nomina di amministratore giudiziario e ricorso in cassazione.

una recente pronuncia  del giudice di legittimità (Cass.Civ. sez. VI 16 novembre 2017 n. 27165 rel. Scarpa) ribadisce un consolidato principio, ovvero l’inammissibilità del ricorso in cassazione contro il provvedimento che statuisca sulla nomina di amministratore giudiziario del condominio da parte del giudice di merito, per inidoneità dello stesso a divenire cosa giudicata.

Contro la decisione del Tribunale è dunque ammesso reclamo alla Corte di appello, ma la statuizione di quest’ultima non è ulteriormente ricorribile in cassazione, se non  per il capo relativo alla condanna alle spese.

La pronuncia coglie l’occasione per delineare anche gli stretti confini dell’azione in sede di volontaria giurisdizione, in cui non possono trovare ingresso tematiche riservate invece all’ordinario giudizio contenzioso.

Secondo consolidato orientamento di questa Corte, infatti, è inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo contro il decreto del tribunale in tema di nomina dell’amministratore di condominio, previsto dall’art. 1129, comma 1, c.c., attesa la carenza di attitudine al giudicato di quest’ultimo, non essendo diretto a risolvere un conflitto di interessi ma solo ad assicurare al condominio l’esistenza dell’organo necessario per l’espletamento delle incombenze ad esso demandate dalla legge.

La mancanza di decisorietà del decreto non viene meno neppure in ragione della dedotta violazione di norme strumentali preordinate alla sua emissione, in quanto il carattere non definitivo di esso si estende necessariamente alla definizione di ogni questione inerente al procedimento nel quale viene reso. Tale ricorso è invece ammissibile esclusivamente avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo rispetto a quello in esito al cui esame è stata adottata, e pertanto dotata dei connotati della decisione giurisdizionale con attitudine al giudicato, indipendentemente dalle caratteristiche del provvedimento cui accede (Cass. Sez. 2, 06/05/2005, n. 9516; Cass. Sez. 2, 11/04/2002, n. 5194;Cass. Sez. 2, 21/02/2001, n. 2517; Cass. Sez. 2, 13/11/1996, n. 9942).”

Quanto ai limiti del giudizio, la corte osserva che “Esulano, pertanto, dall’ambito del procedimento di nomina giudiziale dell’amministratore le questioni inerenti all’eventuale esistenza di conflitti, sia all’interno del condominio, da parte di quei condomini che ritengano che l’amministratore sia stato già eletto, sia all’esterno, da parte di chi sostenga di essere stato investito validamente dell’ufficio di amministratore, in quanto tali conflitti devono risolversi nell’appropriata sede assembleare, e lo strumento di tutela è quello giurisdizionale, secondo le regole ordinarie poste dall’art. 1137 c.c.

Né possono essere oggetto del procedimento di nomina giudiziale ex art. 1129 c.c. le irregolarità gestionali che si attribuiscano all’amministratore in carica.

Sono infine prive di ogni inerenza decisoria rispetto al proprium del procedimento ex art. 1129, comma 1, c.c., le questioni preliminari circa la configurabilità di un unico condominio, o di condomini separati ed autonomi seppur aventi parti comuni, sul modello attualmente contemplato dagli artt. 1117 bis c.c. e 67, commi 3 e 4, disp. att. c.c., trattandosi all’evidenza di questioni da risolvere in un giudizio contenzioso che veda quali legittimi contraddittori i comproprietari del bene.”

© massimo ginesi 27 novembre 2017

 

la nomina dell’amministratore che non indica il compenso è nulla

Lo ha stabilito  una recente sentenza (Tribunale di Massa 6 novembre 2017 n. 917 ), che ha dichiarato nulla la nomina di un amministratore che non aveva indicato analiticamente la propria richiesta di compenso. La pronuncia affronta anche diversi altri motivi fatti valere dalle parti, che tuttavia si rivelano infondati.

Il compenso dell’amministratore non risultava da alcun documento, né antecedente né posteriore alla assemblea, né sussisteva formale accettazione. Alcuni mesi dopo la riunione il presiedente ed il segretario della riunione avevano predisposto, a loro firma, una nota di correzione del verbale ove si dichiarava che l’assemblea – prima di procedere alla nomina – era stata resa edotta dell’importo richiesto dall’amministratore.

Il condominio si è difeso osservando anche che il compenso dell’amministratore era stato comunque indicato come voce del preventivo approvato.

il Tribunale ha osservato che “Risulta (…) fondata la censura sulla nullità della nomina dell’amministratore, in assenza di una valida accettazione che contenga specifica indicazione del suo compenso; il dettato dell’art. 1129 comma XIV cod.civ. è tassativo e non ammette equipollenti: “È nulla la nomina dell’amministratore di condominio – con conseguente nullità della delibera in parte qua – in assenza della specificazione analitica del compenso a quest’ultimo spettante per l’attività da svolgere, in violazione dell’art. 1129, comma 14, c.c. Tale norma, che mira a garantire la massima trasparenza ai condomini e a renderli edotti delle singole voci di cui si compone l’emolumento dell’organo gestorio al momento del conferimento del mandato, si applica sia nel caso di prima nomina dell’amministratore che nel caso delle successive riconferme” . Tribunale Milano, sez. XIII, 03/04/2016, n. 4294
A tal fine va osservato che nel verbale di assembla nulla risulta in ordine al compenso, né potrà a tal fine rilevare – come pretenderebbe il convenuto – la mera indicazione di una somma complessiva, per nulla dettagliata, inserita fra le voci del preventivo che – anche ove si possa ritenere che comprenda tutto quanto dovuto all’amministratore alla luce di Cass. 22313/2013 – non soddisfa quella esigenza di chiarezza documentale, trasparenza e formalità che traspaiono dal meccanismo di nomina ed accettazione individuati dal novellato art. 1129 cod.civ., meccanismo che non può prescindere da un atto formale dal quale risulti l’espressa e analitica indicazione del compenso.

Mette conto di rilevare, in proposito, che il preventivo di spesa costituisce una semplice stima – che potrebbe anche essere variata in sede di consuntivo – e non rappresenta invece quell’assunzione di un obbligo negoziale da parte dell’amministratore in ordine al corrispettivo (che rappresenta l’obbligazione assunta dal condominio) che oggi appare indispensabile a mente del novellato art. 1129 cod.civ., a tutela della posizione contrattuale del mandante.
Il Condomino non ha peraltro provato che tale indicazione fosse stata allegata alla convocazione, che neppure è stata prodotta, né che vi sia stato un formale atto di accettazione conforme al dettato di cui all’art. 1129 commi II e XIV cod.civ., norma inderogabile ex art 1138 cod.civ.”

