vendita di immobili da costruire e cancellazione di ipoteca. D.lgs. n. 122/2005

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La Suprema Corte affronta un caso peculiare con una pronuncia innovativa (Cass. civ. II sez. 1 dicembre 2016 n. 24535, relatore Antonio Scarpa).

La vicenda arriva all’esame del giudice di legittimità in forza del  ricorso di un notaio che si è visto irrogare dalla Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina per i Notai una pesante sanzione “per aver rogato quindici atti di assegnazione di immobili della Cooperativa edilizia C… M…. ai soci, annotati al numero 47… della raccolta e seguenti, recanti l’impegno della Cooperativa assegnante, per la presenza di un mutuo frazionato ma non estinto, a cancellare l’ipoteca gravante sugli immobili assegnati “stante che il debito relativo alla suddetta ipoteca non compete all’assegnatario, avendo lo stesso interamente pagato il corrispettivo dovuto per la presente assegnazione”

L’organo disciplinare del professionista assumeva violata la norma prevista dall’art. 8 del d.lgs. 20 giugno 2005, n.122 e la Corte di Appello di Ancona, cui il notaio aveva proposto reclamo a mente dell’art. 158 Legge Notarile e dell’art. 26 del d. lgs. n. 150/2011, ha affermato che “la norma di cui all’art. 8, , facendo divieto al notaio di procedere alla stipula dell’atto di compravendita se, anteriormente o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell’ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull’immobile, non contiene alcun limite applicativo riferibile ai soli immobili da costruire, e perciò ben poteva invocarsi con riguardo agli atti di assegnazione della Cooperativa Coopcasa, inerenti immobili ultimati e per i quali era già stato conseguito il certificato di abitabilità. Di tale interpretazione della citata norma la Corte di merito negava pure ogni incostituzionalità per eccesso di delega. Il giudice del reclamo, sotto il profilo temporale, affermava altresì che l’art. 8 del d.lgs. n. 122/2005 dovesse trovare applicazione per tutti gli atti stipulati a far tempo dalla sua entrata in vigore”

“La Corte di Ancona sosteneva, inoltre, che l’infrazione del precetto in esame ricorresse anche nell’ipotesi in cui si fosse già provveduto al frazionamento del mutuo e dell’ipoteca, essendosi proceduto alla stipula degli atti di assegnazione quando comunque mancava ancora un titolo per la cancellazione o il frazionamento dell’ipoteca”

Dunque, per il giudice di merito, il divieto di stipulazione previsto dall’art. 8 del D. Lgs 122/2005 doveva intendersi riferito a tutti gli immobili, sia che gli stessi fossero ancora da costruire sia che fossero già esistenti, ma non ancora liberati dal pregiudizio.

LA Suprema Corte, attraverso una esemplare  applicazione dei criteri previsti dall’art. 12 delle Preleggi, procede ad una esegesi del dettato normativo che non si limita alla singola previsione ma allarga la visione all’intero provvedimento, alla ratio che vi è sottesa e allo scopo perseguito dal legislatore.

Alla luce di tale ampia lettura accoglie il ricorso del professionista,  con  motivazione che merita integrale lettura: “Com’è noto, il decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, recante disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, è stato dettato in attuazione della delega contenuta nella legge 2 agosto 2004, n. 210.

L’art, 3 della legge n. 210/2004, contenente i principi e criteri direttivi della delega legislativa, al punto n), stabiliva che il decreto legislativo delegato dovesse “prevedere norme dirette a rendere effettivo il diritto dell’acquirente al perfezionamento degli atti indicati all’articolo 39, comma 6, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e all’eventuale cancellazione dell’ipoteca o del pignoramento gravante sull’immobile da costruire, assicurando che gli atti che permettono l’esecuzione delle formalità nei registri immobiliari siano posti in essere prima della stipula dell’atto definitivo di compravendita, o contestualmente alla stessa”.

Quindi il decreto legislativo n. 122/2005 nella sua epigrafe chiarisce che il provvedimento è volto a fissare “disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire”.  Proseguendo, all’art. 1 del decreto delegato sono esplicitate le definizioni di «acquirente» e «costruttore» successivamente adoperate nel testo, entrambe contenenti il riferimento agli «immobili da costruire», a loro volta definiti come «gli immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità». Così, la disciplina degli artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 122/2005 (in tema di garanzia fideiussoria ed assicurazione) è indubbiamente correlata ai contratti che abbiano come «finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le mede.sime finalità».

Questa Corte ha perciò già chiarito come il d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, detta una disciplina di tutela dell’acquirente o del promissario acquirente di immobili da costruire in ragione dell’elevato rischio di inadempienze della parte alienante ovvero del pericolo di sottoposizione del costruttore ad esecuzione immobiliare o a procedura concorsuale, trovando però applicazione, in forza del contenuto defmitorio di cui all’art. 1, comma 1, lettera d), soltanto riguardo agli immobili per cui, da un lato, sia stato già richiesto il permesso di costruire (o, se del caso, sia già stata presentata la denuncia di inizio attività, ex art. 22, comma 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) e che, dall’altro lato, non siano stati oggetto di completamento e per i quali, dunque, non sia stato ancora richiesto il relativo certificato di agibilità (nella specie, escludendo l’estensione della disciplina di tutela recata dal citato d.lgs. n. 122 del 2005 all’acquirente o promissario acquirente di immobile esistente “sulla carta”, sprovvisto, cioè, pure ancora della richiesta del permesso di costruire: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5749 del 10/03/2011).

