L’amministratore deve essere un professionista, il suo giudice non più

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“ la lingua italiana – scriveva Flaiano – non è adatta alla protesta, alla rivolta, alla discussione dei valori e delle responsabilità, è una lingua buona per fare le domande in carta da bollo, ricordi d’infanzia, inchieste sul sesso degli angeli e buona, questo sì, per leccare. Lecca, lecca, buona lingua italiana infaticabile fai il tuo lavoro per il partito o per i buoni sentimenti “

In realtà il paradosso di Flajano era il frutto dell’amara delusione e disillusione di fronte ad un paese, non ad un linguaggio, che ha sempre omesso di considerare il bene del gruppo, preferendo quello dei pochi, ammantandolo di parole fuorvianti.

Oggi il legislatore, con quella stessa lingua, ci dice da un lato che l’amministratore deve essere un professionista serio, preparato, rigoroso, soggetto a ben precise caratteristiche di affidabilità personale e sociale (basti vedere i numerosi requisiti previsti dall’art. 71 bis disp.att. cod.civ.), che risponde a parametri di deontologia, trasparenza e correttezza verso il suo utente consumatore, secondo un modello che – seppure non strutturato in ordini o collegi – è in tutto e per tutto rapportato dalla L. 4/2013 alle caratteristiche delle professioni ordinistiche.

Last but not least, il D.M. 140/2014, come norma attuativa dell’art. 71 bis disp.att. cod.civ., prevede che l’amministratore deve essere un professionista soggetto a formazione continua e, cosa ancor più singolare, sottoposto obbligatoriamente ad una valutazione annuale, cosa che forse è richiesta oggi solo ai piloti da combattimento e a poche altre professioni.

Tutto ciò, seppure con qualche auspicabile correzione e qualche rigidezza in meno, è stato salutato come il dovuto riconoscimento – trascorsi settanta anni dalla entrata in vigore del codice civile – ad una figura che occupa un ruolo tecnico, complesso, sfaccettato e che richiede competenze eterogenee e non comuni  che vanno dal diritto alla contabilità, alla fiscalità, alla sicurezza sul lavoro. L’amministratore di condominio non deve essere né un avvocato, né un ingegnere né un commercialista ma deve essere un professionista di grande preparazione che – come i medici condotti di una volta – sia in grado di percepire celermente la natura di un problema e di indirizzare il paziente dallo specialista più adatto.

Ciò richiede, indubbiamente, una seria preparazione e un costante aggiornamento, che deve abbinarsi ad una provata affidabilità, ritenuta imprescindibile in un soggetto che – nell’adempimento del proprio dovere professionale – è chiamato anche a gestire ingenti quantità di denaro dei suoi amministrati.

Insomma negli anni dal 2012 al 2014 il legislatore ci ha detto che, finalmente, l’amministratore non era più quel quisque de populo che emergeva dal silenzio del codice del 1942 ma doveva diventare un professionista di grande competenza e attendibilità, in quanto chiamato ad operare in un settore di fra i più complessi e rilevanti nel contesto socioeconomico, ovvero la multiforme realtà degli edifici in condominio; una realtà che rappresenta un laboratorio sperimentale ove si mescolano i profili più delicati del diritto (dai diritti reali alle obbligazioni plurisoggettive, con i relativi articolati processuali) insieme a quelli tecnici degli impianti, degli edifici, della contabilità e della normativa fiscale e tributaria fino alla gestione dei gruppi; un breve sguardo alle materie di aggiornamento obbligatorio previste dall’art. 5 del DM 140/2014 fa impallidire i programmi di diversi corsi universitari: “I corsi di formazione e di aggiornamento contengono moduli didattici attinenti le materie di interesse dell’amministratore, quali:a) l’amministrazione condominiale, con particolare riguardo ai compiti ed ai poteri dell’amministratore; b) la sicurezza degli edifici, con particolare riguardo ai requisiti di staticita’ e di risparmio energetico, ai sistemi di riscaldamento e di condizionamento, agli impianti idrici, elettrici ed agli ascensori e montacarichi, alla verifica della manutenzione delle parti comuni degli edifici ed alla prevenzione incendi; c) le problematiche in tema di spazi comuni, regolamenti condominiali, ripartizione dei costi in relazione alle tabelle millesimali; d) i diritti reali, con particolare riguardo al condominio degli edifici ed alla proprieta’ edilizia; e) la normativa urbanistica, con particolare riguardo ai regolamenti edilizi, alla legislazione speciale delle zone territoriali di interesse per l’esercizio della professione ed alle disposizioni sulle barriere architettoniche; f) i contratti, in particolare quello d’appalto ed il contratto di lavoro subordinato; g) le tecniche di risoluzione dei conflitti; h) l’utilizzo degli strumenti informatici; i) la contabilita’.”

