempre a coprire i vani sottostanti dell’edificio condominiale, e che tale regime non è escluso dal solo fatto che dal bene uno o più comproprietari traggano utilità maggiori rispetto agli altri (così Cass. Sez. 2, 09/08/1999, n. 8532; Cass. Sez. 2, 21/05/1974, n. 1501).

È del resto ammissibile, per quanto si desume dall’art. 61 disp. att. c.c., che, pur in presenza di fabbricati che presentino elementi di congiunzione materiale, allorché vengano costituiti condomini separati per le parti aventi i connotati di autonomi edifici, uno dei titolari di porzioni esclusive si ritrovi proprietario di un immobile ricadente in entrambi i condomini (arg. da Cass. Sez. 6 – 2, 23/03/2017, n. 7605; Cass. Sez. 2, 01/03/1995, n. 2324; Cass. Sez. 2, 07/08/1982, n. 4439).

In definitiva, la deroga all’attribuzione legale al condominio e l’attribuzione in proprietà o uso esclusivo della terrazza a livello possono derivare solo dal titolo, mediante espressa disposizione di essi nel negozio di alienazione, ovvero mediante un atto di destinazione da parte del titolare di un diritto reale.

Non è determinante considerare la terrazza a livello come pertinenza dell’appartamento da cui vi si accede, in quanto ciò supporrebbe l’autonomia ontologica della terrazza e l’esistenza del diritto reale su di essa, che consenta la sua destinazione al servizio dell’appartamento stesso, in difformità dall’attribuzione ex art. 1117 c.c., laddove, a norma dell’art. 819 c.c., la destinazione al servizio pertinenziale non pregiudica i diritti dei terzi, e quindi, non può pregiudicare i diritti dei condomini sulla cosa comune.

D’altro canto, la Corte di Napoli, una volta interpretata la domanda come un’azione di rivendica, in quanto fondata sull’affermazione della proprietà della terrazza di copertura in capo agli attori, e rivolta nei confronti di chi detenesse “di fatto” la cosa per ottenerne la restituzione, avrebbe dovuto onerare proprio gli attori di fornire la rigorosa prova piena del loro diritto esclusivo, dimostrando il loro titolo di acquisto e quello dei loro danti causa, sino ad arrivare ad un acquisto a titolo originario.”

La sentenza di merito è dunque cassata con rinvio ad altra sezione della stessa Corte di appello.

© massimo ginesi 30 agosto 2017

utilizzo del lastrico solare comune da parte del singolo condomino

La Cassazione ( Cass.civ. sez.VI 28 giugno 2017 n. 16260 rel. Scarpa) fornisce una lettura ampia e orientata al principio di solidarietà dell’art. 1102 cod.civ.

Una condomina trasforma la propria finestra in porta finestra per accedere al lastrico comune, che dota di ringhiera e occupa con alcuni arredi da giardino.

Il Condominio si duole che tale iniziativa costituisca illecito utilizzo del bene comune in quanto idoneo a sottrarlo al pari uso degli altri condomini e come tale costituirebbe violazione del  disposto dell’art. 1102 cod.civ.

Questa corte ha più volte affermato come l’uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è sottoposto, secondo il disposto dell’articolo 1102 c.c., a due fondamentali limitazioni, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nell’obbligo di consentire un uso paritetico gli altri condomini.

Simmetricamente, la norma in parola,  intesa, altresì, ad assicurare al singolo partecipante, quanto all’esercizio concreto del suo diritto, le maggiori possibilità di godimento della cosa, legittima quest’ultimo entro i limiti ora ricordati a servirsi di essa anche per fini esclusivamente ai propri, traendone ogni utilità, non potendosi intendere la nozione di uso paritetico in termini di assoluta identità di utilizzazione della res, poiché una lettura in tal senso della norma de qua, in una dimensione spaziale o temporale, comporterebbe sostanziale divieto, per ciascun qua il domino, di fare, della cosa comune, qualsiasi uso particolare a proprio vantaggio.

I rapporti condominiali, invero, sono informati al principio di solidarietà il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione. Ne consegue che qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non possono fare un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che, in una materia in cui è prevista la massima espansione dell’uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini è data dagli interessi altrui, i quali, pertanto, costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possono volere accrescere il pari uso cui hanno diritto.

…i giudici del merito non hanno considerato che il più ampio uso del bene comune, da parte del singolo condomino, non configura ex se una lesione o menomazione dei diritti degli altri partecipanti, ove, ad esempio esso trovi giustificazione  nella conformazione strutturale del fabbricato (giacché, come sosteneva la stessa appellante, trattasi di lastrico solare al quale sia possibile accedere da uno solo degli appartamenti di proprietà esclusiva)”

il giudice di legittimità  cassa con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma che dovrà accertare in concreto se la misura dell’utilizzo posta in essere dalla condomina sia idoneo a pregiudicare la funzione di copertura del lastrico o abbia sottratto in maniera irrimediabile la porzione ad ogni possibile futuro utilizzo dei condomini.

