per l’actio negatoria servitutis è sufficiente provare il possesso

E’ quanto afferma Cass.civ. sez. II  ord. 3 dicembre 2019 n. 31510, con riguardo ad un’area posta in fregio ad un condominio genovese ed utilizzata come parcheggio dai condomini.

i fatti: “Con atto di citazione del 19 maggio 2006 V.L. conveniva in giudizio il Condominio (omissis) , affermando di essere proprietario di un’area adiacente al Condominio e chiedendo che venisse accertato che i singoli condomini non avevano il diritto di utilizzare l’area quale parcheggio, con conseguente condanna del Condominio alla cessazione di ogni molestia e turbativa al godimento del bene. Costituitosi in giudizio, il Condominio anzitutto eccepiva il difetto di legittimazione attiva in capo all’attore, dovendo egli provare il suo diritto di proprietà sull’area, e il proprio difetto di legittimazione passiva; nel merito, eccepiva di avere comunque acquistato per usucapione la proprietà dell’area avendo i condomini utilizzato come parcheggio l’area sin dal 1965. Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 1370/2010, in accoglimento della prima eccezione, dichiarava la carenza di legittimazione attiva dell’attore e, per l’effetto, rigettava la domanda.
2. Contro la sentenza proponeva appello V.D. . La Corte d’appello di Genova – con sentenza 10 dicembre 2014, n. 1571 – riformava la pronuncia impugnata: affermata la legittimazione dell’attore a proporre l’azione e rigettata l’eccezione di usucapione, condannava il Condominio al rilascio dell’area oggetto di causa.”

la decisione di legittimitàse chi agisce in negatoria servitutis non ha l’onere di fornire, come nell’azione di rivendica, la prova rigorosa della proprietà, essendo sufficiente dimostrare di possedere il fondo in virtù di un titolo valido, deve però appunto dimostrare di possedere il bene. Di tale dimostrazione non vi è traccia nella pronuncia impugnata, ove sono anzi presenti elementi in senso contrario.
La Corte d’appello osserva infatti (p. 4 della sentenza impugnata) che l’area era liberamente accessibile, il che “non consente di attribuire il possesso a soggetti identificati o identificabili sempre come condomini del caseggiato, anziché a una collettività indistinta di persone”, affermazione che contrasta con il riconoscimento del possesso in capo a V. .

L’accoglimento del terzo motivo comporta l’assorbimento delle censure di cui alle lett. e) ed f) del primo motivo, relative – supra sub I – al rigetto dell’eccezione di acquisto per usucapione dell’area da parte del Condominio (denunciando la lett. e), in riferimento agli artt. 2728 e 2729 c.c., ed anche in riferimento all’art. 1117 c.c., che il giudice d’appello abbia erroneamente ritenuto, da un lato, che dovesse essere il Condominio a fornire elementi di prova circa la “condominialità” dell’area oggetto di causa e, dall’altro, che V. avesse comunque fornito prove sufficienti a superare la presunzione di tale condominialità; contestando la lett. f), circa gli artt. 949 e 1158 c.c., che il gìudice d’appello abbia ritenuto non dimostrato il possesso del Condominio utile ai fini dell’usucapione dell’area oggetto di causa).

La sentenza impugnata va cassata in relazione e nei limiti di cui al motivo accolto; la causa deve essere rinviata al giudice d’appello che la deciderà alla luce del principio di diritto sopra precisato”

© massimo ginesi 6 dicembre 2019