il rendiconto condominiale deve ispirarsi al criterio di cassa

Lo afferma, con una articolata motivazione, il tribunale capitolino  (Trib. Roma sez. V, 2 ottobre 2017) che, in un giudizio relativo all’impugnativa della delibera che ha approvato il consuntivo, è chiamato a giudicare sulla correttezza dell’operato dell’amministratore nel redigere uno degli atti cardine della sua gestione, ovvero il rendiconto.

Il condomino che agisce lamenta che la  delibera di approvazione deve ritenersi  illegittima in quanto viola i principi in tema di rendiconto dettati dall’art. 1130-bis c.c., in particolare perchè nello stato patrimoniale non era stato riportato il saldo del conto corrente alla data del 31-12-2014.

Il giudice richiama principi giurisprudenziali risalenti in tema di rendiconto condominiale e li armonizza con quanto oggi prevede l’art. 1130 bis cod.civ., tracciando un binario molto stretto sul quale l’amministratore è chiamato ad operare.

il rendiconto, predisposto dall’amministratore, risponde all’esigenza di porre i condòmini in grado di sapere come effettivamente sono stati spesi i soldi versati.

Non si ritiene che il bilancio debba essere redatto in forma rigorosa posto che non trovano diretta applicazione, nella materia condominiale, le norme prescritte per i bilanci delle società.

Pur tuttavia, per essere valido, il rendiconto deve essere privo di vizi intrinseci e deve essere accompagnato dalla documentazione che giustifichi le spese sostenute.

Inoltre deve essere intellegibile onde consentire ai condomini (i quali generalmente non hanno conoscenze approfondite sul come un bilancio debba essere formato e ‘letto’) di poter controllare le voci di entrata e di spesa anche con riferimento alla specificità delle partite atteso che tale ultimo requisito, come si desume dagli artt 263 e 264 c.p.c. che prevedono disposizioni applicabili anche al rendiconto sostanziale, costituisce il presupposto fondamentale perchè possano essere contestate, appunto, le singole partite.

Invero il rendiconto che viene portato all’approvazione dell’assemblea non è un mero documento contabile contenente una serie di addendi ma un atto con il quale l’obbligato giustifica le spese addebitate ai suoi mandanti si che vi sono delle regole minime che debbono essere rispettate.

Ed il bilancio, o meglio, il conto consuntivo della gestione condominiale non deve essere strutturato in base al principio della competenza, bensì a quello di cassa; l’inserimento della spesa va pertanto annotato in base alla data dell’effettivo pagamento, così come l’inserimento dell’entrata va annotato in base alla data dell’effettiva corresponsione.

La mancata applicazione del criterio di cassa (Cass. 10153/11), contrariamente a quanto affermato dal convenuto, è idonea ad inficiare sotto il profilo della chiarezza, dalla quale non si può prescindere, il bilancio.

In particolare, non rendendo intelligibili e riscontrabili le voci di entrata e di spesa e le quote spettanti a ciascun condomino, non si evidenzia la reale situazione contabile.

Pertanto laddove l’assemblea abbia approvato un consuntivo (che deve essere, come detto, un bilancio di ‘cassa’) che non sia improntato a tali criteri e violi, quindi, i diritti dei condòmini lo stesso ben potrà essere dichiarato illegittimo (Cass. 10153/11).

Il criterio di cassa, in base al quale vengono indicate le spese e le entrate effettive per il periodo di competenza, consente infatti di conoscere esattamente la reale consistenza del fondo comune.

Laddove il rendiconto sia redatto, invece, tenendo conto sia del criterio di cassa e che di competenza (cioè indicando indistintamente, unitamente alle spese ed alle entrate effettive, anche quelle preventivate senza distinguerle fra loro) i condomini possono facilmente essere tratti in inganno se non sono chiaramente e separatamente indicate le poste o non trovino riscontro documentale.

Inoltre, con il bilancio, devono sempre essere indicati (con possibilità di facile riscontro documentale) la situazione patrimoniale del condominio e gli eventuali residui attivi e passivi, l’esistenza e l’ammontare di fondi di riserva obbligatori (ad esempio l’accantonamento per il trattamento di fine rapporto del portiere) o deliberati dall’assemblea per particolari motivi (ad esempio fondo di cassa straordinario).

Ovviamente la situazione patrimoniale deve rispettare il prospetto approvato nella gestione precedente onde verificare la possibilità di un’eventuale ‘scomparsa’ di somme di danaro. Il criterio di cassa consente altresì di fare un raffronto tra le spese sostenute ed i movimenti del conto corrente bancario intestato al Condominio; a ciascuna voce di spesa deve corrispondere un prelievo diretto a mezzo assegno o bonifico sul/dal conto corrente condominiale.

Inoltre, per consentire ai condomini di apprezzare e valutare il bilancio, l’amministratore dovrà indicare ed inviare ad ogni condomino un elenco delle spese sostenute (con data e causale dell’importo) già diviso per categorie secondo il criterio di ripartizione (come spese generali, acqua riscaldamento, ecc), l’indicazione delle quote incassate dai condomini e quelle ancora da incassare, l’indicazione delle spese ancora da sostenere, le eventuali rimanenze attive (fondi, combustibile ed altro) ed il piano di riparto che indichi per ogni condomino e per ogni categoria di spesa il criterio di riparto e la quota a suo carico.

