la nomina dell’amministratore senza alcuna indicazione del compenso è nulla.

La L. 220/2012 ha  ridisegnato  l’art. 1129 cc.c., introducendo  il comma XIV di detta norma ovi si  stabilisce che ” L’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta.”

E’ disposizione di cui si è molto discusso e che ha cominciato a trovare applicazione anche nella giurisprudenza di merito.

Tale norma pone un ben preciso onere in capo all’amministratore, che è tuttavia ipotesi diversa da quella in cui l’assemblea provveda a nominare un amministratore con compenso “in bianco”, in tal caso la delibera (e non la nomina) dovrà ritenersi nulla non in forza dell’art. 1129 comma XIV c.c.  quanto, piuttosto, in virtù dei principi generali sulla nullità dei contratti.

E’ quanto afferma una recente sentenza del tribunale apuano ( Trib. Massa 27 novembre 2018 n. 1463) che ha affrontato il caso di un amministratore nominato dall’assemblea (peraltro con maggioranze inferiori a quelle di legge e senza indicare i votanti a verbale) con un compenso  da definire;  il condominio ha riconosciuto  l’invalidità della nomina, sostenendo tuttavia che, poichè non era stata data esecuzione alla delibera (la citazione è stata notificata pochi mesi dopo l’assunzione della delibera viziata), non vi era interesse degli attori ad impugnarla.

Il Tribunale così motiva:  “deve rilevarsi che parte convenuta, assai singolarmente, si costituisce al solo fine di aderire alle tesi di parte attrice (e dunque non si comprende né il suo resistere in giudizio né la immotivata mancata partecipazione al procedimento di mediazione).

Non appare accoglibile neanche la tesi di parte convenuta che la mancata esecuzione della delibera oggetto di impugnazione determini cessazione della materia del contendere, poiché – anche a voler tacere della residua questione della soccombenza virtuale,  che l’attore ha mostrato di voler azionare –  in assenza di una delibera successiva, che legittimamente statuisca sulle stesse materie, o di una dichiarazione espressa della assemblea circa l’intenzione di non avvalersi del deliberato contestato (dato non rinvenibile né nella successiva delibera 10.8.2018 né altrove) resta intatto l’interesse degli attori ex art 100 c.p.c. a sentirne accertare la nullità o a vederla annullata; a tal proposito appare dirimente la circostanza che non è previsto alcun termine entro il quale l’amministratore – irritualmente nominato con la delibera oggetto di impugnazione – debba accettare la nomina o prendere le consegne dall’amministratore uscente, sicchè la circostanza che ciò non sia avvenuto sino alla introduzione del giudizio non priva gli attori dell’interesse a vedere cassata la delibera illegittima e ancora suscettibile di esecuzione.

Quanto alla illegittimità della nomina, va rilevato che la assunta decisione appare ascrivibile a profili di nullità, per l’idoneità ad incidere in maniera del tutto indeterminata nella sfera patrimoniale dei condomini.

Se l’obbligo, che la legge commina a pena di nullità ex art 1129 comma XIV c.c., di indicare analiticamente il compenso sussiste in capo all’amministratore al momento della accettazione, sì che sotto tale profilo la fattispecie dedotta dall’attore appare diversa rispetto a quella delineata dalla norma testè richiamata, la decisione assembleare che conferisca l’incarico senza determinazione del compenso finisce per essere atto meramente potestativo, che lascia totalmente indeterminati gli elementi essenziali della proposta (ex art 1325 nn. 1 e 3 c.c.), con ovvi riflessi sulla nullità della relativa decisione ai sensi dell’art 1418 c.c.

L’assemblea del 3.11.2017 esprime immediata volontà di nomina, che appare inscindibilmente correlata al deliberato impugnato (“viene nominato a maggioranza L. G. all’importo da definire”), rimettendo la determinazione di uno degli elementi essenziali ad un non meglio precisato momento successivo, che in alcun modo appare legato a successiva deliberazione da assumersi (circostanza che, invece, farebbe venir meno l’interesse all’impugnativa per gli attori dovendosi ritenere legittima ed efficace solo la decisione successiva, assunta in presenta di tutti gli elementi essenziali del contratto); né in tal senso può essere letto l’onere che l’assemblea pone in capo all’amministratore  di comunicare il codice fiscale in successiva riunione, poiché tale adempimento non pare connesso – nella decisione impugnata – ad alcuna ulteriore valutazione sulla nomina.