La sentenza contiene anche ulteriori statuizioni che possono essere di interesse, attenendo ad aspetti frequentemente controversi in ambito condominiale:

PRESIDENTE E SEGRETARIO ASSEMBLEA – gli attori si dolevano che gli organi assembleari  non fossero stati ritualmente nominati e che avessero provveduto, altrettanto irritualmente, a correggere a posteriori il verbale, integrandolo con i dati del compenso richiesto dall’amministratore. Osserva il Tribunale che “paiono altresì non provate (e comunque destituite di fondamento) le istanze circa l’invalidità della delibera per la irregolare nomina di presidente e segretario.
Va a tal proposito evidenziato che dal verbale risulta che costoro siano stati eletti dalla assemblea e che le parti attrici, seppur presenti, non abbiano in quella sede contestato alcunché: era peraltro in capo a loro l’onere di provare, ex art 2697 I comma cod.civ., la sussistenza del vizio lamentato, prova che non risulta fornita: “.Il verbale di una assemblea condominiale ha natura di scrittura privata, sicché il valore di prova legale del verbale di assemblea condominiale, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto della scrittura e, per impugnare la veridicità di quanto risulta dal verbale, non occorre che sia proposta querela di falso, potendosi, invece, far ricorso ad ogni mezzo di prova. Incombe, tuttavia, sul condomino che impugni la delibera assembleare l’onere di sovvertire la presunzione di verità di quanto risulta dal relativo verbale.” Cass. 11375/2017
Né, peraltro, risulta alcuna norma che preveda l’esistenza di tali figure nella assembla condominiale e, anche a voler mutuare la loro funzione dai principi generali in tema di funzionamento degli organi collegiali, non si rinviene alcun dato normativo – ne parte attrice lo individua – che preveda che eventuali vizi afferenti alla nomina di tali soggetti comportino nullità dei deliberati della assemblea, sussistendo anzi giurisprudenza in senso assolutamente contrario (Tribunale Milano, 24/07/1997)”

SULLA POSSIBILITA’ DI INTEGRAZIONE SUCCESSIVA DEL VERBALE – “non può avere alcun rilievo il bizzarro atto di integrazione del verbale inviato ai condomini alcuni mesi dopo l’assemblea e che reca almeno tre date diverse: tale scrittura rappresenta una mera dichiarazione – parrebbe a posteriori – di coloro che lo sottoscrivono ed al quali non si può riconoscere alcun valore se non quello di semplice dichiarazione riconducibile agli estensori, atteso che è lecito ritenere che gli organi assembleari (presidente e segretario) cessino la loro funzione – e vengano meno i relativi poteri – con la chiusura della riunione e non potendo ritenersi consentito emendare, a posteriori e in sedi diverse dalla assemblea (con il relativo assenso dei partecipanti), la carenza di elementi essenziali del verbale e delle delibere che quel verbale attesta esser avvenute.”

SULLA LEGITTIMAZIONE DEGLI USUFRUTTUARI – Deve preliminarmente essere dichiarata infondata anche l’eccezione, avanzata dal convenuto, relativa alla asserita di carenza di legittimazione attiva degli usufruttuari M F e C F, per le delibere che riguarderebbero lavori straordinari, atteso che a fronte della solidarietà fra usufruttuario e nudo proprietario, oggi prevista dall’art. 67 disp.att.cod.civ., la delibera è direttamente ed immediatamente azionabile contro entrambi, sì che a costoro va riconosciuta la pari facoltà di agire per far dichiarare la sua invalidità.

SULL’OBBLIGO DI INDICAZIONE NOMINATIVA DEI VOTANTI – Parimenti del tutto infondata si rivela la doglianza rispetto alle irregolarità che inficerebbero la votazione per non essere stati nominativamente indicati tutti i soggetti che hanno votato a favore e contro: il verbale contiene, in apertura, l’elenco di tutti i soggetti presenti e, per ogni punto in votazione, l’indicazione di chi abbia eventualmente votato contro, con l’espressa quantificazione del loro valore millesimale complessivo. Si tratta, in accordo con la giurisprudenza consolidata, di modalità più che sufficienti a garantire la facoltà di impugnazione ai dissenzienti e la possibilità di individuare i soggetti che abbiano votato a favore e il loro valore millesimale. (Cass. 6552/2015; Cass. 2413272009, cass. 10329/1998); 

SULLA FACOLTA’ DI TESTIMONIARE DEI CONDOMINI  -Altrettanto singolare che parte attrice si ostini a reiterare istanze istruttorie in cui elenca quali testimoni unicamente soggetti che rivestono la qualità di condomino, sostenendo che costoro “sono gli unici a poter testimoniare sulla materia condominiale e, in particolare, sulle circostanze avvenute in sede di assemblea” (pag. 7 comparsa conclusionale).
Sulla mancata ammissione delle testimonianze sarà sufficiente osservare che “I singoli condomini sono privi di capacità a testimoniare nelle cause che coinvolgono il condominio, poiché l’eventuale sentenza di condanna è immediatamente azionabile nei confronti di ciascuno di essi.” Cass. 17199/2015; l’inammissibilità è stata tempestivamente eccepita dal convenuto nella terza memoria ex art 183 VI comma c.p.c.

SUL MANCATO INVIO DEI PREVENTIVI PER LAVORI STRAORDINARI –Infondata risulta la censura relativa alla approvazione di spese straordinarie, che si assume illegittima poiché non sarebbero stati preliminarmente inviati preventivi: posto che tale procedura non è prevista da alcuna norma in materia di condominio e che l’assemblea, ove raggiunga le maggioranze necessarie, è assolutamente sovrana nella scelta delle opere da eseguire, ivi compresi i relativi costi, ciò nell’ambito delle attribuzioni dell’organo collegiale stabilite dall’art. 1135 cod.civ. e salvi solo i limiti delineati dagli artt. 1102 e 1120 cod.civ

SULLA CESSAZIONE DELLA MATERIA DEL CONTENDERE – la dedotta nullità della delibera impedisce qualunque sanatoria, di tal chè la delibera successivamente assunta in data 3.6.2017 – con cui è stato nominato lo stesso amministratore B. – si pone come atto autonomo e distinto da quello impugnato, avente effetti dal momento della sua adozione ed inidoneo a sanare il vizio dedotto nel presente procedimento, circostanza che se da un lato consente di ritenere ovviato il problema concreto della nomina dell’amministratore a far data dal 3.6.2017, dall’altro lascia intatto l’interesse dagli attori di veder dichiarare la nullità della precedente nomina e impedisce di ritenere cessata la materia del contendere, sì che si dovrà pronunciare anche in punto di soccombenza, ai sensi dell’art. 91 cod.proc.civ., senza alcun criterio virtuale.

© massimo ginesi 13 novembre 2017

 

 

la sentenza risulta pubblicata sulla banca dati giuffrè e sul portale giuffrè Condominio&locazioni, con nota di Luigi Salciarini.

16 novembre 2017

diligenza dell’amministratore: una sentenza anacronistica…

Accade con frequenza che, dati i tempi della giustizia italiana, alcune pronunce di legittimità che affermano principi peculiari riguardino situazioni che, sotto il profilo normativo, non sono più attuali.

E’ ovviamente compito dell’interprete qualificare correttamente la fattispecie e rendersi conto della effettiva portata e residua attualità della sentenza, in forza del principio tempus  regit actum, di tal chè ciò che i giudici di legittimità hanno affermato  per una causa sorta quindici anni fa potrebbe essere principio di diritto non più attuale.

In materia condominiale tale fenomeno è reso ancor più evidente dall’entrata in vigore della L. 220/2012, che radicalmente mutato la disciplina di alcuni istituti, primo fra tutti la figura dell’amministratore di condominio.

Appare allora singolare leggere – nel web e su diverse  pubblicazioni – autori che, a fronte di Cass.Civ.  sez. VI Civile 20 ottobre, n. 24920, affermano che l’amministratore è tenuto ad osservare la diligenza del buon padre di famiglia e non ha l’obbligo ma solo la facoltà di richiedere decreto ingiuntivo.

