il cappotto termico non è innovazione gravosa e voluttuaria ex art 1121 c.c.

E’ quanto afferma, con ampia motivazione, una recente ordinanza della Suprema Corte (Cass.civ. sez. II  20 aprile 2021 n. 10371 rel. Scarpa), decisione  che contiene diversi altri interessanti argomenti  interpretativi che si rifanno a principi ormai  noti e consolidati e che, tuttavia, è sempre utile approfondire  nella chiara esposizione di questo provvedimento, con particolare riguardo alla natura costitutiva della delibera di approvazione della spesa  (relativamente all’obbligazione del singolo condomino) e alla natura del credito vantato dal fornitore nei confronti del Condominio.

La controversia nasce con l’impugnazione di “due deliberazioni assembleari del 10 aprile 2012 e del 2 agosto 2012, con cui erano state ripartite fra i condomini le spese straordinarie sostenute per la coibentazione dell’immobile condominiale (accollando agli attori l’importo pari ad €  13.648.42), all’accertamento dell’avvenuto pagamento ad opera di terzi e dell’indebita pretesa di contribuzione da parte del condominio, nonché alla restituzione di quanto già corrisposto a seguito di intimazione di decreto ingiuntivo”, impugnative respinte in primo e secondo grado dal Tribunale e dalla Corte di Appello di Trento.

Osserva il Giudice di legittimità che “ Si ha riguardo, per quanto accertato in fatto, ad un intervento di miglioramento dell’efficienza energetica del fabbricato condominiale consistente nella realizzazione di un isolamento termico delle superfici che interessano l’involucro dell’edificio (cosiddetto “cappotto termico”), nonché nella esecuzione delle collegate opere accessorie e di ripristino della facciata, intervento variamente agevolato normativamente anche sotto il profilo fiscale (si vedano indicativamente l’art. 1120, comma 2, n. 2, c.c., come inserito dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, e da ultimo l’art. 119, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, come sostituito dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77 e poi modificato dal d.l. 14 agosto 2020, n. 104, convertito dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126).

Parimenti è accertato in fatto che l’intervento di coibentazione era stato approvato con deliberazione approvata dall’assemblea del Condominio B. il 20 giugno 2011, mentre poi le delibere del 10 aprile 2012 e del 2 agosto 2012, impugnate ex art. 1137 nel presente giudizio, avevano provveduto alla ripartizione delle spese per l’innovazione precedentemente deliberata.”

SULLA NATURA DELL’INTERVENTO DI COIBENTAZIONE – a tal proposito la Cassazione rileva che “si intendono innovazioni voluttuarie, per le quali è consentito al singolo condomino, ai sensi dell’art. 1121 c.c., di sottrarsi alla relativa spesa, quelle nuove opere che incidono sull’entità sostanziale o sulla destinazione della cosa comune che sono tuttavia prive di oggettiva utilità, mentre sono innovazioni gravose quelle caratterizzate da una notevole onerosità rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e ciò sulla base di un accertamento di fatto devoluto al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua (Cass. Sez. 2, 18/01/1984, n. 428; Cass. Sez. 2, 23/04/1981, n. 2408).

In particolare, le innovazioni voluttuarie, consentite dal primo comma e vietate dal secondo comma dell’art. 1121 c.c., a seconda che consistano, o meno, in opere suscettibili di utilizzazione separata, sono quelle che, per la loro natura, estensione e modalità di realizzazione, esorbitino apprezzabilmente dai limiti della conservazione, del ripristino o del miglior godimento della cosa comune, per entrare nel campo del mero abbellimento e/o del superfluo (Cass. Sez. 2, 08/06/1995, n. 6496).

L’inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 1121 c.c., nel caso in esame, discende altresì dall’essenziale considerazione che tale norma postula che il condomino che non voglia partecipare alle spese per una innovazione gravosa o voluttuaria, approfittando della eccezionale causa di esonero dalla obbligatorietà per tutti i partecipanti supposta dall’art. 1137, comma 1, c.c., manifesti il suo dissenso in assemblea o con la tempestiva impugnazione della deliberazione (Cass. Sez. 2, 17/04/1969, n. 1215 ), mentre la delibera del 20 giugno 2011 che approvò il preventivo dell’impresa appaltatrice fu approvata all’unanimità e non fu impugnata.