Se ciò, in virtù della ragione più liquida, è motivo sufficiente alla decisione della causa, deve comunque rilevarsi che anche le sottostanti ragioni fatte valere dall’attore appaiono fondate, sì che  in ogni caso il deliberato risulterebbe annullabile ex art 1137 c.c. poiché dalla scarna verbalizzazione dell’adunanza 3.11.2017 (doc. 2 di parte attrice) non risulta né chi siano i soggetti che hanno votato a favore (e contro) la nomina dell’amministratore né risulta raggiunta maggioranza idonea sotto il profilo del valore (a favore 405,98 millesimi) ai sensi dell’art. 1136 comma II c.c. (Cassazione civile sez. VI, 25/06/2018, n.16675; Trib. Milano 25 marzo 2015 n. 3886).”

… La immotivata mancata partecipazione alla mediazione da parte del condominio convenuto e la condotta difensiva adottata nel presente giudizio costituiscono palese abuso del processo e comportano condanna ex art 96 comma III c,p,c, in misura pari alle spese liquidate nonché applicazione dell’art.  8 comma 5 D.lgs 28/2010″

copyright massimo ginesi 29 novembre 2018

Tribunale di Milano: locazioni, il contratto non registrato è nullo

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Una sentenza interessante e importante su un tema assai caldo, oggetto di avvicendamenti legislativi e giurisprudenziali  sempre lineari.

Secondo Tribunale Milano 6782/2016  con l’articolo 13 della legge 431/98 (così come modificato  dall’articolo 1, comma 59, della legge 208/2015 )  “il legislatore ha esercitato il potere di disciplinare le situazioni in precedenza regolate dalla normativa dichiarata incostituzionale e tale facoltà di intervento è stata attuata dettando una nuova disciplina della materia, con incidenza limitata e diversa rispetto al precedente intervento, che aveva semplicemente “prorogato”, fino al 31.12.2015, gli effetti della norma illegittima. Tra l’altro, il legislatore ha ora previsto conseguenze ancor meno “invasive” sul diritto di proprietà, escludendo la durata legale del contratto fino ad una scadenza successiva (come era, invece, previsto dal D.L.vo 23/11 e dalla L.80/14). In sostanza, la nuova normativa non incorre nelle censure mosse dalla Corte alle precedenti , affrettate, iniziative: la disciplina è ora contenuta nell’art.13 della L.431/98, norma stabile e fondamentale in materia di locazione di immobili urbani e che per i contratti, quale quello di specie, prevede un regime temporaneo idoneo a salvaguardare l’interesse dei conduttori, improvvisamente divenuti gravemente morosi per aver fatto affidamento su una disciplina legale del canone, caducata per effetto delle sentenze di illegittimità costituzionale; interesse dei condutt01i che è stato, però, equamente contemperato con quello dei locatori, limitando a un periodo contenuto la riduzione legale del canone ed escludendo (a differenza delle precedenti disposizioni dichiarate illegittime) vincoli sulla durata del rapporto”

Deve, invece, ritenersi che la nullità di cui trattasi, introdotta dal legislatore nell’ambito dell’azione di contrasto all’evasione fiscale e con l’evidente intento di provocare l’emersione delle c.d. locazioni in nero, abbia a ragion veduta richiamato la sanzione della nullità, condizionando la validità del contratto all’adempimento della registrazione. Con la conseguenza che, fino al completamento della fattispecie (stipulazione del contratto fra le parti e registrazione dello stesso) il negozio non può considerarsi valido. Tale chiave interpretativa è chiaramente determinata dall’opzione normativa per la sanzione della “nullità”: il legislatore, cioè, non può aver usato il termine “nullità” se non in senso tecnico e letterale, intendendo evidentemente richiamare integralmente la disciplina degli artt.1418 e ss. e.e. (nullità prevista dalla legge -ultimo comma dell’art. cit.).  Ne consegue l’esclusione, anche concettuale, di una “convalida” successiva (art.1423 e.e.) per effetto del tardivo adempimento fiscale”.

© massimo ginesi 25 luglio 2016