autorimesse costruite sul cortile comune: prevale l’accessione ex art 934 c.c. e divengono comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c.

Le autorimesse costruite su un cortile comune accedono all’area su cui sono costruite e, per tale ragione, divengono comuni pro quota fra i singoli condomini ai sensi dell’art. 1117 c.c., seguendo anche nei trasferimenti dell’unità immobiliare il particolare regime giuridico circolatorio che attiene ai beni condominiali. Non incide, nello specifico caso, la disciplina vincolistica sui parcheggi, ma la disciplina generale del condominio.

 E’ quanto afferma, con esaustiva ed interessante motivazione, una recente sentenza  di legittimità (Cass.civ. sez. II  14 giugno 2019 n. 16070 rel. Scarpa).

la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, per raggiungere la conclusione che il box era stato trasferito a C.G.A. quale pertinenza dell’appartamento di cui all’atto pubblico del 16 giugno 1999, ha posto in evidenza che il cortile dove furono realizzati i nuovi box nel 1988 era di proprietà comune pro quota fra i condomini, sicché “tutti e ciascuno di essi appartenevano… ai singoli trentatrè titolari delle proprietà esclusive”.

Ora, secondo consolidato orientamento di questa Corte, il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, in base al testo introdotto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18 (e prima della modifica introdotta dalla L. n. 246 del 2005, art. 12, comma 9, nella specie inoperante ratione temporis) norma di per sé imperativa, non può subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla medesima norma imperativa.

La normativa urbanistica, dettata dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, una misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio da destinare obbligatoriamente a parcheggi, pari ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, secondo i parametri applicabili per l’epoca dell’edificazione (parametri poi modificati dalla L. n. 122 del 1989, art. 2), verificati a monte dalla P.A. nel rilascio della concessione edilizia (Cass. 11 febbraio 2009, n. 3393).

Questa Corte ha altresì spiegato come gli spazi che debbono essere riservati a parcheggio ex art. 41 sexies possono essere ubicati indifferentemente nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, trattandosi di modalità entrambe idonee a soddisfare l’esigenza, costituente la ratio della norma, di deflazione della domanda di spazi per parcheggio nelle aree destinate alla pubblica circolazione, non essendo, peraltro, consentito al giudice di sindacare le scelte compiute in proposito dalla P.A. (Cass. 22 febbraio 2006, n. 3961).

L’elaborazione giurisprudenziale ha anche chiarito come lo standard urbanistico prescritto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, pone un vincolo pubblicistico di destinazione degli spazi da utilizzare come parcheggio “a servizio delle singole unità immobiliari”, con la conseguenza che “il godimento di tale spazio, nell’ipotesi di fabbricato condominiale, deve essere assicurato in favore del proprietario del singolo appartamento” (Cass. 4 agosto 2017, n. 19647; Cass. 4 febbraio 1999, n. 973). Il vincolo non opera, quindi, genericamente a favore del fabbricato condominiale o dei condomini indistintamente, ma delle singole unità immobiliari di cui l’edificio si compone.

Nella specie, è tuttavia accertato in fatto che le autorimesse oggetto della concessione edilizia del 7 gennaio 1988 furono costruite in un cortile di proprietà condominiale.

I cortili (ed esplicitamente pure le stesse aree destinate a parcheggio, dopo l’entrata in vigore della L. n. 220 del 2012), rispetto ai quali manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio, rientrano tra le parti comuni dell’edificio condominiale, a norma dell’art. 1117 c.c. (Cass. 8 marzo 2017, n. 5831), e la loro trasformazione in un’area edificabile destinata alla installazione, con stabili opere edilizie, di autorimesse, a beneficio di alcuni soltanto dei condomini, seppur faccia venir meno la funzione dell’area comune, non ne comporta una sottrazione al regime della condominialità sotto il profilo dominicale (arg. da Cass. 9 dicembre 1988, n. 6673; Cass. 14 dicembre 1988, n. 6817; Cass. 16 febbraio 1977, n. 697).

Ciò a differenza del locale autorimessa, che, se anche situato entro il perimetro dell’edificio condominiale, non può ritenersi ex se incluso tra le “parti comuni dell’edificio” ai diretti effetti dell’art. 1117 c.c. (cfr. Cass. 22 ottobre 1997, n. 10371).