D’altro canto, la realizzazione di un “cappotto termico” sulle superfici esterne dell’edificio condominiale, in quanto volta a migliorare l’efficienza energetica dello stesso, non dà luogo ad opera che possa ritenersi suscettibile di utilizzazionseparata, agli effetti dell’art. 1121, comma 1, c.c., né, una volta eseguita, configura una cosa che è destinata a servire i condomini in misura diversa, oppure solo una parte dell’intero fabbricato, sicché le relative spese possano intendersi da ripartire in proporzione dell’uso o da porre a carico del solo gruppo dei condomini che ne trae utilità.

Gli artt. 1120 e 1121, da una parte, e 1123, dall’altra, riguardano fattispecie diverse: le prime due norme regolano il momento dell’approvazione collegiale delle opere di trasformazione che incidono sull’essenza della cosa comune, individuando i presupposti e i limiti del potere assembleare, mentre l’art. 1123 c.c. regola la ripartizione delle spese necessarie, oltre che per la conservazione ed il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi di interesse comune, anche proprio per le innovazioni validamente deliberate dalla maggioranza. Se l’innovazione che l’assemblea intende approvare è destinata a servire solo una parte dell’edificio condominiale, e perciò la relativa spesa deve far carico esclusivamente al gruppo di condomini che ne trae utilità, lo stesso computo delle maggioranze indicate dall’art. 1120 c.c. deve operarsi con riferimento ai soli condomini interessati, ossia a quelli facenti parte di detto gruppo (cfr. Cass. Sez. 2, 08/06/1995, n. 6496).

il  “cappotto termico” da realizzare sulle facciate dell’edificio condominiale, al fine di migliorarne l’efficienza energetica, non è opera destinata all’utilità o al servizio esclusivo dei condomini titolari di unità immobiliare site nella parte non interrata del fabbricato, come sostengono i ricorrenti (proprietari di locali interrati serviti da autonomo ingresso).

Le opere, gli impianti o manufatti che, come il “cappotto” sovrapposto sui muri esterni dell’edificio, sono finalizzati alla coibentazione del fabbricato in funzione di protezione dagli agenti termici, vanno ricompresi tra quelli destinati al vantaggio comune e goduti dall’intera collettività condominiale (art. 1117, n. 3, c.c.), inclusi i proprietari dei locali terranei, e non sono perciò riconducibili fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123, commi 2 e 3, c.c. Ne consegue che, ove la realizzazione del cappotto termico sia deliberata dall’assemblea, trova applicazione l’art. 1123, comma 1, c.c., per il quale le spese sono sostenute da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (arg. da Cass. Sez. 2, 25/09/2018, n. 22720; Cass. Sez. 2, 15/02/2008, n. 3854; Cass. Sez. 2, 04/05/1999, n. 4403; Cass. Sez. 2, 17/03/1999, n. 2395; Cass. Sez. 2, 23/12/1992, n. 13655).”

SULA NATURA COSTITUTIVA DELLA DELIBERA CHE APPROVA LA SPESA E DICHIARATIVA DI QUELLA CHE LA RIPARTISCE – “La dottrina ravvisa un duplice oggetto della deliberazione assembleare che approvi un intervento di ristrutturazione delle parti comuni: 1) l’approvazione della spesa, che significa che l’assemblea ha riconosciuto la necessità di quella spesa in quella misura; 2) la ripartizione della spesa tra i condomini, con riguardo alla quale la misura del contributo dipende dal valore della proprietà di ciascuno o dall’uso che ciascuno può fare della cosa

Se, allora, l’approvazione assembleare dell’intervento, ove si tratti di innovazioni o di lavori di manutenzione straordinaria, ha valore costitutivo della obbligazione di contribuzione alle relative spese, la ripartizione, che indica il contributo di ciascuno, ha valore puramente dichiarativo, in quanto serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore, secondo i criteri di calcolo stabiliti dalla legge (o da un’eventuale convenzione) (arg. da Cass. Sez. U, 09/08/2010, n. 18477; Cass. Sez. 2, 03/12/1999, n. 13505; Cass. Sez. 2, 15/03/1994, n. 2452; Cass. Sez. U, 05/05/1980, n. 2928).

