decreto ingiuntivo non opposto e principio del giudicato esterno discedente: in tema di spese di riscaldamento condominiali.

La mancata opposizione a decreto ingiuntivo e il suo divenire definitivo, con effetto di cosa giudicata, comporta che non possa più essere oggetto di successivo giudizio quanto poteva e doveva essere dedotto in quella sede.

Il principio, in materia condominiale, è ribadito da Cass.Civ. sez. VI 22 gennaio 2018 n. 1502 rel. Scarpa: “È fondato anche il secondo motivo di ricorso, non avendo il Tribunale di Verbania preso in esame l’eccezione di giudicato esterno formulata dal Condominio di (omissis) con riferimento ai decreti ingiuntivi n. 256/14 e n. 363/15.

Il ricorrente aveva posto in evidenza come tali decreti ingiuntivi fossero stati richiesti dal medesimo Condominio per ottenere dal M. il pagamento di spese ordinarie comprensive delle spese di riscaldamento.

Il Tribunale avrebbe pertanto dovuto verificare se i decreti ingiuntivi non opposti avessero dato luogo alla formazione tra le parti di un giudicato involgente altresì la ragione e la misura dell’obbligazione del condomino M. di concorrere alle spese di uso del riscaldamento centrale, nonché l’inesistenza di fatti impeditivi o estintivi, non dedotti ma deducibili nel giudizio di opposizione, quali quelli atti a prospettare l’insussistenza, totale o parziale, del credito azionato in sede monitoria sul presupposto dell’esonero da tali spese del condomino che abbia distaccato le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto comune.

Ove quei decreti recassero l’accertamento della sussistenza dell’obbligo di M.L. di contribuire alle spese d’uso del riscaldamento centralizzato, la situazione ivi accertata non potrebbe in radice formare oggetto di valutazione diversa nel presente giudizio, permanendo immutati gli elementi di fatto e di diritto preesistenti.

Occorre infatti considerare come il giudice, nell’indagine volta ad accertare l’oggetto ed i limiti del giudicato esterno discendente da un decreto ingiuntivo non opposto, debba dare rilievo non unicamente al contenuto precettivo del provvedimento monitorio pronunziato, quand’anche agli elementi di fatto ed alle ragioni di diritto su cui era fondata la domanda di ingiunzione.

Questa Corte ha sostenuto, del resto, che il giudice che emette il decreto ingiuntivo, accogliendo le ragioni del ricorrente, ne fa propri i motivi, per cui il riferimento a questi – portati a conoscenza dell’ingiunto mediante la notificazione sia del ricorso che del decreto, prevista dal secondo comma dell’art. 643 c.p.c. – è sufficiente ad integrare per relationem la motivazione del provvedimento, necessaria ai sensi del combinato disposto degli artt. 641, comma 1, e 135, comma 2, dello stesso codice di rito (Cass. Sez. L, 16/06/1987 n. 5310; Cass. Sez. 5, 20/08/2004, n. 16455).

Ne consegue che il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo si estende pure alla causa petendi indicata a sostegno del credito azionato, abbracciando i fatti costitutivi esposti nel ricorso per ingiunzione come l’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al medesimo ricorso e non dedotti con l’opposizione, mentre non si estende soltanto ai fatti successivi al giudicato, ovvero a quelli che comportino un mutamento del petitum e della causa petendi articolati in seno alla domanda accolta.

Ove si tratti di decreto ingiuntivo per le rate maturate di un’obbligazione periodica, l’autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo, il quale, pertanto, esplica la propria efficacia anche nel tempo successivo alla sua emanazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento (cfr. Cass. Sez. 2, 2016, 06/06/2016, n. 11572; Cass. Sez. L, 23/07/2015, n. 15493; Cass. Sez. 3, 11/05/2010, n. 11360).”

LA sentenza affronta anche altro tema ormai più che consolidato, ribadendo principi ferrei e condivisibili in ordine all’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel quale non si potranno far valere vizi della  delibera posta a fondamento della richiesta monitoria, non tempestivamente impugnata, salvo che gli stessi risultino tutt’ora idonei ad incidere sulla sua efficacia (ed esempio la nullità della stessa): “Occorre peraltro ribadire che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569).

Il Tribunale di Verbania non si è uniformato al costante orientamento di questa Corte, secondo il quale, nello stesso giudizio di opposizione, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla validità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione (nella specie, per aver l’assemblea posto a carico anche del condomino che si era distaccato dall’impianto di riscaldamento centralizzato le spese di gestione dello stesso), ma solo questioni riguardanti l’efficacia di quest’ultima.

Per quanto detto, tale delibera costituisce, infatti, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non soltanto la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è, dunque, ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26629; Cass. Sez. 2, 23/02/2017, n. 4672).

Il giudice deve quindi accogliere l’opposizione solo qualora la delibera condominiale (nella specie, quelle approvate dal Condominio di (omissis) nelle assemblee dell’ottobre 2009, del marzo e del maggio 2010) abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex art. 1137, comma 2, c.c., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la deliberazione (Cass. Sez. 2, 14/11/2012, n. 19938).