Essendo state costruite le autorimesse, assentite con concessione edilizia del 7 gennaio 1988, nel cortile comune, su richiesta di ventuno condomini del complesso di (OMISSIS), le stesse dovevano intendersi per accessione, ai sensi dell’art. 934 c.c., di proprietà comune pro indiviso a tutti i condomini dell’immobile, salvo contrario accordo, che deve rivestire la forma scritta ad substantiam (arg. da Cass. Sez. Un. 16 febbraio 2018, n. 3873).

Giacché appartenenti in comunione ai singoli condomini, quali comproprietari ex art. 1117 c.c. del cortile sul cui suolo sono state costruite, ogni acquisto di un’unità immobiliare compresa nell’edificio condominiale comprende la quota di comproprietà delle autorimesse comuni e il diritto di usufruire della stessa, a nulla rilevando l’eventuale divergenza fra il numero delle autorimesse e quello dei partecipanti al condominio (divergenza su cui invece si sofferma la ricorrente), la quale può semmai incidere ai fini della regolamentazione dell’uso di esse (arg. da Cass. 16 gennaio 2008, n. 730; Cass. 18 luglio 2003, n. 11261; Cass. 28 gennaio 2000, n. 982).

Deve concludersi che l’acquisto del diritto sul box auto sito all’interno del Condominio di (OMISSIS), riconosciuto dalla Corte d’Appello in capo a C.G.A. a titolo di “pertinenza dell’appartamento” di cui all’atto pubblico 16 giugno 1999, discenda piuttosto quale automatica conseguenza dall’essere comprese le autorimesse realizzate nel complesso edilizio fra le parti comuni a tutti i partecipanti. Non rileva, cioè, in maniera decisiva, nella fattispecie di causa, il vincolo previsto dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, introdotto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, su cui si incentra il ricorso, quanto il regime circolatorio tipico delle parti comuni, proprio del condominio edilizio.

L’alienazione dell’unità immobiliare compresa nel Condominio di (OMISSIS) in favore di C.G.A. doveva per questo comportare il trasferimento della titolarità pro quota delle autorimesse costruite nel cortile condominiale.”

© massimo ginesi 20 giugno 2019 

 

parcheggi vincolati: se non sono attribuiti in proprietà esclusiva sono comuni ex art. 1117 cod.civ.

E’ quanto afferma una recente sentenza della Suprema Corte (Cass.Civ. sez.VI-2 21 febbraio 2018 n. 4255 rel. Scarpa).

La disciplina vincolistica in tema di parcheggi  pertinenziali ha visto una rilevante evoluzione legislativa e interpretativa e rappresenta una materia di non sempre semplice inquadramento.

Le aree esterne vincolate a parcheggio

La Suprema Corte rileva come  la vigente  normativa imponga  il vincolo di destinazione ma non obblighi al trasferimento della proprietà della stessa area vincolata, sicché ove tali beni non siano stati oggetto di atti traslativi specifici fra il costruttore e i singoli condomini, vanno ascritti ai beni comuni.

“la Corte d’Appello di Palermo, negando la legittimazione ad agire dell’amministratore con riguardo allo scantinato gravato dal vincolo di destinazione a parcheggio, non si è uniformata alla consolidata interpretazione di questa Corte, secondo cui la speciale normativa urbanistica, dettata dall’art. 41 sexies della legge n. 1150 del 1942, introdotto dall’art. 18 della legge n. 765 del 1967, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d’uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell’edificio, senza imporre all’originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà degli spazi in questione.

Pertanto, ove manchi un’espressa riserva di proprietà o sia stato omesso qualsiasi riferimento, al riguardo, nei singoli atti di trasferimento delle unità immobiliari, le aree in questione, globalmente considerate, devono essere ritenute parti comuni dell’edificio condominiale, ai sensi dell’art. 1117 c.c., con conseguente legittimazione dell’amministratore di condominio ad esperire, riguardo ad esse, le azioni contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere il ripristinodei luoghi ed il risarcimento dei danni, giacché rientranti nel novero degli “atti conservativi”, al cui compimento l’amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130, n. 4, c.c. (Cass. Sez. 6 – 2, 08/03/2017, n. 5831; Cass. Sez. 2, 16/01/2008, n. 730; Cass. Sez. 2, 18/07/2003, n. 11261).”

© massimo ginesi 23 febbraio 2018