Ora, l’art. 8, del d.lgs. n. 122/2005, su cui è fondata la contestazione disciplinare al Notaio S…, stabilisce che «il notaio non può procedere alla stipula dell’atto di compravendita se, anteriormente o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto alla suddivisione de/finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o ,frazionamento dell’ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull’immobile». La formulazione della norma è tale che ne sono state offerte contrapposte interpretazioni, nel senso che essa vieterebbe ogni ipotesi di trasferimento di immobile, finito o ancora da costruire, gravato da ipoteca o da pignoramento, esista o meno un precedente contratto preliminare; oppure nel senso che la norma medesima si applicherebbe soltanto in caso di ipoteca iscritta a garanzia del mutuo contratto da un costruttore, il quale intenda vendere un immobile da costruire a una persona fisica; o che la norma sia diretta, piuttosto, a limitare la stipula di atti di compravendita solo se gli stessi abbiano per oggetto unità immobiliari facenti parte di edifici condominiali gravati da ipoteca a garanzia di unico finanziamento, concesso per l’intero complesso condominiale, e ciò sino a che l’intero finanziamento non sia stato ripartito in quote corrispondenti alle singole unità o non sia stato conseguito un titolo per la cancellazione dell’ipoteca o dell’eventuale pignoramento già eseguito.

Risulta però corretta un’interpretazione coordinata, logica e sistematica, della portata dell’art. 8 del d.lgs. n. 122/2005, ponendo lo stesso in necessaria correlazione con l’ambito di estensione delle altre disposizioni del medesimo testo normativo. La Relazione illustrativa al decreto legislativo ravvisava uno stretto legame tra l’art. 8 e l’art. 7 del d.lgs. n. 122/2005. L’art. 7, d.lgs. n. 122/2005, ha introdotto modificazioni all’articolo 39 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario),ampliando, in caso di edificio o complesso condominiale, ancorché in corso di costruzione, il novero dei soggetti (non soltanto debitore e terzo acquirente, ma anche promissario acquirente o assegnatario del bene ipotecato) aventi diritto alla suddivisione del finanziamento in quote e, correlativamente, al frazionamento dell’ipoteca a garanzia, nonché ridefinendo gli adempimenti cui deve provvedere la banca. A proposito dell’art. 8 cit., così, la Relazione esplicitava “il dichiarato proposito di evitare che le previsioni normative non trovino concreta applicazione”, intendendo salvaguardare, mediante il divieto di stipulazione, il diritto dell’acquirente ad ottenere prima dell’acquisto il frazionamento del finanziamento e della relativa garanzia ipotecaria, ovvero la cancellazione delle formalità pregiudizievoli. Letto, pertanto, nel contesto del d.lgs. n. 122/2005, ed in particolare alla luce dell’epigrafe del decreto delegato, delle definizioni contenute nell’art. 1, della correlazione con l’art. 7, del chiaro riferimento all’immobile da costruire fatto nell’art. 3, punto n), della legge di delega n. 210/2004, il divieto di stipula di cui all’art. 8 non può che ritenersi operante per gli atti di compravendita che vedano come «acquirente» (o promissaria acquirente) una persona fisica, come venditore (o promittente alienante) un «costruttore», ovvero un imprenditore o una cooperativa edilizia, e cha abbiano ad oggetto un «immobile da costruire», ovvero un immobile per il quale sia stato richiesto il permesso di costruire e che sia ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata, versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità.

Il divieto di stipula contenuto nell’art. 8 si inserisce, invero, tra le disposizioni volte alla tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, le quali presuppongono una condizione particolare di asimmetria giuridica od economica tra il venditore e l’acquirente e perciò giustificano la specialità del trattamento legislativo. Al di fuori dei requisiti oggettivi e soggettivi di operatività del d.lgs. n. 122/2005, continua, pertanto, ad operare il generale principio della libera circolazione dei beni immobili gravati da ipoteca o da pignoramento, pur permanendo i vincoli pregiudizievoli sul bene.”

© massimo ginesi 1 dicembre 2016

parcheggi condominiali, valgono titolo e legge vigente all’epoca della costruzione

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Gli spazi destinati a parcheggio sono fra i temi di maggior constrasto nella vita condominiale, sia per ciò che attiene alla loro regolamentazione ed utilizzo che per la complessa legislazione che si è succeduta nel tempo, con  riflessi diversi anche sulla loro circolazione quali beni autonomi: Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 aprile – 30 giugno 2016, n. 13445 Presidente Migliucci – Relatore Bianchini.