La dedotta mancata comunicazione delle delibere assembleari di approvazione e ripartizione delle spese ai condomini assenti ex art. 1137 c.c. al condomino M. , in quanto vicenda del tutto estranea al procedimento formativo della volontà collegiale, può essere ragione che abbia impedito il decorso del termine di impugnazione stabilito da detta norma, ma non comunque motivo di invalidità da introdurre per la prima volta nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei relativi oneri, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 11/08/2017, n. 20069; Cass. Sez. 2, 22/05/1974, n. 1507).

Né il condomino M. potrebbe lamentare l’annullabilità delle deliberazioni poste a fondamento dell’ingiunzione di pagamento per non essere stato proprio convocato a quelle riunioni, trattandosi di vizio invocabile comunque con l’impugnazione ex art. 1137 c.c., e non di doglianza che possa formare oggetto di eccezione nel giudizio di opposizione (Cass. Sez. 2, 07/11/2016, n. 22573; Cass. Sez. 2, 01/08/2006, n. 17486). ” 

© massimo ginesi 25 gennaio 2018

condominio autonomo dei box e decreto ingiuntivo.

Una recentissima ordinanza della Corte di legittimità (Cass.civ. sez. VI-2 17 ottobre 2017 n. 24431 rel. Scarpa)  affronta un tema consolidato in giurisprudenza (ovvero le vicende ed eccezioni che possono essere fatte valere in sede di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dal condominio per le quote scadute), con riferimento alla peculiare situazione in cui i box costituiscano ente condominiale autonomo rispetto all’edificio che li sovrasta.

I fatti ed il processo di merito – la vicenda inizia con un giudizio di opposizione dinanzi al giudice di pace, proseguito dinanzi al Tribunale quale giudice di appello: “Il giudizio era iniziato con ricorso per decreto ingiuntivo relativo a spese condominiali dovute dalla condomina MFB per C 924,00, approvate in sede di bilanci per gli esercizi 2008 e 2009 con delibere del 4 febbraio 2008 e del 10 febbraio 2009, e relative alla proprietà dei box nn. 1, 2, 3, 7 e 8 del complesso.

Il Tribunale di Roma nella sentenza impugnata ha posto in evidenza come nell’atto di acquisto dei box di proprietà B del 4 ottobre 2007, prodotto in atti, la gestione delle parti comuni dei medesimi box fosse oggetto di autonoma regolamentazione rispetto a quella del sovrastante edificio di via S. A M n. 70, Roma (come da regolamento dell’Il luglio 2007, che l’acquirente aveva dichiarato di accettare).

Il Tribunale superava perciò la resistenza della B., che contestava la distinta legittimazione attiva a riscuotere i contributi del Condominio Box via V 83-85. Parimenti, il giudice dell’appello negava la rilevanza pregiudiziale del giudizio pendente tra MFB e la E R s.r.I., incidente su tre dei box di proprietà B.”

La Corte di legittimità rigetta il ricorso, in quanto manifestamente infondato, con ampia e puntuale motivazione, che non si discosta da principi generali consolidati.

nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569). Nello stesso giudizio di opposizione, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla annullabilità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione.

Tale delibera costituisce, infatti, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è, dunque, ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26629; Cass. Sez. 2, 23/02/2017, n. 4672).

Tanto meno può essere oggetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo inerente il pagamento di spese condominiali, emesso sulla base di delibera assembleare di approvazione del relativo stato di ripartizione, la questione dell’autonoma esistenza del condominio intimante e della sua appartenenza ad esso del condomino opponente, il quale neppure abbia provveduto all’impugnazione della medesima delibera assembleare posta a sostegno della ingiunzione.

D’altro canto, ove si intenda controvertere sull’esistenza, o meno, in ordine ad una serie di unità immobiliari integranti porzioni di un complesso edilizio, di un condominio unico e distinto dal sovrastante complesso immobiliare, e, quindi, sulla riconducibilità di talune delle strutture della costruzione di cui si tratta alle parti comuni dell’edificio condominiale di cui all’art. 1117 c.c., con conseguente ripartizione delle spese tra i proprietari delle varie unità, è necessaria la partecipazione di tutti costoro a ciascuna delle fasi del giudizio, in una situazione di litisconsorzio necessario.

L’infondatezza del ricorso è, dunque, ancor più palese ove si consideri che non potesse comunque essere oggetto del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 63, comma 1, disp. att. c.c., l’agitata questione dell’accertamento dell’inesistenza di un “condominio autonomo” con riferimento alle distinte unità immobiliare realizzate nel piano interrato e destinate ad autorimesse, trattandosi di domanda da rivolgersi non nei confronti dell’amministratore, e che avrebbe, piuttosto, imposto il litisconsorzio necessario di tutti quei singoli condomini (Cass. Sez. 2, 18/04/2003, n. 6328; Cass. Sez. 2, 01/04/1999, n. 3119).