SULL’OBBLIGAZIONE DEL CONDOMINO E DEL CONDOMINIO – Il sesto motivo di ricorso trascura l’oggettiva diversità del fondamento dell’obbligazione dei condomini ricorrenti di contribuire alle spese condominiali derivanti dall’innovazione approvata dall’assemblea del Condominio Beta (obbligazione di cui, in realtà, si discute in questo giudizio) con l’obbligazione che invece lega il medesimo Condominio all’impresa Postai esecutrice dei lavori, invocando la fattispecie e gli effetti dell’adempimento del terzo ex art. 1180 c.c. sul presupposto che gli altri condomini avevano provveduto al pagamento del corrispettivo in favore dell’appaltatrice.

 Secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale (si veda indicativamente Cass. Sez. U, 08/04/2008, n. 9148), il credito che il terzo creditore, in forza di contratto concluso dall’amministratore nell’ambito delle sue attribuzioni, può far valere anche direttamente nei confronti del singolo condomino, in proporzione della rispettiva quota millesimale, è cosa giuridicamente diversa (seppur economicamente coincidente) rispetto al credito per la riscossione dei contributi condominiali che può far valere l’amministratore di condominio.

Il primo credito ha, invero, natura di prestazione sinallagmatica e trova causa nel rapporto contrattuale col terzo approvato dall’assemblea e concluso daLL’amministratore in rappresentanza di tutti i partecipanti al condominio. L’obbligo di pagamento degli oneri condominiali da parte del singolo partecipante ha, per contro, causa immediata nella disciplina del condominio, e cioè nelle norme di cui agli artt. 1118 e 1123 ss. c.c., che fondano il regime di contribuzione alle spese per le cose comuni.

Questa Corte ha già affermato che l’obbligo del singolo partecipante di pagare al condominio le spese dovute e le vicende debitorie del condominio verso i suoi appaltatori o fornitori rimangono del tutto indipendenti, tant’è che il condomino non può ritardare il pagamento delle rate di spesa in attesa dell’evolvere delle relazioni contrattuali tra condominio e soggetti creditori di quest’ultimo, né può utilmente opporre all’amministratore che il pagamento sia stato da lui effettuato direttamente al terzo, in quanto, si è detto, ciò altererebbe la gestione complessiva del condominio: sicché il singolo deve sempre e comunque pagare all’amministratore, salva l’insorgenza, in sede di bilancio consuntivo, di un credito da rimborso per gli avanzi di cassa residuati (Cass. Sez. 2, 29/01/2013, n. 2049).

E’ stato anche detto che, ponendosi il condominio, nei confronti dei terzi, come “soggetto di gestione” dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini attinenti alle parti comuni, l’amministratore di esso assume la qualità di necessario rappresentante della collettività dei condomini, e ciò sia nella fase di assunzione degli obblighi verso i terzi per la conservazione delle cose comuni, sia, all’interno della medesima collettività condominiale, in quanto unico referente dei pagamenti ad essi relativi; con la conclusione che il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del condominio non sarebbe comunque idoneo ad estinguere il debito “pro quota” dello stesso relativo ai contributi ex art. 1123 c.c. (Cass. Sez. – 2, 17/02/2014, n. 3636).

Appare dunque evidente in giurisprudenza la diversità tra le attribuzioni dell’assemblea a ripartire le spese e dell’amministratore a riscuotere i contributi condominiali (artt. 1135, 1130 n. 3 c.c. e 63, comma 1, disp. att. c.c.), e la pretesa di pagamento del corrispettivo contrattuale spettante al terzo creditore verso il singolo condomino sul presupposto della riferibilità diretta dei debiti condominiali ai singoli membri del gruppo…

E’, cioè, cosa estranea a quella oggetto della presente lite la qualificazione della pretesa spettante semmai al condomino, il quale abbia versato al terzo creditore anche la parte dovuta dai morosi e voglia poi ottenere da costoro il rimborso di quanto da loro (su questo cfr. Cass. Sez. 2, del 20/05/2019, n. 13505).”

© massimo ginesi 21 aprile 2021