La sentenza afferma effettivamente tali principi:”l’amministratore ha, nei riguardi dei partecipanti al condominio, una rappresentanza volontaria, in mancanza di un ente giuridico con una rappresentanza organica, talché i poteri di lui sono quelli di un comune mandatario, conferitigli, come stabilito dall’art. 1131 c.c., sia dal regolamento di condominio sia dalla assemblea condominiale (Cass. 9 aprile 2014, n. 8339; Cass. 4 luglio 2011, n. 14589). Nell’esercizio delle funzioni assume le veste del mandatario e pertanto è gravato dall’obbligo di eseguire il mandato conferitogli con la diligenza del buon padre di famiglia a norma dell’art. 1710 c.c.. 

Nel caso di specie la Corte d’appello ha accertato, con apprezzamento in fatto, che l’amministratore nel periodo 2005/2006 aveva più volte sollecitato, anche per iscritto, i condomini morosi al versamento delle quote condominiali, avendo egli la facoltà e non l’obbligo di ricorrere all’emissione di un decreto ingiuntivo nei riguardi dei condomini morosi.
La deduzione appare corretta perché l’art. 63 disp. att. cc. non prevede un obbligo, ma solo una facoltà di agire in via monitoria contro i condomini morosi (“può ottenere decreto di ingiunzione…”) e pertanto non merita censura la decisione impugnata laddove ha escluso la violazione dell’obbligo di diligenza da parte dell’A. per essersi comunque attivato nella raccolta dei fondi, avendo comunque messo in mora gli inadempienti (e l’indagine circa l’osservanza o meno da parte del mandatario degli obblighi di diligenza del buon padre di famiglia che lo stesso è tenuto ad osservare ex articoli 1708 e 1710 c.c. – anche in relazione agli atti preparatori, strumentali e successivi all’esecuzione del mandato – è affidata al giudice del merito, con riferimento al caso concreto ed alla stregua degli elementi forniti dalle parti, il cui risultato, fondato sulla valutazione dei fatti e delle prove, è insindacabile in sede di legittimità: v. tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 13513 del 16/09/2002 in motivazione).”

Si tratta tuttavia di pronuncia che giudica l’operato di un amministratore che aveva avuto la prima sentenza di merito  nel 2009 e che, quindi, chiaramente agiva sotto la vigenza di norme affatto diverse.

Oggi gli arti. 1129 e 1130 cod.civ. prevedono obblighi ben precisi in ordine alle modalità obbligatorie di attivazione per la richiesta di decreto ingiuntivo (sulla cui richiesta solo l’assemblea può decidere proroghe ex art 11291 comma IX cod.civ. ) e l’art. 71 bis disp.att. cod.civ., (unitamente al dm 140/2014) prevede una figura di amministratore ancorata a parametri di professionalità, dati che difficilmente consentono – dal 18 giugno 2013 – di ritenere l’amministratore un mero mandatario e non un professionista tenuto a rispondere secondo le regole dell’arte, così come commentare  oggi che la richiesta di decreto ingiuntivo costituisca una facoltà e non un obbligo rappresenta mera disinformazione.

© massimo ginesi 24 ottobre 2017 

se non è indicato il compenso dell’amministratore si rischia la sospensione della delibera

La L. 220/2012 ha profondamente modificato la disciplina dettata dagli artt. 1129 e 1130 cod.civ., sicché oggi è previsto – a pena di nullità – che l’amministratore indichi dettagliatamente il proprio compenso all’atto dell’accettazione (art. 1129 XIV comma cod.civ.).

Le modalità con cui tale circostanza può avverarsi sono state individuate con riferimento a diverse prassi operative, purché al momento in cui si perfeziona la nomina risulti chiaramente l’entità dell’obbligazione che fa capo al condominio per la retribuzione delle attività svolte dal mandatario.

Ben potrà l’amministratore inviare un preventivo, che l’assemblea approva, ed accettare per relazione a quel documento, così come  ben potrà specificare il proprio compenso in sede di accettazione, purché quello che rappresenta uno degli elementi essenziali del contratto (l’accordo fra le parti sulla prestazione) risulti individuabile con sufficiente certezza.

E’ quanto ha sottolineato il Tribunale di Massa in una recente ordinanza, con la quale ha sospeso in via cautelare una delibera di nomina di amministratore, non risultando da alcun documento l’entità del compenso pattuito.

Il provvedimento sottolinea come sia indispensabile che sussista accettazione formale da parte dell’amministratore, come siano irrilevanti integrazioni successive del verbale  effettuate dal presidente e segretario della assemblea, essendo tali soggetti organi la cui operatività è limitata al contesto assembleare in cui sono nominati, che non sia sufficiente l’invarianza del compenso rispetto all’anno precedente in assenza di espressa comunicazione e come – ove si profili la nullità della nomina – il periculum che legittima la sospensione deve ritenersi intrinseco e senza necessità di ulteriori elementi di prova.

Osserva il giudice apuano (Trib. Massa ord. 13 aprile 2017): ” che a mente dell’art. 1129 XIV comma cod.civ. la mancata indicazione del compenso da parte dell’amministratore al momento della accettazione determina nullità della nomina.”

…che non risulta indicazione alcuna di tale compenso nel deliberato assembleare così come predisposto in sede di riunione nella compilazione manoscritta,

che non risulta prodotta dal Condominio alcuna accettazione dell’amministratore,

che non risulta prodotto dal Condominio né l’avviso di convocazione dal quale risulterebbe – a suo dire – indicato il compenso di cui avrebbe discusso l’assemblea (circostanza che avrebbe perlatro mero valore indicativo, ma non supplirebbe alla carenza di accettazione formale, oggi necessariamente presupposta dalla norma codicistica),

che la comunicazione di correzione del verbale, pacificamente predisposta e inviata ai condomini in epoca successiva alla assemblea per stessa ammissione dei convenuti e che reca date incomprensibili (20.8.2016 in intestazione, 22.6.2016 e 22.9.,2016 in calce), non pare allo stato – compatibilmente con la deliberazione sommaria della fase cautelare di sospensiva – avere rilievo integrativo del verbale, provenendo da soggetti che cessano le loro funzioni con la chiusura stessa della riunione (non avendo la figura di presidente e segretario alcuna ultrattività nel condominio rispetto alla assemblea in cui sono nominati) né può costituire accettazione ex art. 1129 cod.civ., non provenendo né essendo sottoscritta dall’amministratore

… che – comminando la norma la espressa sanzione della nullità – sia irrilevante che gli attori abbiano espresso voto favorevole (circostanza viceversa ostativa alla impugnativa ex art. 1137 cod.civ), potendo essere tale vizio fatto valer in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse

… che il periculum debba ritenersi in re ipsa, non potendosi ipotizzare una gestione da parte di soggetto la cui nomina potrebbe essere affetta da nullità, con i conseguenti riflessi sugli atti da costui posti in essere: “La delibera assembleare di nomina dell’amministratore condominiale non accompagnata dalla indicazione del compenso spettategli è illegittima e va sospesa, sussistendo tanto il requisito del fumus boni iuris (stante la chiara dizione del riformato art. 1129 cod.civ) che quello del periculum in mora (atteso che la gestione dei beni comuni non può essere affidata ad un soggetto che non sia validamente officiato dalla assemblea). Trib Roma 15.6.2016,

… che a nulla rilevi che l’amministratore già svolgesse il proprio mandato con il medesimo compenso nel precedente esercizio, atteso che la norma mira a garantire trasparenza e che è espresso onere dell’amministratore indicare il proprio emolumento sia all’atto del conferimento del mandato che dei successivi rinnovi (Trib. Milano 3.4.2016 n. 4294)”

© massimo ginesi 13 giugno 2017

Le spese personali imputate ai singoli condomini (ed altre storie…).