Il Tribunale di Roma, con argomentazione a rilevanza decisoria che la ricorrente non confuta, ha aggiunto che avesse effetto vincolante per la B. la volontà negoziale dalla stessa manifestata nell’atto di acquisto del 4 ottobre 2007 di adesione alla gestione autonoma delle parti comuni dei box.

Non sussiste, infine, omessa pronuncia in ordine al dedotto rilievo pregiudiziale delle altre cause pendenti, avendo sul punto la sentenza impugnata espressamente motivato alle pagine 6 e 7. Basterà qui aggiungere che, per consolidate interpretazioni di questa Corte : 1) il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di oneri condominiali non si intende legato da nesso di pregiudizialità, tale da giustificare la sospensione del procedimento di opposizione ex art. 295 c.p.c., nemmeno con la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della delibera assembleare posta a sostegno della ingiunzione stessa (da ultimo, Cass. Sez. 2 , 23/02/2017, n. 4672); 2) ai fini della sospensione necessaria del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., occorrono l’identità delle parti in entrambi i processi e l’obiettiva esistenza di un rapporto di pregiudizialità giuridica, non essendo sufficiente che tra le due controversie sussista una mera pregiudizialità logica (Cass. Sez. 2, 16/03/2007, n. 6159); 3) il provvedimento di riunione previsto dall’art. 274 c.p.c., relativo a cause diverse ma connesse (riunione facoltativa), ovvero dettato da motivi di economia processuale, essendo strumentale e preparatorio rispetto alla futura definizione della controversia, è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità.”

© massimo ginesi 18 ottobre 2017

la parziarietà dell’obbligazione condominiale: titolo, precetto ed esecuzione contro il singolo.

Il creditore che vanta un credito nei confronti del condominio può richiedere ed ottenere  titolo contro il condominio, cui potrà ritualmente intimare anche il precetto per l’intera obbligazione.

Ove non riesca a soddisfare il proprio credito nei confronti del Condominio (ad esempio mediante pignoramento del conto condominiale), dovrà procedere ad esecuzione contro i singoli condomini.

In tal caso l’obbligazione di ciascun condomino è retta dal principio della parziarietà   ma il titolo ottenuto contro il condominio è direttamente azionabile nei confronti  del singolo condomino, cui dovrà essere notificato unitamente a precetto per la sua quota.

Non è onere del creditore provare la quota millesimale di ciascun condomino, ma la stessa dovrà ritenersi identificata dalla somma precettata e sarà, eventualmente, onere del singolo proporre opposizione al precetto al fine di contestarla.

Sono i principi, in linea con la linea interpretativa delineata negli ultimi anni dalla Suprema Corte, espressi da Cass. civ. III sez. 29 settembre 2017 n. 22856.

Osserva in particolare la Corte che

La pronuncia, per l’ampia e motivata disamina delle modalità esecutive da adottare nei confronti del singolo, merita integrale lettura

esecuzionesingolo22856

© massimo ginesi 3 ottobre 2017 

non occorre preventiva messa in mora per la richiesta di decreto ingiuntivo.

E’ di certo un principio pacifico che il condomino sia tenuto al pagamento delle quote alla scadenza, che si tratti di c.d. mora ex re e che sia facoltà dell’amministratore agire anche ex art. 63 disp.att. cod.civ. per ottenere decreto ingiuntivo semplicemente al verificarsi dell’inadempimento (la riforma del 2012 ha poi introdotto l’obbligo dell’amministratore di attivarsi per la riscossione delle quote entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio) .

Eppure presso diversi uffici del giudice di pace accade che alla richiesta di decreto ingiuntivo si pretenda la produzione del preventivo sollecito o che il condomino ingiunto si dolga di non essere stato preventivamente avvisato.

La cassazione (Cass.civ. sez. II  ord. 14 settembre 2017 n. 21313) ha ribadito che l’amministratore può agire direttamente alla scadenza delle quote dinanzi al giudice, senza necessità di alcun preventivo sollecito:

 

La sentenza contiene altre diverse interessanti statuizioni, poiché il litigioso condomino opponente  ha avanzato una serie di censure decisamente fantasiose.

Il Giudice di legittimità  sottolinea ancora un volta che le norme in tema di legittimazione processuale dell’amministratore prevedono autonomia dell’amministratore per le materie previste dall’art. 1130 cod.civ., atteso che il sistema non deve essere improntato ad un iperassemblearismo che condizioni ogni azione

La Corte, ancora una volta, delinea con precisione l’ambito applicativo della nota decisione delle Sezioni Unite del 2010

Curioso infine che l’opponente si dolga della illegittimità del decreto in quanto emesso dal Presidente del Tribunale, censura decisamente respinta dalla Cassazione che rileva che tale organo ben può provvedere – in quanto componente del Tribunale – assegnando il fascicolo a se stesso quale giudice monocratico.

La sentenza sottolinea infine l’inopponibilità al condominio dell’eventuale accordo di rateizzazione raggiunto con l’amministratore (punto su cui il giudice di merito non aveva ammesso la prova testimoniale).

© massimo ginesi 15 settembre 2017 

legittimazione processuale dell’amministratore: ancora una conferma dalla Cassazione.