Modalità di predisporre il bilancio previste anche dal legislatore con il novellato art. 1130-bis c.c.. Onde la mancanza di tali indicazioni, che conferiscono certezza e chiarezza al bilancio, ovvero la presenza di elementi che ne inficino la veridicità quali l’omissione o l’alterazione dei dati (ad esempio sugli interessi dei depositi) determina l’illegittimità del bilancio stesso che si estende alla delibera che l’approvi e che sia oggetto di contestazione.

Ebbene, nel caso in esame, a tali regole l’amministratore non si è attenuto in particolare non avendo riportato, neanche nella situazione patrimoniale, il saldo ed i movimenti del conto corrente, dati essenziali per la verifica della corretta ricostruzione contabile posto che l’esame della movimentazione del conto (che proviene da un terzo, la banca) rappresenta il riscontro di tutte le entrate e le spese in danaro (che l’amministratore ha l’obbligo di rendere tracciabili). Irrilevante che sul conto confluiscano anche le spese per il riscaldamento, circostanza che avrebbe dovuto, anzi, essere più chiaramente portata a conoscenza dei partecipanti.

Ed inoltre, nel caso in esame, la mancata indicazione del dato richiesto appariva collegata con anticipazioni dell’amministratore che sono rimaste sconosciute ai condomini. Emergenza che rende evidente il mancato rispetto dei necessari richiesti criteri contabili suesposti. “

© massimo ginesi 23 ottobre 2017 

costituisce appropriazione indebita la mancata consegna di cassa e documenti

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L’amministratore revocato che trattiene la cassa condominiale e i documenti relativi al fabbricato commette il reato di appropriazione indebita, previsto dall’art. 646 c.p., anche se ritiene che la sua revoca sia illegittima.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione II sez. penale con sentenza 38660/2016, decisa all’udienza del 10 giugno  2016 e depositata in data 19 settembre 2016.

I fatti: “Con sentenza del 22/20/2015 la Corte di Appello di Palermo ha confermato la pronuncia del Tribunale di Palermo che il 29/11/2014 aveva riconosciuto la penale responsabilità di C. A. in ordine al reato di cui agli artt. 646 e 61 n. 1 cod. pen. per essersi appropriato, abusando della sua nomina di amministratore condominiale dello stabile sito in Palermo al viale Regione Siciliana n. 476, della somma di euro 2.050,00, di tutti i libri contabili e della documentazione amministrativa in suo possesso

I motivi di ricorso: adduce il ricorrente che sussisterebbe “violazione degli artt. 646 cod. pen., 125 e 546 cod. pen. per avere la Corte territoriale omesso di considerare che ai fini della configurazione del reato contestato è necessario che la restituzione della cosa posseduta venga rifiutata senza alcuna legittima ragione, da ravvisarsi invece nel caso di specie nell’irritualità della convocazione dell’assemblea condominiale chel’aveva revocato dalla carica di amministratore, sicché doveva ritenersi che lo stesso condominio era ancora amministrato dal ricorrente in regime di prorogatio imperii, tanto che lo stesso ricorrente aveva convocato una nuova assemblea

Adduce ancora il ricorrente che non sussisterebbe prova che le somme versate dai condomini siano state destinate a suo profitto e che sussisterebbe comunque particolare tenuità del fatto.

Le motivazioni della Cassazione sono di grande rigore e devono richiamare con particolare energia l’attenzione degli amministratori su un momento cruciale, quale il passaggio delle consegne, e su condotte delle quali, troppo spess,o si ignorano le possibili conseguenze a rilievo penale.

Afferma infatti il Giudice di legittimità che: “ai fini della configurazione del delitto di appropriazione indebita non può ritenersi determinante la ritualità o meno della convocazione dell’assemblea che aveva revocato il ricorrente dalla carica di amministratore del condominio, convocazione alla quale, peraltro, lo stesso aveva risposto esternando comunque la volontà di dimettersi da tale carica, risultando evidenziato dalla sentenza che comunque il Chetta non ebbe a restituire la somma percepita ed i libri contabili neanche successivamente, nemmeno a seguito della richiesta formulatagli con raccomandata speditagli dal legale del condominio”

Infondati anche gli altri motivi di ricorso: quanto al profitto la Corte rileva che i giudici di merito hanno ritenuto correttamente e senza contraddizioni che il mancato versamento delle ritenute di acconto per il Condominio, relativamente alle quali l’amministratore aveva ricevuto i denari necessari dai condomini integrasse la prova della distrazione a proprio profitto  per costui.

Quanto alla particolare tenuità del fatto, non riconosciuta dai giudici di merito e che comporterebbe la non punibilità ai sensi dell’art. 131 bis  c.p., la Cassazione sottolinea che la modestia delle somme non è solo elemento di rilevanza: “Per la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, condivisa dal Collegio, infatti, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. La sentenza impugnata risulta essersi rigorosamente attenuta a tali principi, atteso che non solo, nel determinare la pena, ha sottolineato la “pervicacia” del C., per essersi questo “..addirittura spinto a lamentare la mancanza di pagamenti a suo favore da parte del condominio, nonché esponendo il medesimo all’eventuale pagamento della sanzione amministrativa cui la stessa difesa ha fatto riferimento”.

© massimo ginesi 20 settembre 2016