distanze legali: l’ente locale può incrementare l’entità ma non il metodo di misura.

Lo afferma, condivisibilmente, Cass.civ. sez. II  sent. 16 aprile 2019 n. 10580: “Il giudice d’appello ha osservato che “oggetto di censura è unicamente la modalità radiale di misurazione” cui sono quindi limitati “l’esame e la decisione del gravame”, che, in forza del richiamo operato dagli artt. 872 e 873 c.c., i regolamenti edilizi e i piani regolatori generali hanno valore di legge e possono sempre stabilire una distanza maggiore, il che può indifferentemente avvenire sia in virtù della espressa indicazione di una maggiore misura dello spazio che come effetto di una particolare misurazione da essi imposta, così che conclude il giudice – è legittimo il metodo radiale stabilito dall’art. 18, delle norme di attuazione del piano regolatore del Comune di (…) e bene ha fatto il giudice di primo grado ha ritenere violata la distanza minima.

L’iter argomentativo del giudice si pone in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “le distanze tra edifici non si misurano in modo radiale come avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare; anzitutto lo scopo del limite imposto dall’art. 873 c.c., è quello di impedire la formazione di intercapedini nocive, sicché la norma cennata non trova giustificazione se non nel caso che i due fabbricati, sorgenti da bande opposte rispetto alla linea di confine, si fronteggino, anche in minima parte, nel senso che, supponendo di farle avanzare verso il confine in linea retta, si incontrino almeno in un punto” (così Cass. 2548/1972, più di recente cfr. Cass. 9649/2016).

Ai Comuni, pertanto, è sì consentito, ai sensi dell’art. 873 c.p.c., stabilire negli strumenti urbanistici distanze maggiori, ma non alterare il metodo di calcolo lineare.”

© massimo ginesi 18 aprile 2019

la canna fumaria è manufatto nocivo e pericoloso per presunzione

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Lo afferma la Corte di Cassazione, sez. II Civile (sentenza 10 maggio – 30 giugno 2016, n. 13449
Presidente Bianchini – Relatore Falabella) che rileva che per la costruzione di  condotti di scarico deve osservarsi la distanza prevista negli strumenti urbanistici e che – ove gli stessi nulla dispongano  al riguardo – deve essere adottato ogni accorgimento utile ad evitare di arrecare danno, ivi compreso l’arretramento  a distanza di sicurezza.

Affrontate e risolte numerose questioni processuali, sul punto concreto la Corte afferma  che:

“Quanto alla violazione dell’articolo 890 c.c., esso dispone: “Chi presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, vuole fabbricare forni, camini, magazzini di sale, stalle e simili, o vuol collocare materie umide o esplodenti o in altro modo nocive, ovvero impiantare macchinari, per i quali può sorgere pericolo di danni, deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza”.
La corte territoriale ha evidenziato che, nella specie, non era prevista, dai vigenti strumenti urbanistici, una distanza orizzontale minima tra le canne fumarie e le proprietà aliene.
La costante giurisprudenza di legittimità afferma che il rispetto della distanza prevista per fabbriche e depositi nocivi e pericolosi dall’articolo 890 c.c., nella cui regolamentazione rientrano anche i comignoli con canna fumaria, è collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima, mentre, in difetto di una disposizione regolamentare, si ha una presunzione di pericolosità relativa, che può essere superata ove la parte interessata al mantenimento del manufatto dimostri che, mediante opportuni accorgimenti, può ovviarsi al pericolo od al danno del fondo vicino (per tutte: Cass. 22 ottobre 2009, n. 22389; Cass. 6 marzo 2002, n. 3199).
La corte di merito ha correttamente accertato, quindi, che, alla luce della lacuna contenuta nel regolamento edilizio locale, dovesse essere imposto un arretramento della canna fumaria per scongiurare ogni pericolo per il fondo confinante (la cui concreta esistenza era stata acclarata), assumendo, altresì, che l’installazione di accorgimenti con funzione di separazione risultava del tutto inidonea. A tal fine ha evidenziato che l’installazione di un siffatto dispositivo non poteva considerarsi risolutivo visto che l’art. 890 c.c. presume la pericolosità dei camini anche se tra questi ed il fondo del vicino vi sia un muro divisorio. Proposizione, questa, senz’altro congrua, come tale incensurabile in questa sede.”

© massimo ginesi 6 luglio 2016

le Sezioni Unite sulle distanze fra edifici e il criterio della prevenzione

L’art. 873 cod.civ. prevede una disciplina della distanza fra costruzioni che consente a chi costruisce per primo di obbligare coloro che edificheranno in epoche successive a scegliere se costruire in aderenza oppure rispettare la distanza prevista dalla norma (o quella diversa stabilita dai regolamenti locali, avendo la norma codicistica carattere sussidiario).

Alcune sentenze hanno ritenuto che tale disciplina si applicasse solo all’ipotesi in cui il regolamento comunale imponesse anche una distanza minima dal confine, cosicché il contrasto è giunto alla Corte a sezioni unite affinché si pronunciasse sulla “applicabilità o meno del principio di prevenzione nell’ipotesi in cui le disposizioni di un regolamento edilizio locale prevedano esclusivamente una distanza tra fabbricati maggiore di quella codicistica, senza imporre altresì il rispetto di una distanza minima delle costruzioni dal confine”.

La Corte si è pronunciata con sentenza 19/05/2016, n. 10318 (il cui testo integrale  può essere letto qui   ) affermando che:

“Il principio della prevenzione si applica anche nell’ipotesi in cui il regolamento edilizio locale preveda una distanza tra fabbricati maggiore di quella ex art. 873 c.c. e tuttavia non imponga una distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che la portata integrativa della disposizione regolamentare si estende all’intero impianto codicistico, inclusivo del meccanismo della prevenzione, sicché il preveniente conserva la facoltà di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni e il prevenuto la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza ai sensi degli artt. 874, 875 e 877 c.c.”

© massimo ginesi giugno 2016