La Cassazione conferma un orientamento consolidato ed espresso  dalle Sezioni Unite con la nota pronuncia 18331/2010.

Un avvocato che aveva assistito il Condominio promuove decreto ingiuntivo per le propri competenze, l’amministratore – senza alcuna delibera sottostante – propone opposizione a detto decreto e l’avvocato eccepisce il difetto di jus postulanti dell’amministratore per non essere stato autorizzato dalla assemblea.

Cass.civ. sez. II  1 agosto 2017 n. 19151 chiarisce che “Secondo il più recente indirizzo di questa Corte, inaugurato dalla pronuncia delle Ss.UU. 18331/2010, non può ritenersi che l’amministratore del condominio sia titolare di una legittimazione processuale illimitata: l’amministratore può, in via generale, costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma in tale ipotesi, onde evitare una pronuncia di inammissibilità, deve ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte della assemblea stessa.

Si è peraltro precisato che giusto il disposto dell’articolo 1131 commi 2 e 3 cod.civ., autorizzazione  e ratifica sono necessarie nelle sole cause che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore (cass. 1451/2014), mentre esse non sono necessarie per quelle controversie che hanno ad oggetto parti o servizi condominiali e comunque riconducibili alle attribuzioni di cui all’articolo 1130 c.c. (Cass. 10865/2016).

Da ciò consegue che l’amministratore può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ed altresì impugnare la decisione di primo grado, senza necessità di autorizzazione alla ratifica dell’assemblea, nella controversia avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento dell’obbligazione assunta dall’amministratore, nell’esercizio delle sue funzioni, in rappresentanza dei partecipanti al condominio, ovvero dando esecuzione a delibere dell’assemblea per l’esercizio dei servizi condominiali, e dunque limiti di cui all’articolo 1130 c.c. (Cass. 16260/2016).

Orbene, nel caso di specie, il credito fatto valere in giudizio si riferiva a prestazioni professionali per l’assistenza legale svolta nell’interesse del condominio, come risulta dallo stesso contenuto del ricorso, in cui gli avvocati ingiungenti hanno evidenziato che l’attività da essi  posta in essere è consistita nell’aver  curato per conto del condominio diverse procedure giudiziarie.

La causa in oggetto, trovando il suo fondamento nella gestione di servizi comuni e dell’erogazione delle spese relative a tale gestione (art. 1130 commi 2 e 3), si riferisce certamente ad obbligazioni assunte per l’esercizio di servizi condominiali e dunque nei limiti di cui all’articolo 1130 c.c., onde non era necessaria l’autorizzazione, nella successiva ratifica da parte dell’assemblea condominiale.”

© massimo ginesi 3 agosto 2017 

quietanze di pagamento simulate rilasciate dall’amministratore: il condominio è terzo e può darne prova con ogni mezzo.

Una vicenda singolare, in cui una condomina (per giunta avvocato) propone opposizione al decreto ingiuntivo richiesto dal Condominio nei sui confronti per il pagamento di spese straordinarie, assumendo di aver già versato tali importi e adducendo a sostegno della propria opposizione delle quietanze di pagamento rilasciate dall’amministratore, che si rivelano invece frutto di un accordo fraudolento fra la condomina stessa e l’amministratore.

La vicenda giunge all’esame della Cassazione (Cass. civ. sez. VI-2 25 maggio 2017 n. 13234 rel Scarpa) dopo un esito sfavorevole per la condomina opponente sia in primo che in secondo grado.

“Tanto il Tribunale che la Corte d’Appello hanno negato che l’opponente avesse fornito prova dell’eccepito pagamento, assumendo la comprovata simulazione delle allegate quietanze rilasciate dall’amministratore condominiale pro tempore M., e richiamando le risultanze di un processo penale che aveva visto la Mo. condannata – con sentenza del Tribunale di Avezzano, confermata dalla Corte d’Appello ma non ancora definitiva – per il delitto di appropriazione indebita.”

La condomina Mo. non si da per vinta e deduce due motivi di ricorso: “Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1417 e 1135 c.c., mentre il secondo motivo di ricorso censura l’ “omesso esame circa un fatto deciso del giudizio”.

Si fa presente che la condanna penale è stata annullata dalla Corte di cassazione per intervenuta prescrizione del reato e quindi si nega ogni significatività delle emergenze di quel giudizio. Si critica il ricorso alle presunzioni fatto dalla Corte d’appello per ritenere simulate le quietanze e se ne contestano le valutazioni probatorie”

LA Corte di legittimità rigetta l’impugnativa, con interessante argomentazione sulla  possibilità del condominio di provare l’accordo simulatorio intervenuto fra amministratore e condomina morosa circa le quietanza di pagamento delle quote oggetto di lite: ” E’ in ogni caso da affermare che il condominio, non partecipe ed ignaro dell’accordo simulatorio intervenuto tra un condomino e l’ex amministratore, ove deduca la simulazione delle quietanze relative all’avvenuto pagamento delle spese condominiali, è da considerarsi “terzo” rispetto a quell’accordo, con la conseguenza che lo stesso condominio può fornire la prova della simulazione “senza limiti”, ai sensi dell’art. 1417 c.c., e, quindi, sia a mezzo di testimoni, sia a mezzo di presunzioni, dovendosi inoltre escludere che, in dipendenza della natura di confessione stragiudiziale della quietanza, possano valere, riguardo alla sua posizione, i limiti di impugnativa della confessione stabiliti dall’art. 2732 c.c., che trovano applicazione esclusivamente nei rapporti fra il mandatario e il preteso simulato acquirente (arg. da Cass. Sez. 2, 24 aprile 2008, n. 10743; Cass. Sez. 2, 22 novembre 2016, n. 23758, non massimata).

