sottottetto: l’accesso dal vano scala non basta a ritenerlo condominiale

La Corte di legittimità (Cass.civ. sez. II  ord. 21 maggio 2020 n. 9383) richiama una costante giurisprudenza in tema di titolarità del sottotetto, osservando come -al fine di stabilirne la riconducibilità ai beni comuni ex art 1117 c.c. – valga, in prima istanza, il titolo e, ove quello non disponga sul punto, l’effettiva destinazione al soddisfacimento di esigenze comuni.

La pronuncia non brilla per argomenti e valenza espositiva, tuttavia appare interessante laddove sottolinea un aspetto assai frequente nella morfologia del fabbricato in condominio, ovvero l’esistenza di un unico accesso posto nel vano scale dal quale accedere ai volumi sommitali.

La Corte osserva che la condominialità del bene  non può essere desunta dalla sola circostanza che l’accesso a tale vano avvenga da una botola posta nel vano scale:” la natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può ritenersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune; il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano solo quando assolva alla esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall’umidità, tramite la creazione di una camera d’aria e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo (Sez. 2, n. 17249 del 12/08/2011, Rv. 619027);

con l’ulteriore precisazione che per accertare la natura condominiale o pertinenziale del sottotetto di un edificio, in mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sicchè, quando il sottotetto sia oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, può applicarsi la presunzione di comunione ex art. 1117 c.c., comma 1; viceversa, allorchè il sottotetto assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità l’appartamento dell’ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, va considerato pertinenza di tale appartamento (Sez. 2, n. 6143 del 30/03/2016, Rv. 639396);
– dalla laconica e ingiustificatamente apodittica motivazione, comunque erronea in punto di asserzione in diritto, non si comprende quali accertamenti abbiano convinto il Giudice a reputare che quella frazione di sottotetto (invero assai piccola, 15 mq.) fosse destinata all’uso comune, nel senso sopra specificato;
– non supplisce il difetto di sussunzione il mero riferimento a non meglio specificate foto, nè l’affermata presenza di una botola d’accesso nel vano scala e di un cavo televisivo;
il fatto che il sottotetto svolga funzioni isolanti per tutto l’edificio non dimostra affatto lo specifico uso condominiale, ma, anzi, al contrario, conferma che esso riveste prevalente funzione di coibentazione dei singoli appartamenti posti all’ultimo piano;
– manca, in definitiva, ogni compiuto accertamento in fatto sulla base del quale potersi affermare che le originarie caratteristiche strutturali dell’edificio fossero tali da doversi concludere per la destinazione dell’intiero sottotetto (quindi, anche della frazione sovrastante l’appartamento del ricorrente) a servizi comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c., comma 1, n. 2, non potendosi affermare raggiunta una tale prova attraverso il nudo riferimento all’esistenza di una botola d’accesso dal vano scala e di un cavo televisivo;
considerato che, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, perchè il Giudice del rinvio riesamini la vicenda alla luce del principio di diritto sopra riportato, nonchè dell’ulteriore specificazione seguente: “lo spurio richiamo a una botola d’accesso dal vano scala e a un cavo televisivo, non dimostra che il sottotetto, “per le (sue) caratteristiche strutturali e funzionali” sia destinato all’uso comune, senza previamente aver verificato la consistenza strutturale originaria del sottotetto e, nel caso di accertata originaria destinazione all’uso comune, se essa concerna l’intiera superficie dello stesso e, comunque, se la stessa sia tale da assumere carattere di oggettiva prevalenza sulla tipica funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità l’appartamento dell’ultimo piano”;

© massimo ginesi 27 maggio 2020

 

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sottotetto e art. 1117 c.c.: una interessante pronuncia di legittimità

La Cassazione (Cass.civ. sez. II  ord. 17 febbraio 2020 n. 3860 rel. Scarpa) affronta in maniera approfondita – confermando orientamenti consolidati – la natura giuridica del sottotetto di un edificio condominiale, ribadendo che – laddove tale vano appaia funzionalmente destinato ad assolvere funzioni comuni – dovrà ritenersi tale ai sensi dell’art. 1117 c.c., competendo a colui che invece ne pretende la titolarità esclusiva l’onera di dar prova dei relativi presupposti : “Secondo, tuttavia,  la consolidata interpretazione di questa Corte, che la sentenza impugnata ha del tutto trascurato, sono comunque oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, agli effetti dell’art. 1117 c.c. (in tal senso, peraltro, testualmente integrato, con modifica, in parte qua, di natura interpretativa, proprio dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220) i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune (Cass. civ. III, n. . Sez. 6-2, 14/02/2018, n. 3627; Cass, Sez. 6 – 2, 10/03/2017, n. 6314; Cass. Sez. 2, 02/03/2017, n. 5335; Cass. Sez. 2, 23/11/2016, n. 23902; Cass. Sez. 2, 30/03/2016, n. 6143; Cass. Sez. 2, 20/06/2002, n. 8968; Cass. Sez. 2, 20/07/1999, n. 7764).