 

Una recente sentenza del Tribunale di Massa (13 marzo 2017 n. 207) affronta numerose questioni in tema di impugnativa di delibera, oltre alla preliminare eccezione di mancato esperimento della mediazione.

In realtà solo uno dei motivi addotti si rivela fondato ma, per la particolarità dei rilievi, può essere di interesse esaminare il contenuto dell’intero provvedimento.

LA MEDIAZIONE – il Condominio convenuto eccepisce in via preliminare il mancato esperimento della mediazione, poiché – a suo dire – il procedimento non ha mai avuto inizio essendosi  è fermato all’incontro preliminare, ove il mediatore ha dato atto della mancata disponibilità delle parti: osserva il Tribunale “L’eccezione non appare fondata: richiamato quanto già evidenziato nell’ordinanza 24.5.2016, va sottolineato che l’obbligo previsto dal D.lgs 28/2010 e succ. mod. non può ritenersi cogente a tal punto da obbligare le parti a prestare consenso obbligato ad una soluzione conciliativa.

La più recente giurisprudenza di merito, (Trib. Pavia 20.1.2017) ha evidenziato parametri rigidi nella valutazione della condotta delle parti che si sottraggano o non presenzino personalmente al primo incontro, impostazione che può essere condivisibile attesa la natura e la ratio dell’istituto, che deve arrivare a sollecitare quei distretti emotivi e paragiudiziari che potrebbero evolvere a favore di una definizione pregiudiziale della lite.

Nel caso di specie, tuttavia, tutte le parti e i relativi difensori risultano aver partecipato al primo incontro di mediazione del 16.12.2015, come da verbale prodotto, al quale tutti costoro – senza che si evidenzi una responsabilità precisa in tal senso – hanno dichiarato di non voler procedere a mediazione.

Per come deve essere strutturato il primo incontro ai sensi dell’art. 8 I comma D.lgs 28/2010 (Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento) e dunque per gli obblighi di avvertimento e sondaggio della disponibilità delle parti che sono posti in capo la mediatore, si deve ritenere che – all’esito di tale incontro – nessuna delle parti in causa abbia intravvisto margini utili di trattativa.

Non può pertanto ragionevolmente ritenersi necessaria alcuna ulteriore attività per ritenere avverata la condizione di procedibilità, a meno di non ritenere sussistente un potere coercitivo dell’istituto che oltrepasserebbe di gran lunga il confine della barriera costituzionale prevista dall’art. 24 Cost., nei cui confronti lo sbarramento posto dal D.Lgs 2872010 già appare di non assoluta solidità”

LA DELIBERA CHE APPROVA SPESE PERSONALI E’ NULLA – Agli attori è stato imputato, a consuntivo, un significativo esborso per spese personali, che gli stessi contestano, rilevando al contempo che non compete alla assemblea deliberare sul punto. Il Condominio ha opposto che si trattava di esborsi personali, dovuti a seguito della inerzia degli attori nel fornire i dati per la compilazione del registro di anagrafe condominiale  ex art. 1130 cod.civ.

Osserva il Tribunale “La censura è fondata poiché, aldilà della fondatezza o congruità delle somme richieste ad oggi non documentata, esula dai poteri della assemblea procedere alla approvazione ed imputazioni di spese individuali che non attengano alla gestione comune. Ove si tratti di spese postali relative a incombenze di interesse comune (ad esempio i costi delle raccomandate relative alla convocazioni di assemblea), le stesse dovranno essere ripartite per millesimi e dovranno trovare riscontro contabile nel rendiconto e nella relativa ripartizione e non solo in quest’ultima, cosicché sia garantita la facoltà di verifica che gli strumenti oggi previsti dall’art. 1130 bis cod.civ. sono destinati a fornire al singolo… 

...nel documento denominato rendiconto – sopra evidenziato – le spese personali per € 883,13 (così come indicate nel conguaglio 2014/2013) sono espressamente richiamate e non vi è dubbio che tale rendiconto sia stato oggetto di espressione della volontà assembleare.

Volontà che ha dunque superato il perimetro delle attribuzioni dell’organo collegiale delineato dall’art. 1135 cod.civ., circostanza che rende nulla la delibera unicamente su tale specifico punto, posto che il vizio lamentato – anche ex art. 1419 cod.civ. – non appare suscettibile di estendere il suo effetto alla approvazione del consuntivo relativo alla amministrazione delle cose comuni.

In ordine alla nullità di statuzioni di questo tipo, la giurisprudenza appare stabilmente orientata: “L’assemblea aveva esercitato un potere che non le spettava ex art. 1135 c.c., non rientrando tra le prerogative assembleari quelle di addossare ai condomini, in violazione dell’art. 1123 c.c., fantomatiche spese di natura personale, posto che l’assemblea non è dotata di “autodichia”, cioè non può farsi giustizia da sé.
Tali deliberati, infatti, esulavano dalle attribuzioni dell’assemblea, che non aveva il potere di imputare al singolo condòmino una determinata spesa, al di fuori di quelle inerenti la gestione, manutenzione e conservazione dei beni comuni condominiali e solo per la quota di sua spettanza, senza che la stessa fosse accettata e riconosciuta espressamente dalla condomina… (Cass. civ., Sez. II, 30/04/2013, n. 10196; Cass. civ. Sez. II, 21/05/2012, n. 8010; Cass. civ., Sez. II, 22/07/1999, n. 7890;Trib. Milano, Sez. XIII, 6/5/2004 n. 5717)”.


OBBLIGO DI RENDICONTO ED ACCESSO AI DOCUMENTI CONDOMINIALI – Gli attori si dolgono anche che l’amministratore non abbia prontamente riscontrato la loro richiesta di ottenere copia di alcuni documenti contabili, ritenendo che ciò costituisca violazione dell’obbligo di rendiconto. Osserva il Giudice di merito che “Gli attori paiono equivocare sull’obbligo di rendiconto ed il diritto di accesso del condomino alla documentazione contabile, attività che, seppur entrambe pertinenti al tema della gestione condominiale, non sono coincidenti né sovrapponibili.

L’obbligo di rendiconto è assolto dall’amministratore mediante la predisposizione dei documenti previsti dall’art. 1130 bis cod.civ. e il rispetto dei termini di cui all’art. 1130 n. 10 cod.civ., obblighi che peraltro configurano una violazione dei doveri che può dar luogo a revoca dell’amministratore ai sensi dell’art. 1129 cod.civ. ma che – in astratto – non configura necessariamente un vizio della delibera.

Nel caso di specie la documentazione contabile predisposta dall’amministratore … appare idonea – per natura e modalità – ad integrare sia i requisiti di cui all’art. 1130 bis cod.civ. sia a consentire al condomino quei poteri di controllo che la Suprema Corte ha più volte ritenuto siano soddisfatti anche con modalità e formalità che ne consentano un sostanziale esercizio (Cassazione civile n.8877 del 28/04/2005, Cass. 28 gennaio 2004, n. 1544 ); così si deve ritenere che agli attori sia stato pienamente reso il conto, atteso che essi stessi riconoscono di aver ricevuto la convocazione con allegata la documentazione (tanto è vero che si sono attivati per richiedere copia dei documenti giustificativi, come inequivocabilmente risulta dalla pec doc. 10 di parte attrice).