In tema di prova per presunzioni della simulazione assoluta di una quietanza, spetta poi al giudice del merito apprezzare l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, che debbono essere valutati non solo analiticamente, ma anche nella loro globalità all’esito di un giudizio di sintesi, giudizio non censurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico, come appunto quella espressa dalla Corte di L’Aquila.

Né rileva la dedotta declaratoria di estinzione del reato per prescrizione nel giudizio che vedeva imputata l’attuale ricorrente, in quanto la Corte d’Appello, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, ha autonomamente rivalutato i fatti oggetto della presente causa.

Spettando al condomino ingiunto dal condominio per il pagamento dei contributi dare prova dell’avvenuto adempimento, l’affermata simulazione delle quietanze allegate dall’opponente ha inevitabilmente condotto i giudici del merito a respingere la proposta opposizione.”

© massimo ginesi 26 maggio 2017

mediazione ed opposizione a decreto ingiuntivo: un tema complesso e dibattuto.

Il legislatore ha previsto che alcune liti, fra cui le controversie in materia bancaria e quelle in tema di condominio, siano sottoposte a procedimento di medizione obbligatoria, a mente dell D.lgs 28/2010 e succ. mod.

L’esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità e deve essere attuato su iniziativa delle parti o su ordine del giudice, in difetto  la controversia sarà dichiarata improcedibile.

La ratio dell’istituto è palesemente volta a deflazionare l’enorme carico della giustizia civile, auspicando (con risultati statistici in realtà assai poco  lusinghieri) che le parti possano risolvere il contrasto su basi metagiuridiche e personali – poiché tali sono i presupposti primi della mediazione – prima di arrivare a chiedere tutela giudiziale.

Il procedimento delineato dal D.lgs 28/2010  va in realtà a toccare distretti che attengono alle origini conflittuali e personali che spesso fondano la domanda e, ove condotto da un bravo mediatore, può effettivamente condurre alla risoluzione del conflitto fra le parti e alla rinuncia alle domande che a quel conflitto erano strumentali.

A fronte di tali presupposti appare non priva di fondamento la giurisprudenza sempre più restrittiva che impone la presenza delle parti personalmente al primo incontro, poiché è evidente che la capacità di disporre del diritto e di coinvolgere i distretti emotivi – che spesso sottendono la lite – risulta enormemente affievolita ove all’incontro partecipi un delegato e non la parte.

Vi è però un altro aspetto di grande rilievo e che attiene alla mediazione in  quei procedimenti a contraddittorio differito, quali il decreto ingiuntivo e la successiva eventuale opposizione.

In tal caso l’art. 5 comma 4a del D.lgs 28/2010 prevede che il procedimento di mediazione obbligatoria non si applica “nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”

Accade quindi che, nella prassi operativa, il Condominio ottenga legittimamente decreto ingiuntivo ex art. 63 disp.att. cod.civ nei confornti del condomino moroso, costui proponga opposizione, alla prima udienza si discuta della eventuale sospensione della esecuzione ex art 649 c.p.c. (fase che ha natura latamente  cautelare) e poi il Giudice, emessi i provvedimenti sulla esecutorietà, rilevi che si tratta di procedimento in cui la mediazione è obbligatoria e rimetta le parti dinanzi al mediatore, affinchè si avveri la condizione di procedibilità.

Ci si è posti il dubbio su  chi debba essere il soggetto onerato di introdurre il procedimento e quali siano gli effetti dell’eventuale inosservanza dell’ordine del giudice: qualora la mediazione non venga esperita si darà luogo alla improcedibilità della sola opposizione o anche alla revoca del decreto ingiuntivo?

Il problema è stato affrontato e risolto da Cassazione civile, sez. III, 03/12/2015,  n. 24629, con una pronuncia che chi scrive trova condivisibile ma – indubitabilmente – unisce considerazioni di natura giuridica a riflessioni di politica giudiziaria: “La disposizione di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, di non facile lettura, deve essere interpretata conformemente alla sua ratio. La norma è stata costruita in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell’efficienza processuale. In questa prospettiva la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira – per cosi dire – a rendere il processo la estrema ratio: cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse. Quindi l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo. Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la difficoltà di individuare il portatore dell’onere deriva dal fatto che si verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che il creditore del rapporto sostanziale diventa l’opposto nel giudizio di opposizione. Questo può portare ad un errato automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale (che normalmente è l’attore nel rapporto processuale) la parte sulla quale grava l’onere. Ma in realtà – avendo come guida il criterio ermeneutico dell’interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione – la soluzione deve essere quella opposta. Invero, attraverso il decreto ingiuntivo, l’attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. E’ l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. E’ dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perchè è l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga. La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perchè premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice. Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso decreto ingiuntivo. E’, dunque, l’opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.. Soltanto quando l’opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente convenuto sostanziale, opposto – attore sostanziale. Ma nella fase precedente sarà il solo opponente, quale unico interessato, ad avere l’onere di introdurre il procedimento di mediazione; diversamente, l’opposizione sarà improcedibile.”

