mansarde e vincolo pertinenziale

Il regime delle pertinenze è affrontato dalla corte di legittimità ( Cass.civ. sez. VI-2 ord. 17 ottobre 2017 n. 24432 rel. Scarpa)  in una vicenda assai singolare: un soggetto acquista all’asta giudiziale un appartamento e agisce poi contro i proprietari della sovrastante mansarda per accertare che tale bene deve ritenersi pertinenziale all’unità immobiliare di cui è divenuto proprietario.

G S ha domandato che venisse dichiarato inefficace il contratto di compravendita del 9 febbraio 2009 intercorso tra i compratori TT e M C ed il venditore G C, in quanto avente ad oggetto una mansarda sovrastante l’appartamento acquistato dall’attore in una procedura di vendita giudiziaria, deducendo il legame di pertinenzialità tra i due beni agli effetti degli artt. 817-818 c.c.”

Il giudice di primo grado respinge la domanda, mentre l’appello viene dichiarato inammissibile in quanto prima facie infondato (art. 348bis c.p.c.): “Il Tribunale negava quindi che emergesse dagli atti di proprietà la destinazione della mansarda a servizio dell’appartamento poi acquistato in sede giudiziale da GS, così come escludeva il rilievo del fatto che sussistessero una scala interna di collegamento tra i due immobili, nonché condutture comuni, dati fattuali che potevano incidere sul possesso ai fini di un non dedotto acquisto per usucapione. Ancora, la sentenza del Tribunale di Sassari escludeva la valenza decisiva del regolamento condominiale, ed evidenziava come il pignoramento della procedura esecutiva immobiliare avesse riguardato il solo appartamento aggiudicato a G S.”

Nonostante la debacle nei due giudizi di merito, l’attore non si da per vinto r ricorre in cassazione; la Corte di legittimità tuttavia respinge il ricorso osservando che “Il ricorso è infondato perché parte dall’errato presupposto che possa ravvisarsi il vincolo di subordinazione tra l’accessorium (nella specie, la mansarda) e il principale (nella specie, l’appartamento), richiesto dall’art. 817 c.c., e perciò affermata la natura pertinenziale del primo bene, in base alla sola relazione materiale esistente tra le due cose (nella specie, il nesso strutturale fra la mansarda e l’appartamento ad esso collegato da una scala e da un impianto idrico comune).

E’ invece consolidata l’interpretazione giurisprudenziale secondo cui per la costituzione del vincolo pertinenziale è necessario non soltanto l’elemento oggettivo, consistente nella materiale destinazione del bene accessorio ad una relazione di complementarietà con quello principale, ma anche l’elemento soggettivo, consistente nella effettiva volontà del titolare del diritto di proprietà, o di altro diritto reale di godimento, sui beni collegati, giacchè soltanto chi abbia la piena disponibilità giuridica di entrambi i beni può utilmente attuare la destinazione della “res” al servizio o all’ornamento del bene principale, occorrendo altrimenti un rapporto obbligatorio costituito tra i rispettivi proprietari (Cass. Sez. 2, 20/01/2015, n. 869; Cass. Sez. 2, 10/06/2011, n. 12855; Cass. Sez. 2, 28/04/2006, n. 9911; Cass. Sez. 2, 02/03/2006, n. 459 Cass. Sez. 2, 29/04/2003, n. 6656; Cass. Sez. 2, 30/07/1990, n. 7655).

Grava sul compratore del bene principale, che rivendichi la proprietà del bene secondario, l’onere di provare la sussistenza di un rapporto pertinenziale (Cass. Sez. 3, 27/01/1997, n. 808), e quindi anche la destinazione a pertinenza attuata dall’unico proprietario del bene principale e di quello accessorio (sicchè, solo una volta che si abbia per accertato anche l’elemento soggettivo correlato alla volontà destinatoria del comune proprietario dei beni collegati, sarebbe irrilevante, agli effetti dell’art. 2912 c.c., l’omessa menzione della pertinenza, ad esempio, nel decreto di trasferimento emesso a seguito procedimento espropriativo: Cass. Sez. 2, 20/01/2015, n. 869).