Altra ipotesi è invece la facoltà del singolo di accesso alla documentazione contabile, nel lasso di tempo antecedente alla assemblea, sì da poter esprimere un voto adeguatamente informato, circostanza che la giurisprudenza ha ritenuto poter costituire vizio della delibera ove tale facoltà sia gravemente compromessa o addirittura negata (Cassazione civile, sez. II, 21/09/2011,  n. 19210).

Va ancora osservato che la facoltà di accesso – oggi espressamente prevista dall’art. 1129 II comma cod.civ. – consente la visione presso lo studio dell’amministratore dei registri condominiali e della documentazione allegata, così come concorrente e complementare facoltà è consentita ex artt. 1130 bis II comma cod.civ. e 1129 VII comma cod.civ.

Tale facoltà non risulta sia stata esercitata dagli attori, che hanno invece azionato l’ulteriore e diverso diritto di richiedere copia, che tuttavia – aldilà dei costi e dei tempi necessari – è attività che non può essere posta quale requisito pregiudiziale alla partecipazione informata alla assemblea.

E’ il condomino che, nei modi e tempi necessari alla verifica e preliminarmente alla adunanza, può recarsi presso lo studio dell’amministratore e visionare la documentazione che richiede, tenuto conto che gli accessi e , ancor più il rilascio di copie, devono contemperarsi con l’attività professionale dell’amministrare (CAss. SS.UU. 4806/2005) , non divenire un aggravio o peggio una emulazione.

Peraltro – anche ove fosse stata provata l’impossibilità ad accedere alla documentazione condominiale – tale mancanza, ove si traduca in impossibilità di partecipazione informata alla delibazione, potrebbe costituire vizio solo per periodi antecedenti alla assemblea.

La mancata possibilità di accesso che gli attori lamentano attribuendola a indisponibilità dell’amministratore nei mesi successivi alla delibera impugnata (peraltro con richieste inviate dagli attori in prossimità delle festività natalizie e prontamente riscontrate dall’amministratore – compatibilmente con il periodo feriale – cui i B. non hanno più dato corso) in nessun caso potrà riverberarsi quale vizio su deliberati antecendenti, limitandosi ad assumere eventuale rilevanza ai diversi fini della domanda di revoca della amministratore, estranea al presente giudizio.

SPESE ASCENSORE, FONDI TERRANEI E TABELLE MILLESIMALI – “gli attori lamentano vizio della delibera poiché risulterebbero ripartite le spese di ascensore con esclusione dei fondi terranei, in violazione dell’art. 1124 cod.civ. Poiché tale assetto è contenuto nelle tabelle millesimali in uso nel condominio, costoro assumono anche che la delibera sia nulla poiché comporta deroga ai criteri legali di riparto, decisione che può essere assunta solo mediante convenzione

Va osservato che l’assemblea oggetto della odierna impugnazione si è limitata ad applicare le tabelle in uso nel condominio che, in effetti, escludono i fondi terranei dalle spese di ascensore. Tali tabelle peraltro, aldilà della capziosa obiezione che non siano firmate da alcuno, sono state prodotte in giudizio e risultano per espressa affermazione del convenuto – non espressamente contestata ex art 115 c.p.c. – in uso da anni.

Peraltro che tale tabella sia in uso da diversi esercizi deriva anche dal fatto che l’obiezione circa la loro origine e utilizzo sia stata mossa dagli attori solo in sede di impugnazione ma Non sia stata contestata – ad esempio – alla ricezione della convocazione con allegati i riparti.

Giova per inciso osservare che le tabelle prodotte dal condominio coincidono esattamente, nei valori, con quelle adottate nella ripartizione del consuntivo.

Va infine osservato che è nulla la delibera che scientemente e consapevolmente deroga ai criteri legali di ripartizione, intendendo discostarvisi (Cassazione Civile, sez. II, sentenza 19/03/2010 n° 6714).

Non risulta invece che la delibera impugnata contenga alcuna statuizione in tal senso, limitandosi ad approvare un rendiconto ripartito secondo i millesimi in uso nel condominio.

Era dunque onere degli attori, semmai, procedere ai sensi dell’art. 69 disp att. Cod.civ., ove ritengano che la tabella suddetta sia afflitta da errore e richieda revisione, domanda che non pare sia stata avanzata in questo giudizio”

 

LE SPESE PER L’ESERCIZIO DELL’ASCENSORE SONO ORDINARIEPriva di pregio anche la doglianza circa l’asserita straordinarietà delle spese relative a due interventi della ditta O. per complessive 593,68, dovute a “pronto intervento porta cabina” e “per corsa prolungata oltre il piano di controllo”, trattandosi pacificamente di spese connesse al mero “esercizio” e alla “manutenzione ordinaria” (Cassazione Civile, Sez. II, 23.12.2011, n. 28679)”

LA MANCATA INDICAZIONE DELL’IMPORTO DEL CONSUNTIVO NEL VERBALE DI ASSEMBLEAgli attori si dolgono ancora della nullità/annullabilità della delibera poiché sarebbe stati omessi gli elementi essenziali del consuntivo, approvato genericamente come “consuntivo 2014/2015” senza riportane l’importo o altri elementi qualificanti, sicchè agli attori non sarebbe consentito accertare – in quanto assenti – quale documento sia stato approvato. LA doglianza è priva di fondamento, poiché l’oggetto della delibera deve necessariamente essere correlato con i documenti inviati in uno con la convocazione, sicchè il richiamo generico al consuntivo 2014/2015 deve ritenersi riferito a quello già a mani dei condomini.

Né gli attori hanno dedotto che ne sia stato approvato altro, tanto è vero che gli stessi hanno poi proceduto al pagamento delle somme indicate, senza alcuna conseguenza o inconveniente.”

LA MANCATA APPROVAZIONE DELLA RIPARTIZIONE NON COMPORTA VIZIO DELLA DELIBERA – Gli attori lamentano che la delibera sia nulla o annullabile poiché non contiene espressa menzione della approvazione anche della ripartizione. Si è già detto sub 1 che la dicitura relativa alla generica approvazione del rendiconto – inteso come aggregato di tutti i documenti inviati dall’amministratore all’atto della convocazione – possa far ragionevolmente ritenere che la delibera si estenda anche alle ripartizioni allegate ai consuntivi e preventivi.

La circostanza, già evidenziata al punto precedente, che gli attori abbiano poi pagato quanto portato dai riparti induce a ritenere che questi atti fossero comunque pervenuti agli stessi sin dalla convocazione (circostanza che gli attori non hanno mai disconosciuto)

Va tuttavia osservato che la delibera che approvi il consuntivo ma non la sua ripartizione è ben lungi dall’essere viziata rimanendo, al più, incompleta, sì che le saranno preclusi determinati effetti quali quelli previsti dall’art. 63 disp. att. cod.civ. senza che tale mancanza possa riflettersi sulla sua validità, né sotto il profilo della nullità né della annullabilità, che possono essere ravvisate unicamente nei casi delineati da Cass. SS.UU. 4806/2005).”

RENDICONTO ED ESTRATTO CONTO NON DEVONO (E NON POSSONO) COINCIDERE  “Lamentano ancora gli attori che alcuni movimenti che risultano dagli estratti bancari non risulterebbero espressamente riportati nel rendiconto, circostanza che a loro dire comporterebbe ulteriore motivo di nullità.