Non sono mancate pronunce di merito di segno opposto, alcune recenti, altre precedenti alla conclusione del giudice di legittimità.

Il Tribunale di Benevento, con pronuncia del 23 gennaio 2016, è pervenuto a soluzione diametralmente opposta, discostandosi dall’orientamento della suprema corte con argomenti ampi e che – tuttavia – non convincono: il giudice campano, criticando l’orientamento espresso da Cass. 24629/2015, afferma” Tali asserzioni sono difficilmente compatibili col testo dell’art. 5, co. 4, d. lgs. 4.3.2010, n. 28: «I commi 1-bis e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; [OMISSIS]».
Ciò significa che: 1) non è vero che l’opponente abbia inteso «precludere la via breve per percorrere la via lunga»: l’opponente, infatti, prima della pronunzia sulle istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione, non deve esperire la mediazione: sicché non gli si può imputare di averla omessa; 2) non è vero che al creditore sia imposto «l’onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso decreto ingiuntivo»: la questione, infatti, che si pone nei casi come quello di specie, non è certo se il creditore, che abbia depositato il ricorso monitorio, debba proporre la domanda di mediazione prima che la controparte abbia sollevato l’opposizione (e, dunque, senza neppure sapere se opposizione sorgerà): il problema, invece, è di verificare quale delle parti debba esperire la mediazione medesima, ma solo una volta proposta l’opposizione ed esaurita la fase attinente alla concessione, od alla sospensione, della provvisoria esecuzione. Una volta che le argomentazioni della motivazione della sentenza in esame siano ritenute contrastanti con la disciplina della mediazione, che potrebbe essere stata fraintesa, l’intera decisione non può più essere condivisa.
Si deve, dunque, tornare al testo della legge: il più volte menzionato co. 1 bis dell’art. 5, d. lgs. 28/2010, onera della mediazione «Chi intende esercitare in giudizio un’azione»: ed è jus receptum che, nel caso del procedimento monitorio, seguito da opposizione, chi esercita l’azione, ossia l’attore, è il creditore, che insta per l’emanazione del decreto ingiuntivo (e, del resto, la pendenza della lite tra ricorrente e debitore risale, ai sensi dell’art. 643, co. 3, c.p.c., alla notificazione del ricorso e del decreto): anzi, prim’ancora, che chiede al Giudice l’attribuzione di un bene della vita. L’opponente, al contrario, subisce la domanda, ed appare anomalo e vessatorio imporgli di adempiere ad un onere, posto come condizione di procedibilità, quando, evidentemente, nessun interesse esso nutre, contrariamente al creditore opposto, all’emissione di una condanna contro di lui. Il principio affermato dalla S.C., del resto, troverebbe applicazione in ogni altro caso, nel quale la mediazione è differita ad un momento successivo all’introduzione della controversia (art. 5, comma 4, d. lgs. 4.3.2010, n. 28, lettere ‘b’ e ‘d’), ossia «nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile», e «nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile»: così dilagando in ulteriori ambiti, nei quali si propagherebbe la deroga al principio secondo cui la procedibilità della domanda è onere di chi pretende un bene della vita, e non certo di chi si limita a resistere. La conseguenza di quanto affermato, allora, è che l’improcedibilità non colpisce la domanda dell’opponente (domanda che tale non è, salve le riconvenzionali), bensì quella dell’opposto: e, pertanto, il decreto ingiuntivo dev’essere revocato.”

Sulla rilevanza della mediazione in tema di opposizione a decreto ingiuntivo si è stratificata numerosa giurisprudenza di merito; in senso contrario a quanto  indicato dalla Suprema Corte nel 2015 si segnalano sentenze del  Tribunale di Firenze: due in data  12 febbraio 2015 (estensore Guida), una del 24 settembre 2014 (estensore Guida) e una del 17 marzo 2014 (estensore Scionti), nonché pronunce del  Tribunale di Varese (estensore Buffone; 18 maggio 2012) e  del Tribunale di Verona (estensore Vaccari; 28 ottobre 2014), pronunce che fanno propria la tesi che per attore deve intendersi l’attore in senso sostanziale ossia l’opposto.

Di diverso avviso altri Tribunali, che si sono attenuti al principio poi espresso dal giudice di legittimità: Tribunale di Nola (estensore Frallicciardi), 24 febbraio 2015, Tribunale di Firenze 30 ottobre 2014 (estensore Ghelardini), Tribunale di Prato del 18 luglio 2011 (estensore Iannone), Tribunale di Siena  25 giugno 2012 (estensore Caramellino),  Tribunale di Rimini 17 luglio 2014 (estensore Bernardi); in tal senso anche una recente ordinanza del Tribunale di Massa 13.4.2017.