© massimo ginesi 29 giugno 2017

lastrico solare e art. 1126 cod.civ.: ai fini della spesa non rilevano le parti comuni coperte

 

L’art. 1126 cod.civ. prevede che, ove il lastrico solare sia di proprietà esclusiva, un terzo della spesa per la sua riparazione competa al proprietario e due terzi ai condomini cui il lastrico funge da copertura, quindi a coloro le cui unità immobiliari sono poste nella colonna sottostante.

A tal fine rileva unicamente la posizione delle unità poste nella proiezione verticale del lastrico, non avendo alcun rilievo la circostanza che in tale porzione siano ricomprese parti comuni. E’ dunque erronea la sentenza che ha condannato a contribuire alle spese tutti i condomini sull’assunto che il lastrico fungesse da copertura anche alle parti comuni.

Lo ha stabilito Cass. civ. Sez. VI-2 10 maggio 2017 n. 11484 rel Scarpa.

“L’art. 1126 cod.civ., obbligando a partecipare alla spesa relativa alle riparazione del lastrico solare di uso esclusivo, nella misura di due terzi, “tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve”, si riferisce evidentemente a coloro ai quali appartengono unità immobiliare di proprietà individuale comprese nella proiezione verticale del manufatto da riparare o ricostruire, alle quali, pertanto, esso funge da copertura, con esclusione dei condomini ai cui appartamenti il lastrico solare non sia sovrapposto.

Come meglio ancora spiegato da Cass. civ. sez. II  n. 2821 del 16/7/1976, l’obbligo di partecipare alla riparazione dei cennati due terzi della spesa non deriva, quindi, dalla sola, generica, qualità di partecipante del condominio, ma dall’essere proprietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico oggetto della riparazione.

Del resto è  pressoché inevitabile che la terrazza a livello o il lastrico di uso esclusivo coprano altresì una o più parti che siano comuni a tutti condomini, e non solo a quelli della rispettiva ala del fabbricato, come ad esempio il suolo su cui sorge l’edificio, la facciata, le fondazioni, ma se bastasse ciò per chiamare a concorrere alle spese del bene di copertura tutti i condomini, l’articolo 1126 c.c. non avrebbe alcuna pratica applicazione.

Giacché, peraltro, l’articolo 1126 c.c. non è compreso tra le disposizioni inderogabili richiamate dall’articolo 1138 c.c., certamente il regolamento del condominio può stabilire la ripartizione delle relative spese in modo pattizio, pure ponendo le stesse a carico di tutti i condomini, ma a tal fine occorre che sia adottata una convenzione espressa di deroga al criterio legale.

© massimo ginesi 11 maggio 2017

lastrico solare di proprietà esclusiva: la cassazione conferma che il diritto può nascere anche per testamento.

La Cassazione (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 10 aprile 2017, n. 9227 rel Scarpa) ribadisce un  concetto già affermato un mese fa.

In caso di frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento, dall’originario unico proprietario ad altri soggetti, di alcune unità immobiliari, si determina una situazione di condominio per la quale vige la presunzione legale di comunione “pro indiviso” di quelle parti del fabbricato che, per ubicazione e struttura, siano – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso: ciò sempre che il contrario non risulti dal titolo, che ben può essere costituito, come nella specie, da un testamento, ove questo, cioè, dimostri una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente ad uno dei condomini la proprietà di dette parti e di escluderne gli altri (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16292 del 19/11/2002; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2328 del 27/06/1969).

Il lastrico solare, ai sensi dell’art. 1117 c.c., è oggetto di proprietà comune dei diversi proprietari dei piani o porzioni di piano dell’edificio, ove, appunto, non risulti il contrario, in modo chiaro ed univoco, dal titolo.

La Corte d’Appello ha escluso la presunzione di proprietà comune del lastrico solare ex art. 1117 c.c., ritenendo che l’attribuzione fatta dal testatore M.P. all’erede M.I. dell’”area sovrastante il primo piano dove io abito” fosse comprensiva del lastrico solare sovrastante l’appartamento sito al secondo piano, attribuito alla stessa, ed ha perciò supposto che dal titolo che segnava la nascita del condominio emergesse un elemento testuale che negava l’esistenza di un diritto di comunione sul lastrico.

È noto, del resto, che lo spazio sovrastante il suolo o una costruzione non costituisce un bene giuridico suscettibile di autonomo diritto di proprietà, ma configura la mera proiezione verso l’alto delle suddette entità immobiliari e, formalmente, la possibilità di svolgimento delle facoltà inerenti al diritto dominicale sulle medesime (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25965 del 23/12/2015, non massimata). La qualificazione operata dalla Corte di merito ha ravvisato nell’espressione della volontà testamentaria l’intenzione di assegnare a M.I. anche la proprietà autonoma dell’area solare di calpestio.

E l’indagine diretta a stabilire, attraverso l’interpretazione dei titoli d’acquisto, se sia o meno applicabile, ad un determinato bene, la presunzione di comproprietà di cui all’art. 1117 c.c., costituisce un apprezzamento di fatto spettante alle prerogative esclusive del giudice di merito, rimanendo incensurabile in sede di legittimità se non per eventuali vizi di motivazione della sentenza (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 40 del 07/01/1978; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3084 del 03/09/1976).”

© massimo ginesi 12 aprile 2017