La tesi è priva di fondamento: si è già evidenziata più sopra la giurisprudenza che, da tempo immemore indica in misura semplificata le forme del rendiconto, che si ritengono adeguate laddove consentano al condomino di comprendere la natura e l’origine delle somme che gli vengono richieste.

La stessa giurisprudenza ha da tempo evidenziato che il condominio non richiede forme rigorose nella tenuta delle scritture e che la sua contabilità sia comunque connessa ad un esercizio di competenza: Cassazione n. 10815 del 16 Agosto 2000, estensore Corona aveva precisato che “la Corte non deve risolvere la questione di diritto se l’amministratore debba rispondere della gestione sulla base del criterio di competenza o di cassa, ma è pur vero che l’amministratore dura in carico un anno, per cui la gestione viene rapportata alla competenza annuale” (pur non mancando pronunce successive che richiamano il criterio di cassa, cass. 9 maggio 2011, n. 10153).

Aldilà del criterio applicabile al condominio – plausibilmente governato da un criterio misto – va rilevato che nessuna norma e nessuna pronuncia, neanche dopo l’entrata in vigore della L. 220/2012, prevede una perfetta coincidenza fra movimentazioni contabili e rendiconto, attenendo le une ad un rapporto di conto corrente che vede necessariamente uno sviluppo in parte autonomo rispetto ai dati di esercizio su base annuale.”

Poiché peraltro gli attori lamentano l’impossibilità della verifica, da cui deriverebbe a loro dire – con un salto logico non del tutto comprensibile – vizio della delibera di approvazione, va osservato che il sistema approntato dall’art. 1130 bis cod.civ. e le facoltà di controllo in capo al condomino, previste da detta norma e dagli artt. 1129 e 1130 cod.civ., consentono al singolo, in ogni momento, di effettuare una verifica comparata,   specie con l’istituzione del registro di contabilità che impone l’annotazione di ogni movimento entra trenta giorni. Tale verifica può essere volta ad accertare la compatibilità e congruenza di ogni atto dell’amministratore, di talchè la documentazione da cui eventualmente desumere vizi nella gestione annuale non può essere limitata alla mera comparazione di consuntivo ed estratto conto, documenti che – di per sé – non richiedono assoluta e perfetta simmetria e congruenza.”

SEGRETARIO E PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA NON SONO ORGANI INDISPENSABILI E  LA LORO MANCATA NOMINA NON PREGIUDICA LA VALIDITA’ DELLA DELIBERA “Deducono infine gli attori che il verbale sarebbe affetto da nullità (da estendere alla delibera cui si riferisce) poiché non sono indicate le maggioranze con cui sono stati eletti presidente e segretario e che la calligrafia con cui è redatto il verbale sembrerebbe di persona diversa da colui che è indicato come segretario.

Entrambe le censure sono infondate; nessuna norma prevede espressamente la necessità di nomina di Presidente e Segretario della assemblea di condominio, che dunque ben potrebbero ragionevolmente non essere nominati senza che tale circostanza possa in alcun modo esplicare riflessi sulla validità della delibera: “La nomina del presidente e del segretario dell’assemblea di condominio non è prescritta da alcuna norma a pena di nullità, essendo sufficiente, per la validità delle deliberazioni, la maggioranza richiesta dalla legge. Pertanto, la mancata nomina di un presidente e di un segretario o l’eventuale irregolarità relativa ad essa non comportano invalidità delle delibere assembleari. (CAss. 5709/1987; Izzo in Giust. civ., fasc.4, 2010, pag. 893).

LA CALLIGRAFIA DEL VERBALE – Ancor meno pregio riveste la questione della calligrafia del verbale: nessuna norma sovrintende a tale adempimento, nessuna norma – tantomeno – prevede sanzioni in tal senso, essendo semmai unicamente richiesto che il verbale rispecchi il contenuto delle delibere e degli accadimenti assembleari, circostanza che non pare posta in discussione.

Peraltro principi di senso comune implicano che il Segretario  ben possa valersi di un ausiliario nella scrittura (o semplicemente scrivere il testo ad un computer portatile) senza che l’assenza di nesso calligrafico fra lo scritto e la sua persona possa avere alcuna influenza sulla validità dell’atto.”

© massimo ginesi 30 marzo 2017

 

in assenza di rendiconto e di corretta tenuta della contabilità l’amministratore non ha diritto a compenso

Un principio importante, del tutto in linea con la disciplina del mandato, quello stabilito da Cass. civ.  II sez. 14 febbraio 2017, n. 3892.

Davanti al Giudice di legittimità è censurata una statuizione della Corte di appello di Roma: “La Corte, per quanto qui ancora interessa, avuto riguardo alla reiezione della domanda, avanzata dal ricorrente in qualità di amministratore del condominio su menzionato, di pagamento del proprio compenso, ha affermato che dalla espletata ctu era risultata la mancanza di un giornale di contabilità che avesse registrato cronologicamente le operazioni riguardanti il condominio, consentendo in modo puntuale la verifica dei documenti giustificativi, onde non era possibile ricostruire l’andamento delle uscite e dei pagamenti effettuati, per fatto imputabile all’amministratore, tra i cui doveri rientrava quello di corretta tenuta della contabilità.”

Afferma la Cassazione: “non è controversa la mancanza di una contabilità regolare che registrasse cronologicamente le operazioni riguardanti la vita del condominio e che quindi consentisse la verifica dei documenti e dunque la giustificazione delle entrate ed uscite della gestione dell’ente condominiale, né risulta che sia mai stata adottata, negli anni in contestazione, la delibera di approvazione del rendiconto dell’amministratore da parte dell’assemblea dei condomini ex art. 1130 c.c..
La contabilità presentata dall’amministratore del condominio, seppure non dev’essere redatta con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, deve però essere idonea a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi dell’entità e causale degli esborsi fatti, e di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato eseguito, nonché di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia uniformato a criteri di buona amministrazione (Cass. 9099/2000 e 1405/2007).
In assenza di tale adempimento, il credito dell’amministratore non può ritenersi provato.

Nell’ipotesi di mandato oneroso, infatti, il diritto del mandatario al compenso ed al rimborso delle anticipazioni e spese sostenute è condizionato alla presentazione al mandante del rendiconto del proprio operato, che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale (Cass. 3596/1990).
Ed invero, solo la deliberazione dell’assemblea di condominio che procede all’approvazione del rendiconto consuntivo emesso dall’amministratore ha valore di riconoscimento di debito in relazione alle poste passive specificamente indicate (Cass. 10153/2011), così come dalla delibera dell’assemblea condominiale di approvazione del rendiconto devono risultare le somme anticipate dall’amministratore nell’interesse del condominio (Cass. 1286/1997) non potendo in caso contrario ritenersi provato il relativo credito.
Attesa dunque la situazione di mancanza di una contabilità regolare e della stessa predisposizione ed approvazione del rendiconto annuale di gestione dell’amministratore, la ricostruzione ex post da parte del Ctu, sulla base di una verifica documentale a campione, non appare idonea a fondare la prova del credito del ricorrente, che può essere desunta in modo attendibile dalla sola determinazione dell’ammontare complessivo dei versamenti effettuati dai condomini e dalle uscite per spese condominiali, con relativi documenti giustificativi.