Si è detto di condividere la pronuncia della Suprema Corte del 2015 e di non ritenere convincenti le tesi dei giudici di merito che hanno espresso argomenti e decisioni  contrarie: le ragioni che inducono a tale lettura sono essenzialmente di ordine sistematico e prescindono da considerazioni deflative e di politica giudiziaria.

L’impianto processuale previsto dagli artt. 633 c.p.c. e seguenti prevede che il creditore, in determinate condizioni e a fronte della produzione di  documentazione espressamente indicata dalle norme, possa ottenere decreto ingiuntivo.

L’art. 63 disp.att. cod.civ., in materia condominiale, prevede  che tale provvedimento sia ottenuto dal condominio in forma provvisoriamente esecutiva, su istanza dell’amministratore, dietro la presentazione dei riparti ritualmente approvati.

Il decreto è ottenuto in assenza di contraddittorio e costituisce provvedimento di condanna anticipata in sé perfetto, suscettibile di divenire definitivo in assenza di opposizione, che l’ingiunto può proporre entro quaranta giorni dalla notifica. Si ritiene che il modello italiano sia ispirato al  c.d procedimento monitorio documentale, sicché “il provvedimento emesso dal giudice, diversamente rispetto al modello del procedimento monitorio puro, è risolutivamente condizionato alla proposizione di una eventuale opposizione e, dunque, può avere fin da subito efficacia esecutiva, e il giudizio che viene ad instaurarsi a seguito dell’opposizione risulta assimilabile ad una impugnazione”.

Dunque, ove l’ingiunto non si attivi, la condanna emessa in sede monitoria acquista definitività (art. 647 c.p.c.), al pari di qualunque titolo giudiziale e solo l’iniziativa dell’ingiunto (convenuto sostanziale) è idonea ad introdurre un ordinario giudizio di merito a cognizione piena, che condurrà alla emanazione di una sentenza in contraddittorio fra le parti, avente ad oggetto l’intero  merito della controversia.

Ne deriva che, poiché il legislatore ha ritenuto il decreto suscettibile di divenire cosa giudicata in assenza di attività dell’ingiunto, abbia poco senso rifarsi alle posizioni di attore e convenuto sostanziale contrapposte a quelle di attore e convenuto processuale, atteso che l’unica parte che ha interesse ad introdurre l’opposizione – al fine di  contestare la pretesa azionata in via monitoria e sottoporre al giudice il merito della vicenda – risulta  l’opponente e che la sua inerzia conduce , ex lege, alla definitività del decreto.

Ne consegue in via del tutto logica, ad avviso di chi scrive, che onerato della mediazione – in quanto soggetto interessato alla proposizione e prosecuzione del giudizio  di merito – non possa essere che l’opponente, atteso che il legislatore ha fornito il provvedimento emesso in via monitoria di una ossatura iniziale autoportante, idonea ad esser scalfita solo dalle iniziative dell’ingiunto e suscettibile di sopravvivere in via autonoma anche alle vicende estintive della causa di opposizione.

Non si comprende dunque per quali ragioni, a fronte di tale quadro sistematico, l’improcedibilità della opposizione per mancata proposizione della mediazione da parte dell’unico soggetto che ha interesse a coltivare la causa in via ordinaria, debba condurre alla revoca del decreto.

Un tale orientamento, tra l’altro, fornirebbe all’opponente dotato di un certo grado di disinvoltura l’opportunità di proporre opposizioni del tutto garibaldine – in materie in cui la mediazione è condizione obbligatoria di procedibilità, qual’è il condominio  – lasciando poi al creditore l’onere di coltivare la procedibilità della opposizione, pena la revoca del decreto: una vera e propria contraddizione in termini.

© massimo ginesi 27 aprile 2017 

mediazione ed opposizione a decreto ingiuntivo: una tesi innovativa.

La afferma il Tribunale di Pavia che, con ordinanza 9 marzo 2017, ha stabilito – dissentendo dall’orientamento della cassazione – che, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo in cui sia stata negata la provvisoria esecutorietà, il giudice può disporre la mediazione stabilendo che sia l’opposto a dover dare formale inizio al procedimento e che – ove ciò non avvenga – verrà dichiarata l’improcedibilità della opposizione e revocato il decreto.

Con lo stesso provvedimento il Tribunale lombardo ha anche ordinato che al procedimento di mediazione partecipi un terzo che non è parte del processo, ma dalla cui posizione può dipendere l’esito positivo della mediazione e che il mediatore debba verbalizzare al primo incontro le ragioni che impediscono la prosecuzione della mediazione.