Altrimenti, soltanto ove non sia evincibile il collegamento funzionale, ovvero il rapporto di accessorietà supposto dall’art. 1117 c.c., tra il sottotetto e la destinazione all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, giacché lo stesso sottotetto assolve all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità l’appartamento dell’ultimo piano, e non ha dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, esso va considerato pertinenza di tale appartamento.

La proprietà del sottotetto si determina, dunque, in base al titolo e, in mancanza, in base alla funzione cui esso è destinato in concreto: nel caso in esame, la Corte di Appello di Milano non ha compiuto alcun accertamento sulle funzioni e sulle caratteristiche strutturali del locale sottotetto, né, al contrario, sulla destinazione pertinenziale dello stesso a servizio di appartamenti di proprietà esclusiva, erroneamente supponendo che la natura condominiale di tale bene dovesse negarsi soltanto perché non stabilita convenzionalmente nel contratto del 2 febbraio 1979 o nel regolamento condominiale

Ove dunque il sottotetto dell’edificio di via C… , Milano, risultasse destinato, per sue caratteristiche funzionali e strutturali, all’uso comune, occorrerà verificare il momento di costituzione del condominio, con riferimento all’atto con cui l’originario unico proprietario ne operò il frazionamento, alienando ad un terzo la prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione...

In presenza di un sottotetto posto in rapporto di accessorietà con l’intero edificio o parte di esso, e dunque di uso comune, e non invece destinato pertinenzialmente ad una determinata unità immobiliare di proprietà individuale, per escluderne la condominialità si dovrà accertare che il titolo costitutivo del condominio, ovvero il primo atto di trasferimento di una porzione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto, recasse una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente al venditore o ad uno dei condomini la proprietà di detta parte, sì da escluderne gli altri (Cass. Sez. 2, 18/12/2014, n. 26766; Cass. Sez. 2, 19/11/2002, n. 16292).

La circostanza che gli atti di vendita, come le correlate note di trascrizione, non contenessero espressa menzione del trasferimento della comproprietà dei sottotetti, se destinati all’uso comune, non è in alcun modo sufficiente a superare la presunzione posta dall’art. 1117 c.c., la quale, al contrario, comporta che all’atto stesso consegua l’alienazione, unitamente alla porzione esclusiva, della corrispondente quota di condominio su dette parti comuni. Stando, infatti, al consolidato orientamento di questa Corte, una volta accertata la sussistenza di una situazione di condominio di edifici, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio “accessorium sequitur principale”, alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria (Cass. Sez. 2, 06/03/2019, n. 6458; Cass. Sez. 6 – 2, 26/10/2011, n. 22361; Cass. Sez. 2, 27/04/1993, n. 4931).

Secondo uniforme interpretazione giurisprudenziale, spetta in ogni caso al condomino, che pretenda l’appartenenza esclusiva di un bene, quale appunto un sottotetto destinato all’uso comune, compreso tra quelli elencati espressamente o per relationem dall’art. 1117 c.c., dar prova della sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario (non essendo determinanti, a tal fine, né le risultanze del regolamento di condominio, né l’inclusione del bene nelle tabelle nnillesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino, né i dati catastali); in difetto di tale prova, infatti, deve essere affermata l’appartenenza dei suddetti beni indistintamente   a tutti i condomini.”

© massimo ginesi 18 febbraio 2020

 

l’intercapedine fra suolo e soletta dell’edificio è comune

alcuni condomini impugnano una delibera con cui il condominio ha ripartito le spese per il risanamento dello spazio fra suolo e soletta  dell’edificio, da cui derivava umidità alle unità del piano terra, affermando  che si tratti di spese relative a parti che non debbono ritenersi comuni.

La vicenda giunge in Cassazione, che invece ribadisce che  – ove nulla risulti dal titolo – si tratta di zone che per funzione, devono ritenersi comuni ex art 1117 cod.civ. in quanto destinate ad isolare l’edificio.