L’accertamento in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzano il rapporto pertinenziale fra due immobili, come anche della cessazione del vincolo pertinenziale ai sensi dell’art. 818 c.c., comportano, in ogni modo, un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, che, come tale, è incensurabile in sede di legittimità se espresso con motivazione adeguata ed immune da vizi logici (Cass. Sez. 2, 02/03/2006, n. 4599; Cass. Sez. 2, 10/05/2000, n. 6009).

Il Tribunale di Sassari ha accertato che l’unico comune proprietario originario dell’appartamento e della mansarda (la I CA s.r.I.) avesse separatamente venduto quest’ultima con atto pubblico del 22 novembre 1995 a M F, il quale poi ne aveva disposto per testamento in favore di G C, dante causa di T T e M C. Per effetto di tale atto volontario di disposizione separato della mansarda, anteriore alla vendita della cosa principale, era quindi in ogni caso venuto meno ogni vincolo pertinenziale tra la mansarda stessa e l’appartamento acquistato dal S, atteso che, agli effetti dell’art. 818 c.c., pur ove si sia costituito un rapporto pertinenziale tra beni a seguito della destinazione operata dal proprietario della cosa principale che ha la piena disponibilità anche della cosa accessoria, il compimento di un atto di disposizione avente ad oggetto la sola pertinenza determina comunque la cessazione della destinazione dapprima impressa (Cass. Sez. 2, 26/05/2004, n. 10147).”

© massimo ginesi 19 ottobre 2017 

 

brevi riflessioni in tema di obblighi formativi dell’amministratore di condominio.

Nei giorni scorsi è stato dato risalto, sulla stampa di settore e sul web, ad una sentenza del Tribunale di Padova in cui si afferma che – a mente dell’art. 71 bis disp. att.cod.civ. e del dm 140/2014 – la nomina di amministratore che non abbia adempiuto agli obblighi formativi sarebbe affetta da nullità e che tale obbligo formativo deve essere necessariamente espletato da ottobre ad ottobre di ogni anno, poichè il decreto attuativo (di una norma di attuazione…) non fa riferimento all’anno solare.

Tribunale Padova 24 marzo 2017 n. 818 afferma testualmente: “Nel decreto ministeriale n 140 del 2014, entrato in vigore il 09 ottobre 2014, si legge che l’ obbligo di formazione ha cadenza annuale e, poiché non si parla di anno solare, si deve ritenere che l’ obbligo di aggiornamento /frequentazione dei corsi vada dal 9 ottobre 2014 al 09 ottobre 2015 e di seguito per gli anni successivi; Seguendo questo meccanismo non è possibile recuperare i corsi di formazione periodica annuali essendo ogni certificato valevole per l’anno successivo.

E’ pacifico in giurisprudenza che la mancanza di frequentazione del corso rende illegittima la nomina di amministratore di Condominio nel senso che l’amministratore non potrà assumere incarichi per l’anno successivo e che la sua nomina sarebbe nulla…”

… Se da un lato può ritenersi che la nomina ad amministratore è da ritenere valida perché il Condominio convenuto ha provato la sussistenza dei requisiti dell’amministratore al momento della sua nomina, per avere frequentato il corso obbligatorio per l’anno 2014/2015 dall’altro va dichiarato che l’impugnativa da parte dell’attore con la richiesta di nullità della delibera e conseguente revoca dell’amministratore (conseguenza automatica) era legittima e giustificata proprio dal comportamento tenuto dall’ Amministratore del Condominio che non era stato in grado di fornire la prova della sussistenza dei suoi requisiti, prima della sua nomina.”

La sentenza non sembra brillare per rispondenza ai principi cardine cui devono fare capo i provvedimenti giurisdizionali, ovvero essere adeguatamente motivati.

