il bene usucapito senza accertamento giudiziale si può vendere, ma al notaio sono imposti precisi obblighi di informazione.

Una interessante sentenza della Corte di legittimità, resa da un finissimo estensore,  (Cass.Civ. sez. 12 dicembre 2018 n. 32147 pres. Giusti rel. Scarpa) affronta un tema complesso e di grande rilievo : la vendita di beni usucapiti, il cui acquisto non sia stato cristallizzato in una pronuncia di accertamento.

Il trasferimento deve ritenersi consentito e lecito (mentre non lo è quello del mero possesso che ancora non abbia dato luogo a fattispecie acquisitiva), tuttavia al notaio che redige l’atto sono imposti ben precisi doveri di informazione dell’acquirente, sui rischi che un simile atto traslativo comporta.

La sentenza, che in realtà è di più ampio respiro rispetto al tema della trasferibilità del bene usucapito, traccia i confini degli obblighi notarili in sede di redazione di atti di trasferimento immobiliari e origina dal ricorso di un notaio palermitano,  sanzionato dal proprio organo disciplinare per aver rogato 309 atti  inserendo una mera clausola di stile del seguente tenore “Dichiara la parte venditrice (o donante) che il diritto di piena proprietà sull’immobile oggetto di quest’atto è pervenuto alla stessa per giusti e validi titoli ultraventennali”.

Osserva la corte che ” Al notaio Antonino P. è stato contestato in sede disciplinare, per quanto qui rilevi, l’addebito disciplinare derivante dalla violazione dell’art. 50, lett. b), del codice deontologico elaborato dal Consiglio nazionale del notariato, il quale, in tema di contenuto degli atti, per soddisfare le esigenze di chiarezza e di completezza, impone al notaio di curare che dal testo dell’atto normalmente risultino “le indicazioni necessarie per l’inquadramento dell’atto nella vicenda giuridico-temporale su cui opera (ad es.: titoli di provenienza e atti direttamente connessi; formalità pregiudizievoli; servitù; vincoli di disponibilità).

E’ stata contestata anche la violazione dell’art. 14, lettera b) del Codice deontologico, per aver rinunciato a richiedere la documentazione dovuta per legge o comunemente ritenuta necessaria (ad es. catastale, urbanistica) per il compiuto ricevimento dell’atto.

Il ricorrente invoca in suo favore il precedente giurisprudenziale costituito da Cass. Sez. 2, 05/02/2007, n. 2485, che in verità richiama anche l’ordinanza impugnata.

L’insegnamento contenuto in tale pronuncia non è però decisivo ai fini dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.

La sentenza n. 2485 del 2007 dapprima escluse la nullità della vendita di un bene di cui l’alienante assuma essere diventato proprietario per usucapione, sia pur senza alcun preventivo accertamento giudiziale di tale acquisto della proprietà, distinguendo questo problema dalla diversa questione della possibilità che oggetto di una vendita possa essere il solo possesso, in quanto tale, di un immobile.

Non potrebbe logicamente sostenersi, ad avviso di Cass. n. 2485/2007, che chi abbia usucapito, pur essendo ormai proprietario, non sia legittimato a disporre validamente del bene fino a quando il suo acquisto non sia accertato giudizialmente.

La stessa sentenza escluse altresì profili di responsabilità per negligenza professionale del notaio che, con riguardo ad una vendita di terreni dei quali l’alienante aveva assunto di aver acquistato la proprietà per usucapione, senza alcun accertamento giudiziale, non aveva comunque avvertito l’acquirente come l’acquisto potesse essere a rischio, visto che nell’atto era stata comunque espressamente inserita una clausola dal cui poteva desumersi che l’acquirente fosse non di meno consapevole di tale rischio (in quanto il venditore si era impegnato a rifondere all’acquirente tutti i danni che terzi potessero pretendere “in conseguenza della vendita imperfetta dei terreni”).

Il riconoscimento della validità del trasferimento dell’immobile usucapito, pur in assenza di un preventivo accertamento giudiziale (su cui si vedano già peraltro, Cass. Sez. 5, 07/08/2000, n. 10372; Cass. Sez. 1, 26/11/1999, n. 13184)/ assume sicura rilevanza con riguardo all’art. 28, n. 1, della legge notarile.

Rileva ancora la corte che “ Il notaio non è tenuto ad uno specifico controllo della legittimazione del disponente che si dichiari proprietario per usucapione, e può limitarsi a prendere atto che la volontà delle parti è espressamente diretta all’effetto traslativo, anche se lo stesso sia insicuro.

Poiché, tuttavia, il notaio ha un obbligo di informazione e di chiarimento nei confronti delle parti, anche ai fini della funzione di adeguamento nella compilazione prescritta dell’atto che gli affida l’art. 47, comma 2, legge notarile, egli dovrà accertarsi che il compratore abbia ben chiaro il rischio che assume con l’acquisto, per aver fondato l’alienante la sua proprietà sulla maturata usucapione non accertata giudizialmente. L’acquirente, adeguatamente informato, per una maggior sicurezza del suo acquisto, in assenza delle visuripocatastali ventennali, può, allora, richiedere specifiche garanzie, oltre quelle ex artt. 1483 e 1484 c.c., oppure preventivare un congruo risarcimento nel caso di esito infelice della vendita (come, ad esempio, accertato nella fattispecie decisa da Cass n. 2485/2007), ed il notaio può procedere così alla stipula, riportando nell’atto i dati forniti dalle parti.

In particolare, deve ritenersi necessario che il notaio precisi nell’atto che il compratore è consapevole che l’acquisto dal preteso usucapiente possa essere a rischio, mediante apposita clausola del negozio stipulato tra le parti, da menzionare nel quadro “D” della nota di trascrizione, per segnalare altresì ai terzi la carenza della pubblica fede notarile con riguardo alla provenienza dell’immobile ed all’inesistenza di formalità pregiudizievoli.”

In tal senso, la Corte d’Appello di Palermo ha, all’opposto, accertato unicamente un sistematico inserimento (309 atti nel biennio 2001/2012) di una clausola che, di fatto, consentiva al notaio P. di non indicare i titoli di provenienza, nella quale la parte disponente dichiarava che “il diritto di piena proprietà sull’immobile” le fosse “pervenuto” (espressione che lascerebbe pensare ad un acquisto di carattere derivativo, piuttosto che originario) “per giusti e validi titoli ultraventennali”. Nessun riferimento espresso si faceva, dunque, all’acquisto per usucapione, ma, soprattutto, nessuna consapevolezza del rischio dell’acquisto veniva rivelata dal compratore, sicché l’esonero dalle visure ventennali appariva, piuttosto, conseguenza dell’iniziativa dello stesso notaio stipulante, e non effetto delle volontà concreta delle parti, il che rende configurabile il comportamento deontologicamente scorretto del professionista.”

© Massimo Ginesi 19 dicembre 2018