Cass.Civ. sez.II 25/09/2018,  n. 22720: “L’art. 1117 c.c. stabilisce una presunzione di comproprietà sulla porzione di terreno sulla quale poggia l’intero edificio: in tale nozione rientrano la superficie e tutta l’area sottostante sulla quale poggia il pavimento del pianterreno, e non solo l’area sulla quale sono infisse le fondazioni dello stabile.

In argomento, va ribadito che “L’intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni di un edificio condominiale – che costituisce il suolo di esso – e la prima soletta del piano interrato, se non risulta diversamente dai titoli di acquisto delle singole proprietà, ed anzi in quelli del piano terreno e seminterrato non è neppure menzionata tra i confini, è comune, in quanto destinata alla aerazione o coibentazione del fabbricato” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2395 del 17/03/1999, Rv. 524203; conformi, Cass. Sez. 2, Sentenza n.3854 del 15/02/2008, Rv. 602023; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2157 del 14/02/2012, Rv. 621478; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23304 del 30/10/2014, non massimata; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18216 del 24.7.2017, non massimata).

Da quanto precede consegue che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che l’area sottostante al pavimento del piano terreno dell’edificio non fosse ricompresa nell’ambito delle parti comuni dello stabile. Di qui la fondatezza del primo motivo.”

© massimo ginesi 24 ottobre 2018

sottotetto comune: l’utilizzo abusivo in via esclusiva obbliga al risarcimento del danno.

Qualora un condomino si appropri di un bene comune e lo utilizzi in via esclusiva, sottraendolo alla disponibilità degli altri condomini, è tenuto a risarcire il danno conseguente senza necessità che coloro che lo richiedono diano prova di un effettivo pregiudizio.

E’ quanto afferma Corte di Cassazione, sez. II Civile 8 maggio 2017, n. 11184, con specifico riferimento al sottotetto comune.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, l’utilizzazione in via esclusiva di un bene comune da parte del singolo condomino in assenza del consenso degli altri condomini, ai quali resta precluso l’uso, anche solo potenziale, della “res”, determina un danno “in re ipsa”, quantificabile in base ai frutti civili tratti dal bene dall’autore della violazione (Sez. 2, n. 19215 del 28/09/2016).
Sul punto, va precisato che, a seguito della occupazione illegittima della cosa comune da parte di un condomino, le facoltà dominicali del condominio possono risultare compromesse sia per il venir meno di un pregresso godimento del bene, sia per l’impossibilità di trarre in futuro dalla resle utilità che la stessa è idonea a produrre in base a calcoli di tipo figurativo. Tale danno, qualificabile in entrambi i casi come “lucro cessante” (interrotto o impedito), in tanto ricorre in quanto la parte comune sia suscettibile di utilizzazione e sia di natura potenzialmente fruttifera, potendosi da essa ricavare una utilità.
Nella specie, la Corte territoriale si è adeguata al richiamato principio di diritto ed ha verificato la natura potenzialmente fruttifera del locale occupato dalla M. . Esattamente, perciò, ha ritenuto la sussistenza del danno in re ipsa, peraltro liquidato in misura minima, neppure contestata dalla ricorrente.”

La Corte ribadisce inoltre il proprio orientamento sui criteri per individuare la natura comune o meno del vano sottotetto (seppur in una lettura che si rifà all’art. 1117 cod.civ. ante L. 220/2012 che, peraltro, sul punto poco ha cambiato): “Una volta escluso che dai titoli possa ricavarsi la proprietà del sottotetto, esattamente i giudici di merito hanno fatto applicazione del criterio sussidiario della destinazione del bene dettato dall’art. 1117 primo comma n. 1 cod. civ. (nel testo vigente ratione temporis), ritenendo il sottotetto di proprietà condominiale per il fatto di essere destinato all’uso comune (tale uso comune i giudici di merito hanno dedotto dal fatto che il locale è costituito da un unico spazio comune compreso tra la scala A e quella B, con accesso dalla scala condominiale; e dal fatto che in esso sono collocate tubazioni condominiali, parti dell’impianto condominiale di riscaldamento centralizzato e dell’antenna centralizzata TV, nonché il vano tecnico dell’ascensore installato nella scala B)”.

la natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può ritenersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune.

Il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano solo quando assolva alla esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall’umidità, tramite la creazione di una camera d’aria e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo (Cass., Sez. 6 – 2, n. 17249 del 12/08/2011).