I fatti: “L.E. citò innanzi al Tribunale di Bari la spa N.G.I., dalla quale aveva acquistato un appartamento e le relative parti comuni, nello stabile sito in (omissis) , perché fosse accertato il suo diritto all’utilizzo di uno spazio a parcheggio – alternativamente: a titolo di proprietà; di comproprietà condominiale; quale esplicazione di un diritto di servitù o come diritto reale d’uso di cui all’art. 18 delle legge 765/1967- sito nel seminterrato dell’edificio condominiale; chiese inoltre di esser risarcita dei danni subiti, atteso che la privazione dell’esercizio del diritto a parcheggio l’avrebbe costretta a prendere in affitto apposito spazio. La società convenuta si oppose all’accoglimento della domanda con l’osservare che nella vendita dell’appartamento non veniva fatta menzione del trasferimento di un qualsiasi diritto sullo spazio in questione. “

Le pronunce di merito: “il Tribunale riconobbe in favore della L. il solo diritto reale d’uso richiesto in via subordinata, liquidando anche il danno per la mancata disponibilità dell’area; respinse inoltre la domanda riconvenzionale subordinata, volta al riconoscimento alla venditrice di una integrazione del prezzo. La Corte di Appello di Bari, adita in via principale dalla N.G.I. ed in via incidentale dalla L., statuì non esservi stata una pronuncia ultra petita – in ragione del fatto che il primo giudice aveva riconosciuto in favore dell’attrice un diritto di uso oneroso e non già, come richiesto, a titolo gratuito- richiamando la interpretazione di legittimità sui diritti autodeterminati e sulla conseguente non vincolatività per l’interprete del titolo posto a base della domanda; negò che potesse applicarsi la sopravvenuta legge 246/2005 che stabiliva che gli spazi a parcheggio potessero essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle unità abitative; riconobbe in favore dell’appellante principale il diritto all’integrazione del prezzo di vendita, espressamente richiamando l’esigenza di ristabilire -se del caso, anche d’ufficio- il sinallagma contrattuale; aumentò altresì la stima del valore dello spazio a parcheggio, rispetto a quella formulata dal consulente di ufficio; riformò infine anche il capo di decisione relativo alla quantificazione del danno liquidato L. in quanto ritenne che il riconoscimento del danno emergente – commisurato al canone per la locazione di un parcheggio – non potesse essere aggiunto a quello per il lucro cessante, atteso che la originaria attrice, se avesse avuto tempestivamente la disponibilità del parcheggio, o non avrebbe sopportato le anzidette spese o avrebbe goduto di un reddito per la locazione a terzi dello spazio in questione, non potendo invece trovare realizzazione contemporanea le due ipotesi risarcitorie. Quanto all’appello incidentale – per quello che conserva di interesse in sede di legittimità – la Corte di Appello ritenne applicabile alla fattispecie il regime dettato dall’art. 2 della legge n. 122 del 1989 che stabiliva la inalienabilità degli spazi a parcheggio in modo autonomo rispetto all’unità abitativa alla quale appartenevano, in ciò distinguendosi dalla precedente disciplina – art. 18 della legge 765 del 1967 – così dunque escludendo, tra l’altro, la possibilità che gli spazi in questione potessero rientrare nella previsione di afferenza condominiale secondo quanto disposto dall’art. 1117 cod. civ. – nella formulazione all’epoca vigente – o che, come pure richiesto dall’appellata, potesse alla stessa riconoscersi la piena proprietà o comproprietà sugli stessi spazi.”

La Corte di legittimità cassa con rinvio ad altra sezione della corte di appello osservando che: ” Il primo motivo è fondato, atteso che la legge n. 122/1989 disciplina gli atti di disposizione relativi a spazi a parcheggio realizzati dopo la sua entrata in vigore, mentre nella fattispecie in esame è rimasto accertato che l’edificio in cui era stato ricavato il parcheggio era stato costruito nel 1968 e l’appartamento alienato alla ricorrente aveva formato oggetto di vendita del 7 agosto 1998; la contestata interpretazione avrebbe dunque comportato l’attribuzione di una efficacia retroattiva alla legge – così contravvenendosi al disposto dell’ars 11 delle c.d. preleggi – altresì violando le norme che stabiliscono un nesso pertinenziale tra bene principale e spazio a parcheggio (artt. 26, comma V della legge 47/1985). L’erronea individuazione del referente normativo, in luogo dell’art. 18 della legge n. 765/1967, lascia dunque aperta la possibilità, per il giudice del rinvio, cassata in parte qua la gravata decisione, di una divergente delibazione dell’atto di trasferimento dell’appartamento alla L. , al fine di verificare se la inesistenza di una riserva di proprietà in capo al venditore degli spazi a parcheggio, unita alla considerazione della locazione a terzi dell’intero piano seminterrato, da epoca precedente alla compravendita (per come riportato a fol. 37 del controricorso ed a fol. 5 delle memorie ex art. 378 cpc), consentano il riconoscimento del più ampio diritto di comproprietà ex art. 1117 cod. civ. (v. ex militis Cass. Sez. II n. 11261/2003; Cass. Sez. TI n 730/2008; Cass. Sez. II n. 1214/2012).”

© massimo ginesi 4 luglio 2016