Non è inoltre pertinente il riferimento del ricorrente al principio secondo il quale, in sede di responsabilità contrattuale, il creditore deve soltanto provare la fonte dell’obbligazione, limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, atteso che in materia di condominio, sulla base della disposizione dell’art. 1130 c.c., il credito dell’amministratore, come del resto ogni posta passiva, deve risultare dal rendiconto (redatto secondo il principio della specificità delle partite ex artt. 263 e 264 cpc) approvato dall’assemblea, sulla base di una regolare tenuta della contabilità, sì da rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di spesa e di valutare in modo consapevole l’operato dell’amministratore.”

Attenzione dunque che il mancato adempimento di quanto previsto dagli art. 1129, 1130 e 1130 bis cod.civ. non solo può dar luogo a responsabilità nei confronti del condominio, con conseguente revoca per gravi irregolarità, ma può  pregiudicare anche il diritto a percepire il compenso (non solo sotto il profilo dell’inadempimento del mandatario ma anche solo sotto il profilo della prova, come afferma la sentenza in commento).

© massimo ginesi 16 febbraio 2017

accesso al conto corrente: anche il condomino ne ha diritto?

La novella del 2012 ha modificato l’art. 1129 cod.civ. introducendo, al settimo comma della norma, la previsione che “L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica

Che i condomini avessero diritto di visionare l’estratto conto era principio che in alcune occasioni era stato affermato dai giudici di merito (Tribunale di Salerno 30/07/2007,  “ogni condomino, in quanto “cliente” deve aver diritto di ottenere direttamente dall’istituto bancario la consegna di copia degli estratti conto”. principio consolidato in giurisprudenza”)

La riforma sembrava tuttavia aver superato tali orientamenti, introducendo l’espressione “tramite l’amministratore” nell’art. 1129 cod.civ., sicché da parte di molti interpreti si è ritenuto che la facoltà di accesso del singolo possa esplicarsi solo attraverso una richiesta all’amministratore.

Alcuni mesi orsono sulla questione si è pronunciato l’Arbitro Bancario Finanziario, collegio di Roma, che con decisione 16.9.2016 n. 7960 ha chiarito che sussiste invece un preventivo obbligo del condomino di rivolgersi all’amministratore per ottenere copia dell’estratto conto ma che, in caso di inerzia di costui, non possa essere negato al singolo il diritto di accesso alla documentazione bancaria.

“Parte ricorrente, dopo aver ripetutamente richiesto invano all’amministratore di condomino la documentazione relativa agli estratti conto condominiali, ha rivolto la medesima istanza alla resistente, che, tuttavia, ha riferito di non poter evadere la richiesta della ricorrente per mancanza dei presupposti di legittimazione attiva (essendo l’amministratore l’unico legittimato a richiedere la documentazione in parola).”

La controversia ha per oggetto la pretesa della ricorrente che, in qualità di condomina, domanda di poter avere copia degli estratti conto relativi al rapporto di conto corrente che il condominio intrattiene con l’intermediario resistente.


L’intermediario pone a base del rifiuto l’art. 1129, settimo comma, cod. civ., a norma del quale “L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica”.

Sul punto il Collegio di Roma ha avuto modo, in più occasioni, di rilevare che “una interpretazione sistematica porta ad escludere che “per il tramite dell’amministratore” possa significare “solo attraverso l’amministratore”, posto che , in tal modo intesa, essa implicherebbe, fra l’altro, l’implicita abrogazione, per i condomini, del loro diritto di accesso, ex art. 119, IV c. TUB, alla documentazione stessa, senza considerare che tale norma, ancorché anteriore alla riforma del condominio, ha carattere speciale ed è destinata a prevalere e ad essere applicata. Ne consegue, quindi che la nuova disciplina non prescrive un obbligo, in capo al condomino, di esclusiva richiesta all’amministratore, unico legittimato a richiedere la documentazione, quanto, piuttosto, di preventiva richiesta all’amministratore stesso” (così, dec. 8817/2015. Cfr., anche, dec. 691/2015).

Nella specie, essendo stato inutilmente assolto tale obbligo di preventiva richiesta all’amministratore, il ricorso appare meritevole di accoglimento con conseguente condanna dell’intermediario al rilascio, a spese del richiedente e nei limiti di cui all’art. 119, comma 4, T.U.B., di copia della documentazione relativa al conto corrente del condominio richiesta.”

Va osservato che anteriormente alla riforma l’orientamento dell’arbitro bancario era stato, in alcune occasioni, di riconoscere libero accesso al singolo condomino (“La banca presso la quale è acceso il conto corrente intestato a un condominio è tenuta a fornire copia degli estratti conto al singolo condomino che li richieda” Arbitro bancario finanziario Milano, 19/04/2011, n. 814).

L’Arbitro Bancario è istituzione deputata alla risoluzione alternativa e stragiudiziale delle controversie in tale materia e dunque emette  decisioni  che non hanno attitudine a creare orientamento giurisprudenziale, i prinpici espressi paiono comunque meritevoli di conoscenza.

© massimo ginesi 11 gennaio 2017

le norme sui requisiti dell’amministratore sono di ordine pubblico?

schermata-2016-12-02-alle-12-06-16

Da molti si sostiene che la disciplina di cui all’art. 71 bis disp.att. cod.civ. , in tema di requisiti dell’amministratore, costituisca disciplina sottratta alla disponibilità delle parti poichè volta a garantire  interessi diffusi o, per alcuni , di ordine pubblico. Sarebbero infatti destinati ad assicurare  la rispondenza dell’amministratore a determinati parametri di affidabilità e professionalità, esigenza riconducibile alla collettività che il legislatore riterrebbe prioritaria rispetto alla autonomia privata.

La Cassazione, con una recentissima pronuncia, che per verità ha ad oggetto un caso sorto sotto la vigenza  della disciplina ante L. 220/2012, quindi quando l’art. 71 bis disp.att. cod.civ. non era ancora in vigore, afferma che rientra nella libera determinazione delle parti stabilire i requisiti richiesti all’amministratore, cosicché è lecita la clausola di un regolamento condominiale di natura contrattuale che detti specifici requisiti per la figura dell’amministratore.

Cass. civ. II sez. 30 novembre 2016 n. 24432 ha deciso su un motivo di ricorso così formulato: ” si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1129-1105-1138 cod. civ., 3-41-42 Cost. e 85 Trattato istitutivo CEE, per avere la Corte di Appello ritenuto che il regolamento del condominio — nel prevedere all’art. 27, comma 4, che “l’amministratore dovrà essere un libero professionista iscritto al rispettivo albo elo associazione, ordine o collegio di appartenenza” — potesse derogare alle norme di legge che regolano la nomina dell’amministratore, vietando che tale nomina fosse conferita ad una società di persone; si lamenta anche che la Corte territoriale abbia interpretato il regolamento condominiale nel senso che vietasse la nomina ad amministratore di una società di persone e che comunque — ferma tale interpretazione — non abbia ritenuto nullo il regolamento condominiale sul punto”

Ed ha affermato Le censure sono infondate. Non sussiste alcuna violazione di legge nella previsione del regolamento condominiale che stabilisca le caratteristiche, i requisiti e i titoli che deve avere l’amministratore del condominio. Invero, in tema di condominio negli edifici, l’art. 1138 quarto comma cod. civ., pur dichiarando espressamente non derogabile dal regolamento (tra le altre) la disposizione dell’art. 1129 cod. civ., la quale attribuisce all’assemblea la nomina dell’amministratore e stabilisce la durata dell’incarico (Sez. 2, Sentenza n. 13011 del 24/05/2013, Rv. 626458), non preclude però che il regolamento condominiale possa stabilire che la scelta dell’assemblea debba cadere su soggetti (persone fisiche o persone giuridiche) che presentino determinare caratteristiche, requisiti o titoli professionali.

