l’art 63 disp.att. cod.civ. è inderogabile: il regolamento non può ampliare l’ambito di responsabilità dell’acquirente

un’interessante pronuncia della Cassazione ( Cass.civ. sez. II  sentenza 12 aprile 2019 n. 10346) ribadisce  precisi limiti alla responsabilità patrimoniale dell’acquirente di unità immobiliare posta in condominio, limitata al biennio antecedente l’acquisto, così come previsto dall’art. 63 disp.att. cod.civ. e senza che tale limite, temporale e quantitativo,  possa essere ampliato da alcuna disposizione convenzionale.

La Corte chiarisce anche come l’obbligazione condominiale non debba qualificarsi obliato propter rei, tesi invero addotta più è più volte dalla giurisprudenza della stessa Corte e che nell’ultimo decennio  ha visto un deciso mutamento.

“Il decisum della Corte distrettuale si fonda – come già accennato in narrativa- sulla ricostruzione della portata della disposizione dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 4 (come, da ultimo modificato ex L. n. 220 del 2012).

Alla stregua di tale ricostruzione operata dal Giudice di appello, in riforma di quella svolta dal Tribunale di prime cure, si tende all’affermazione di un principio, invero innovativo, per cui il limite temporale (biennale) per il pagamento dei contributi condominiali pregressi da parte del condomino subentrate a precedente condomino moroso costituirebbe un limite inderogabile ma solo nel limite e non nel massimo.

Si ipotizza, quindi, la possibilità di deroga per affermare la possibile responsabilità del nuovo condomino anche per le morosità condominiali arretrate oltre il biennio precedente all’acquisto dell’unità immobiliare condominiale.

L’affermazione della impugnata sentenza non può essere condivisa sotto un duplice profilo.

Innanzitutto la stessa, con un’interpretazione additiva ed estensiva rispetto alla chiara volontà della norma de qua, amplia oltremodo i margini temporali retroattivi della responsabilità solidale dell’acquirente di una proprietà condominiale.

Così facendo la decisione oggi gravata innanzi a questa Corte finisce per creare, con l’artificioso ricorso ed il riferimento all’autonomia regolamentare condominiale ed alle obligationes propter rem, una estensione non prevista dalla legge del particolare tipo di responsabilità solidale del nuovo condomino.

Quest’ultimo, giova ricordare, è comunque estraneo – prima dell’acquisto – al regolamento condominiale, la cui autonomia non può mai esercitarsi contro una ben precisa inderogabilità voluta dalla citata norma di attuazione del c.c. anche all’evidente fine di non alimentare incertezze sui limiti della responsabilità de qua in concreto oltremodo ostativi alla circolazione dei beni (che è bene ancorare a certezza del diritto e non ad incertezze interpretative).
In secondo luogo ed ancor più decisivamente va osservato quanto segue.

Tutto il ragionamento su cui è fondato il dictum della Corte piemontese poggia su una ricostruzione della parziale inderogabilità (solo nel minimo) del predetto limite ex art. 63 cit., in via interpretativa e sul un fondante presupposto espressamente affermato: “il regolamento condominiale di natura contrattuale può disporre a carico dell’acquirente condomino l’accollo di debiti maturati, costituenti “obligationes propter rem”, da parte del condomino dante causa in esercizio precedenti” all’acquisto.
L’Assunto è, quindi, fondato sulla possibilità di configurare i predetti debiti come obligationes propter rem.

Sennonché – aspetto questo, decisivo, ma eluso dalla valutazione della Corte a quo – la predetta configurabilità dei medesimi debiti come è del tutto ed univocamente esclusa dalla giurisprudenza di questa Corte.

Giova, all’uopo, rammentare i principi – già affermati da questa Corte – per cui, “in tema di condominio negli edifici, la responsabilità solidale dell’acquirente di una porzione di proprietà esclusiva per il pagamento dei contributi dovuti al condominio dal condomino venditore è limitata al biennio precedente all’acquisto, trovando applicazione l’art. 63 disp. att. c.c., (già) comma 2, e non già l’art. 1104 c.c., atteso che, ai sensi dell’art. 1139 c.c., le norme sulla comunione in generale si estendono al condominio soltanto in mancanza di apposita disciplina” (Cass. 27 febbraio 2012, n. 2979).”

© massimo ginesi 16 aprile 2019