Non sfuggirà anche al lettore meno attento che la pronuncia contiene meri postulati, privi di  alcun approfondimento critico.

Quanto alla nullità, la materia è complessa e sarà oggetto di future riflessioni su queste pagine, ma non sarà inutile notare sin d’ora  che questo Tribunale ha idee originali  sulle modalità operative della nullità: sfugge per per quali motivi i requisiti  dovrebbero esistere anteriormente alla nomina  e non al momento della stessa o, meglio ancora, della accettazione.

Sfugge, ancor più, per quale ragione –  se la nomina fosse nulla – andrebbe revocato un amministratore che mai tale sarebbe  diventato, essendo l’atto che lo ha nominato privo di alcun effetto per la pretesa nullità dello stesso.

Gioverà infine osservare che non sussiste sul punto una sola riga di motivazione sulla sussistenza stessa dei profili di nullità, evidenziati in forza di una asserita pacifica giurisprudenza di cui  il giudice si guarda bene dall’indicare gli estremi.

La riflessione più curiosa è tuttavia quella sulla decorrenza dell’obbligo di formazione da ottobre ad ottobre per tutti i secoli a venire, che rende gli amministratori un pò simili agli aironi, ai mignattai, ai piro piro boscherecci, e a tutti quei migratori che in quel periodo compiono il lungo viaggio  fra i due emisferi che la natura gli ha programmato nel DNA.

Ora, appare decisamente singolare sostenere che qualche oscuro funzionario ministeriale abbia potuto imprimere per tutti i millenni a venire analoga traccia genetica nel DNA degli amministratori di condominio  relativamente alla formazione con un semplice decreto attuativo uscito – per avventura  – in ottobre.

Si noti che che l’art. 71 bis nulla dice sull’obbligo annuale, il d.m. 140/2014 all’art.  art 5 comma 2 afferma  semplicemente  Gli obblighi formativi di aggiornamento hanno una cadenza annuale”.

Se le parole hanno un senso (e per l’interprete dovrebbero averlo a mente dell’art. 12 delle preleggi al codice civile) “cadenza annuale” vuol semplicmente significare che fra un evento formativo e l’altro non deve decorrere oltre un anno e che l’adempimento obbligatorio è parametrato, come ogni altra vicenda condominiale, ad un periodo annuale.

Il che significa, in pratica, che – a far data dalla entrata in vigore del decreto – l’amministratore aveva 365 giorni di tempo per svolgere la formazione periodica e che, ottenuta la relativa attestazione, avrebbe dovuto svolgere un ulteriore corso della durata minima di quindici ore entro un anno, e così via a seguire.

La soluzione più semplice, ovvia, sensata e aderente al significato letterale del testo normativo (oltre che a criteri di buon senso ancor prima che di ordine sistematico) appare quella volta  semplicemente ad ancorare l’obbligo formativo alla durata dell’esercizio condominiale, che la legge indica inderogabilmente di durata annuale (indipendemente dalla data in cui abbia inizio).

Se così deve intendersi la norma, l’amministratore – in qualunque parte dell’anno abbia inizio il suo  mandato –  dovrà aver assolto  ai suoi obblighi formativi entro un anno dall’evento precedente cui ha partecipato.
Siccome un anno è un anno, e dentro non ce ne può stare nè più nè meno, se  sarà stato nominato  a marzo 2017 il suo mandato terminerà  al marzo  successivo, laddove abbia svolto il corso a luglio  2016 sarà dunque ancora coperto, e così via.

Pare dunque che la stagione delle migrazioni possa rimanere appannaggio dei volatili, salvo per coloro che hanno addirittura adeguato il proprio statuto a quei ritmi ancestrali.

Pare anche che i commenti entusistici sulla sentenza, resi da alcune associazioni in questi giorni, abbiano uno spessore di approfondimento e di motivazione analogo a quello della pronuncia.

massimo ginesi 8 giugno 2017