La pronuncia attiene a caso sorto sotto la vigenza della legge precedente e quindi non può essere letto che in quell’ottica, è tuttavia singolare che la corte si limiti ad affermare unicamente il principio della autonomia privata senza fare minima menzione della sopravvenuta normativa che si assumerebbe di ordine pubblico e, come tale, inderogabile.

Potrebbe trattarsi di estrema sintesi del giudice di legittimità, di mera svista oppure potrebbe trattarsi di indicazione interpretativa assai importante anche per la lettura delle norme sopravvenute.

© massimo ginesi 2 dicembre 2016 

la nomina per facta concludentia dell’amministratore è ancora sostenibile?

Schermata 2016-07-22 alle 11.14.35

Anteriormente all’entrata in vigore della L. 220/2012 la giurisprudenza sosteneva che l’investitura dell’amministratore non richiedesse particolari formalità e anche colui che,  esercitava tale compito di fatto, con il tacito assenso dei condomini, dovesse essere a tutti gli effetti ritenuto l’amministratore del fabbricato.

In tal senso si è espressa anche recentissima giurisprudenza (Cassazione civile, sez. II, 04/02/2016, n. 2242) che – nonostante la data – si riferisce a vicenda antecedente alla entrata in vigore della riforma.

Afferma la Corte che “Al riguardo va considerato che alla nomina dell’amministratore del condominio di un edificio è applicabile la disposizione dell’art. 1392 cod. civ., secondo cui, salvo che siano prescritte forme particolari e solenni per il contratto che i rappresentante deve concludere, la procura che conferisce il potere di rappresentanza può essere verbale o anche tacita, di talchè essa può risultare, indipendentemente da una formale investitura da parte dell’assemblea e dall’annotazione nello speciale registro di cui all’art. 1129 cod. civ., dal comportamento concludente dei condomini che abbiano considerato l’amministratore tale a tutti gli effetti, pur in assenza di una regolare nomina assembleare, rivolgendosi abitualmente a lui in detta veste, senza metterne in discussione i poteri di gestione e di rappresentanza del condominio. Cass. 23296/1996)”

Inoltre osserva la Corte che il fatto che l’amministratore successiva nominato formalmente abbia in Giudizio ratificato l’attività difensiva svolta dal soggetto che agiva in virtù di nomina fatale vale a ratificare con effetto retroattivo al sua investitura: “A ciò si aggiunga che in sede di legittimità il Condominio si è costituito a mezzo dell’Amministratore O.R., e questi nel controricorso (pag. 4) ha espressamente fatto proprie tutte le difese svolte nei gradi di merito dal Condominio. Vi è quindi una ratifica espressa della condotta difensiva svolta da B.M., ritenuto dalla ricorrente privo del potere di rappresentare il Condominio di via (OMISSIS). Tale ratifica comporta in ogni caso la sanatoria con efficacia retroattiva del vizio di rappresentanza eccepito dalla ricorrente P. (Cass. Ord, 18/03/2015, n. 5343)”

Infine la Corte ribadisce un prinpcio pacifico in giurisprudenza ma che continua invece ad essere fonte di discussione sia nelle aule di giustizia che nelle assemblee di condominio, ovvero l’idoneità del preventivo e della relativa riparazione a fondare l’emissione di decreto ingiuntivo ex art. 63 disp.att. cod.civ. : “Seppur è vero che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ben può il creditore opposto fornire la prova della propria pretesa nel corso del giudizio, è altrettanto vero che la natura cognitiva del giudizio è determinante in relazione al momento in cui il decreto è stato richiesto ed, infine, emesso. Per tale ragione, la giurisprudenza in materia di comunione e condominio, ha precisato il limite entro il quale un Condominio può richiedere l’ingiunzione nei confronti del condomino moroso ex art. 63 disp. att. c.p.c. in base al preventivo di spesa approvato dall’assemblea, soltanto fino a che l’esercizio cui tali spese si riferiscono non sia terminato, dovendo, altrimenti, agire il Condominio in base al consuntivo della gestione annuale”, e pertanto che le uniche somme che il Condominio poteva legittimamente richiedere erano quella portate dal Consuntivo approvato e non anche dal bilancio preventivo 1995 e Preventivo 1996/97 per riscaldamento, approvati poi nel corso del giudizio. La Corte di Appello avrebbe quindi errato in quanto “….confermando la sentenza oggetto di gravame, ha sostanzialmente omesso di verificare la correttezza dei conteggi esposti dal Condominio e la relativa documentazione allegata. Il motivo è infondato.
Nel caso di specie il Condominio agì legittimamente con la richiesta di decreto ingiuntivo in forza della delibera di approvazione del bilancio preventivo, a cui seguì, nel corso del giudizio, anche la delibera di approvazione del bilancio consuntivo. Entrambe le delibere peraltro non furono impugnate dall’attuale ricorrente, come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata che pertanto deve trovare conferma anche sotto questo secondo profilo. Qui occorre rilevare che, al fine di consentire la necessaria gestione del condominio, che altrimenti sarebbe paralizzata, è legittima la riscossione da parte dell’amministratore dei contributi condominiali sulla base del bilancio preventivo regolarmente approvato sino a quando questo non sia stato sostituito dal bilancio consuntivo (Cass. 242999/2008; 21650/2013).”

L’entrata in vigore della L. 220/2012 (alla data del 18.6.2013) con la conseguente modifica dell’art. 1129 cod.civ., che oggi prevede attività formali relativamente alla nomina e alla conseguente accettazione dell’amministratore (prima fra tutte la comunicazione relativa al compenso, che costituisce motivo di nullità ex art. 1129 XIV comma cod.civ. ) sembrano rendere definitivamente superata la possibilità della nomina per facta concludentia.

La giurisprudenza dei prossimi anni dirà se tale previsione abbia o meno fondamento.

© massimo ginesi 22 luglio 2016 

se l’amministratore non indica il compenso, la delibera di nomina è nulla

Lo ha stabilito, seppure solo in sede di delibazione  sommaria legata alla sospensione cautelare della efficacia della delibera, il Tribunale di Roma con    ordinanza 15 giugno 2016 .

Il Giudice ha applicato in maniera  rigorosa quanto disposto dall’art. 1129 XIV comma cod.civ. che, a seguito della novella introdotta dalla L. 220/2012, ha previsto la radicale nullità della nomina ove il compenso non venga specificamente dettagliato.

Il Tribunale, chiamato a decidere sulla impugnativa  di una delibera di nomina dell’amministratore con la quale l’assemblea  aveva provveduto ad affidare l’incarico al professionista senza che fosse indicato il compenso, ha ritenuto sin da tutto principio di disporne  la sospensione della efficacia,   osservando  che – seppure ai limitati fini del provvedimento cautelare – sussistesse il fumus dell’azione, non rilevando che fosse noto il compenso dell’anno precedente, atteso che lo stesso può variare e la sua mancata indicazione è espressamente sanzionata con la nullità dalla norma.

© massimo ginesi giugno 2016