L’erede che non comunica la propria qualità all’amministratore non può impugnare le delibere per vizio di convocazione

Una recente sentenza di merito  (Trib. Roma 2.12.2016 n. 22422) sancisce un principio che potrà rivelarsi assai interessante per l’amministratore.

I fatti sono tanto semplici semplici quanto di frequente accadimento.

Una condomina muore e le succedono i figli. Anni dopo viene notificato all’erede decreto ingiuntivo per quote condominiali scadute e non pagate,  ottenuto sulla scorta di consuntivi approvati negli anni antecedenti da assemblea cui l’ingiunto non era mai stato convocato.

Alla notifica del decreto costui impugna i deliberati, posti a fondamento della richiesta monitoria, assumendo che sussista vizio di convocazione.

Afferma il Tribunale che “Per quanto riguarda, poi, la doglianza concernente la mancata convocazione all’assemblea alle quali sono state approvate le delibere impugnate, il condominio convenuto a precisato che in quel periodo l’attore, in base all’anagrafe condominiale, non risultava appartenere al condominio, in quanto la titolarità dell’appartamento de quo risultava essere della signora X, madre dell’odierno attore; ne era pervenuta al condominio una comunicazione del decesso della signora e della successiva accettazione dell’eredità da parte degli eredi.

E poiché nel marzo 2008 il unità immobiliare della signora X facenti parte del patrimonio sottratto i creditori venivano sottoposto a sequestro conservativo dal tribunale civile di Roma, consegnate al custode giudiziario e, successivamente vendute all’asta, allo stesso custode giudiziario  era stato consegnato l’avviso di convocazione all’assemblea di cui trattasi.

Ciò posto, devesi osservare  che, a fronte di tale contestazione, era onere dell’attore fornire la prova di aver effettuato le dovute comunicazioni al condominio, circa il decesso della signora X e dell’accettazione della eredità con la conseguente assunzione dei diritti degli obblighi condominiali.

Tale prova non risulta fornita; ne risultano elementi dei quali si possa desumere che l’amministratore del condominio convenuto fosse a conoscenza del decesso della signora X. Deve ritenersi, pertanto, in sussistente il vizio di omessa convocazione lamentato da parte attrice”

La situazione all’esame del Tribunale capitolino è certamente peculiare, poichè all’epoca delle assemblee contestate  il compendio immobiliare era sottoposto a sequestro conservativo (certamente trascritto e a conoscenza dell’amministratore) e l’avviso di convocazione era stato correttamente inviato al custode.

Il principio affermato è tuttavia interessante laddove pone un onere di informazione in capo al condomino, pena l’impossibilità di dolersi della mancata convocazione.

La tesi affermata pone qualche dubbio di coordinamento – pur attenendo a diversa fattispecie – con l’orientamento di legittimità che, ormai oltre un decennio fa, ha spazzato via la tesi del condomino apparente, affermando l’onere del condominio di accertare l’effettiva titolarità del diritto in capo al singolo, trattandosi di posizioni giuridiche soggettive soggette a regime di pubblicità legale (da ultimo Cassazione civile, sez. II, 30/04/2015, n. 8824: “Nelle assemblee condominiali deve essere convocato il condomino, cioè il vero proprietario, e non chi si comporta come tale senza esserlo, non potendo invocare il principio dell’apparenza il condominio che abbia trascurato di accertare la realtà sui pubblici registri.” ).

Nel caso in commento , plausibilmente, all’epoca delle convocazioni contestate  non era ancora sussistente  un atto a regime pubblico (quale la denuncia di successione), da cui l’amministratore potesse desumere l’effettiva titolarità del bene (evidentemente poi accertata, posto che il decreto è stato correttamente indirizzato all’effettivo proprietario).

In ogni caso la pronuncia romana appare indiscutibile e ferrea applicazione del principio introdotto nell’art. 1130 cod.civ. dal legislatore del 2012: “:” Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministrazione acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili”.

© massimo ginesi 17 gennaio 2017