“Considerato che la mediazione è una procedura informale che consente, con l’accordo delle parti, di chiamare in mediazione anche soggetti diversi da quelli coinvolti nel giudizio, specie se con la loro partecipazione a quella procedura essi possono oggettivamente aiutare le parti processuali nella ricerca di una soluzione amichevole della causa in corso e, nel contempo, prevenire la formazione di ulteriore contenzioso giudiziario, rispetto al quale la definizione giudiziale della presente opposizione sarebbe l’antecedente logico;

Valutato preliminarmente che la parte onerata dell’avvio della procedura di mediazione, come stabilito da Cass. 24629/15, sarebbe normalmente l’opponente e che il mancato avvio della mediazione determinerebbe la sanzione della conferma del decreto, ex art. 653, co. 1, cpc;

Ritenuto tuttavia che, da un lato, con ordinanza del 17.09.2015 non era concessa la provvisoria esecuzione del decreto di consegna della documentazione fideiussoria, emesso in sede monitoria e, dall’altro, che residua al magistrato la discrezionalità, da applicare nel caso di specie, di ritenere più opportuno porre l’onere dell’avvio in capo al convenuto opposto, dissentendo motivatamente da quanto stabilito dalla citata Cass 24629/15, che non aveva mai preso in considerazione la pur rilevante distinzione tra decreti ingiuntivi ai quali è concessa la provvisoria esecuzione (che da una prima valutazione possono apparire fondati) e decreti ai quali tale provvisoria esecuzione è stata negata (che da una prima valutazione possono invece apparire infondati), come appunto verificatosi nella specie;

Ritenuto infine che per imprescindibili motivi di organizzazione del ruolo, l’udienza di precisazione conclusioni, già programmata per il 9.03.2017 deve necessariamente essere rinviata al 2018;

Ciò premesso, visto l’art. 5, co. 2, D.Lgs. 28/2010, dispone Che le parti partecipino a una procedura di mediazione, invitando la parte più diligente ad avviare la procedura ma ponendo l’onere formale dell’avvio in capo al convenuto opposto, avvisandolo che in difetto la sua domanda di merito sarà dichiarata improcedibile e il decreto sarà revocato;

Viste le particolarità del presente giudizio, si invita la parte che avvia la procedura di mediazione a convocare avanti al mediatore sia la controparte processuale che il terzo, debitore principale, dal quale dipende, secondo le prospettazioni della banca opponente, l’impossibilità giuridica di produrre la documentazione chiesta dall’opposto con l’ingiunzione di pagamento;

Ritenuto che il regolare ed effettivo svolgimento della mediazione sarà condizione di procedibilità del giudizio, si avvisa che non sarà considerata soddisfatta la condizione con un mero incontro preliminare tra i difensori delle parti e il mediatore, essendo all’uopo necessaria la personale presenza delle parti o di loro procuratori ad negotia, muniti del potere di concludere l’accordo;

Si invitano le parti, ove una di esse dichiarasse la propria impossibilità di partecipare o di proseguire nella mediazione oltre il primo incontro, e ove in tale eventualità non fosse disposto un rinvio per consentirle di partecipare, a chiedere che il mediatore verbalizzi quali ostacoli oggettivi impediscono la partecipazione al primo incontro o si frappongono alla prosecuzione della mediazione oltre il primo incontro. Tale verbalizzazione non sarà considerata in violazione della riservatezza, riportando elementi valutabili ai fini delle decisione, ex art. 116, co. 2, cpc.”

© massimo ginesi 31 marzo 2017

la nullità della delibera può essere fatta valere anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo

E’ nota la posizione ormai consolidata della giurisprudenza sulla proprietà esclusiva dei balconi aggettanti, da riconoscere in capo ai titolari delle unità cui servono,  laddove gli stessi non abbiano caratteristiche decorative e architettoniche che consentano di qualificarli come elementi costituenti il prospetto architettonico dell’edificio. (Cass. 1156/2015)

Ove i balconi siano di proprietà esclusiva, la decisione in ordine al loro ripristino e alle relative spese è materia che esorbita dalla competenza della assemblea di condominio e da luogo a nullità della delibera. In tal senso si è espressa anche di recente la Suprema Corte  (  Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 1 dicembre 2015 – 12 gennaio 2016, n. 305), la quale ha rilevato che, in tal caso, il vizio radicale può essere fatto valere da chi vi abbia interesse anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo.

Non altrettanto può dirsi del vizio che dia luogo a semplice annullabilità della delibera (tardiva o omessa convocazione, maggioranza insufficiente), di cui il giudice della opposizione non può essere investito e che deve essere fatto tempestivamente valere dall’interessato in autonomo giudizio. (Cassazione civile, sez. II, 12/11/2012, ud. 12/07/2012, n. 19605

Sui rapporti fra giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e vizi delle delibere e sullo spinosissimo tema del c.d. supercondominio e della sua gestione secondo le modalità delineate dall’art. 67 disp.att. cod.civ. si è svolto ieri a Roma un interessante convegno cui hanno partecipato come relatori il dr. Claudio Tedeschi, Giudice presso il Tribunale di Roma, e il dr. Alberto Celeste, noto studioso del diritto condominiale e sostituto procuratore presso la Corte di Cassazione.

 Schermata 2016-07-08 alle 16.05.04