A fronte della conclamata complessità della materia, che il legislatore ha ritenuto motivo essenziale per riqualificare (opportunamente) il ruolo e la figura professionale dell’amministratore di condominio, è stata di recente approvata la Legge, 28/04/2016 n° 57, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29/04/2016, che  delega al Governo la riforma della magistratura onoraria.
Già è singolare che una legge che tocca un settore tanto delicato sia delegata all’esecutivo e non sottoposta ad un serio ed approfondito confronto parlamentare. Peraltro il disegno di legge, oltre ad intervenire in maniera assolutamente discutibile – precarizzandola definitivamente – su una figura che da vent’anni regge un bel pezzo del carico dei Tribunali facendo appello spesso solo alla propria buona volontà – unifica Giudici Onorari di Tribunale e Giudici di Pace in un unico ibrido definito Magistrato Onorario di Pace e introduce una sconcertante previsione: “Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera p), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi,:…“attribuendo alla competenza dell’ufficio del giudice di pace:a) le cause e i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia di condominio degli edifici”.

Oggi quella materia che è stata definita di tale complessità da richiedere a chi la pratica quotidianamente come attività professionale parametri stringenti e di grande livello, viene in blocco attribuita alla cognizione di un giudice che la stessa legge definisce come figura minore, transitoria e di mero complemento, destinata a rimanere in servizio un quadriennio (prorogabile una sola volta) e con obbligo di dedicarsi contemporaneamente ad altra professione che gli assicuri da vivere,  con un tetto massimo di tempo settimanale da dediciare allo svolgimento della attività giurisdizionale.

L’intera cognizione sulla materia del Condominio sarà dunque affidata in primo grado ad non professionista, un soggetto che lo stesso legislatore relega a figura minore della giurisdizione.

Tutte le controversie in tema di nomina e revoca dell’amministratore diventeranno di competenza del magistrato onorario che – non dedicandosi professionalmente, perché la legge glielo impedisce – a tale attività le guarderà come e quando potrà; stessa sorte attende le impugnative delle delibere condominiali, qualche che sia il loro valore.

Con l’ulteriore problematica che, essendo la materia cautelare sottratta al magistrato onorario, della eventuale sospensiva della efficacia delle delibere si dovrà forse andare a discutere dinanzi al Tribunale, con inutile duplicazione di fasi e costi.

Con la stessa lingua di Flaiano il legislatore ci ha detto che la materia del Condominio è materia assai tecnica e complessa, e di ciò non ne dubitiamo, essendo diversi i grandi giuristi che hanno dedicato a quel tema molte delle loro energie (da Salis a Corona), dall’altra ci sta per dire che, tuttavia, le liti che scaturiscono da quella materia così complessa è bene che le decida un giudice onorario, precario e non professionista.

Contro tale stranissima visione si è già levata alta la voce di diverse associazioni di amministratori e anche di personalità del mondo dell’avvocatura come Maurizio de Tilla, presidente dell’Associazione Nazionale Avvocati Italiani nonché prolifico e attento studioso della materia del Condominio.

Non resta che confidare nei decreti governativi, che comunque dovranno attenersi ai parametri dettati dalla delega e quindi non potranno certo mutarne l’impianto.

alcuni fra i primi approfondimenti

altalex – r. amoroso, riforma della magistratura onoraria: più ombre che luci

altalex – g. buffone, Magistratura onoraria: tutte le novità della riforma

© massimo ginesi 26 luglio 2016