In particolare, per accertare la natura condominiale o pertinenziale del sottotetto di un edificio, in mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sicché, quando il sottotetto sia oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, può applicarsi la presunzione di comunione ex art. 1117, comma 1, cod. civ.; viceversa, allorché il sottotetto assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità l’appartamento dell’ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, va considerato pertinenza di tale appartamento (Cass., Sez. 2, n. 6143 del 30/03/2016; Sez. 2, n. 24147 del 29/12/2004; Sez. 2, n. 8968 del 20/06/2002).

Nella specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi di diritto.
Prima i giudici di merito hanno motivatamente escluso che i titoli prodotti dalle parti attribuissero la proprietà del sottotetto alla M. . Sul punto, i giudici hanno sottolineato che, seppure dai titoli non risulta che il sottotetto dell’edificio sia di proprietà comune dei condomini, dall’atto di acquisto della M. non risulta affatto che il sottotetto sia stato trasferito in proprietà alla stessa.”

© massimo ginesi 16 maggio 2017

art. 1117 cod.civ. : il sottotetto.

La Suprema Corte, con recente sentenza, ripercorre il consolidato orientamento in tema di sottotetti: la pronuncia non costituisce lettura innovativa, poiché i principi affermati sono da tempo nelle corde della Cassazione, ma rappresenta un ottima sintesi della disciplina in materia.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 10 marzo  2017 n. 6314, Rel. Scarpa: “La situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 e seguenti del Codice Civile, si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto. Secondo le emergenze documentali del giudizio, il Condominio di Via S.M., Pisa, deve intendersi sorto con l’atto di frazionamento dell’iniziale unica proprietà M. in data 29 novembre 1989.

Originatasi a tale data la situazione di condominio edilizio, dallo stesso momento doveva intendersi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione “pro indiviso” di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso, salvo che dal titolo del 29 novembre 1989 non risultasse, in contrario, una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente alla venditrice o ad alcuno dei condomini la proprietà di dette parti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26766 del 18/12/2014).

L’art. 1117 c.c. attribuisce, invero, ai titolari delle singole unità immobiliari dell’edificio la comproprietà di beni, impianti e servizi – indicati espressamente o per “relationem” – in estrinsecazione del principio “accessorium sequitur principale”, per propagazione ad essi dell’effetto traslativo delle proprietà solitarie, in quanto necessari all’uso comune, ovvero destinati ad esso, se manca o non dispone diversamente il relativo titolo traslativo.

Nella specie, si controverte ancora di soffitte-sottotetto e di un gabinetto posto tra il secondo ed il terzo piano dell’edificio. Si tratta di beni tutti non espressamente nominati nell’elenco esemplificativo contenuto nell’art. 1117 c.c. (formulazione applicabile ratione temporis, antecedente alle modifiche introdotte dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220). Secondo consolidata interpretazione di questa Corte, sono comunque oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, agli effetti dell’art. 1117 c.c. (in tal senso, peraltro, testualmente integrato, con modifica, in parte qua, di natura interpretativa, dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220) i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6143 del 30/03/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8968 del 20/06/2002; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7764 del 20/07/1999).

Altrimenti, ove non sia evincibile il collegamento funzionale, ovvero il rapporto di accessorietà supposto dall’art. 1117 c.c., tra il sottotetto e la destinazione all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, giacchè lo stesso sottotetto assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità l’appartamento dell’ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, esso va considerato pertinenza di tale appartamento.

La proprietà del sottotetto si determina, dunque, in base al titolo e, in mancanza, in base alla funzione cui esso è destinato in concreto: nel caso in esame, la Corte di Appello di Firenze, con apprezzamento di fatto spettante in via esclusiva al giudice del merito, ha accertato che i locali sottotetto fossero posti in destinazione pertinenziale a servizio del terzo piano e sottratti all’uso comune. Con analogo apprezzamento di fatto, insindacabile in questa sede, la Corte di merito ha accertato che non rientrasse tra le parti necessarie, o che comunque servono all’uso e al godimento comune, il gabinetto posto al piano ammezzato. Non sussistendo, pertanto, i presupposti di fatto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria dei sottotetti e del gabinetto, e dunque non operando la presunzione di attribuzione al condominio ex art. 1117 c.c., non ha senso interrogarsi sulla necessità di rinvenire un titolo contrario per derogarvi.”

© massimo ginesi 15 marzo 2017