il termine per introdurre la mediazione obbligatoria non è perentorio

Per alcune controversie l’art. 5 D.lgs 28/2010 prevede obbligatoriamente l’esperimento del procedimento di mediazione, che costituisce condizione di procedibilità dell’azione.

Come è noto alla mediazione si sottraggono quelle fasi sommarie o cautelari  che la legge – per la loro natura – affida alla cognizione del giudice ordinario senza alcuna barriera preventiva, fra i vanno annoverati  il procedimento per decreto ingiuntivo e la convalida di sfratto.

Anche tali ipotesi, tuttavia, sussiste obbligo di mediazione una volta esaurita la fase sommaria o cautelare (in caso di opposizione al decreto ingiuntivo, una volta pronunciati i provvedimenti sulla provvisoria esecutorietà e nella opposizione a convalida di sfratto una volta statuito sull’ordinanza ex art 665 c.p.c. e mutato il rito ai sensi dell’art. 426 c.p.c.).

In quelle ipotesi il giudice dispone che si dia corso a procedimento di mediazione a cura della parte che ne ha interesse, che dovrà provvedere nel termini di quindi giorni.

Si tratta di termine che da una parte (dominante)  della giurisprudenza di merito è stato ritenuto non perentorio, sicché non incorrerà nella improcedibilità della domanda colui  che abbia dato corso in ritardo, purché il procedimento sia stato introdotto prima della udienza di verifica e si sia concluso (o sia prossimo alla conclusione).

In tal senso si è espresso di recente anche Tribunale Massa con sentenza 8.3.2018 n. 202 che ha osservato “quanto alla improcedibilità della domanda, va osservato che questo giudice aderisce alla tesi della non perentorietà dello stesso (Tribunale Roma, sez. XIII 14 luglio 2016, n. 14185), specie laddove la parte abbia ottemperato all’introduzione del procedimento di mediazione non in prossimità dell’udienza di trattazione e il procedimento abbia trovato comunque il suo esaurimento prima di tale data, come avvenuto nel caso di specie.”

© massimo ginesi 12 marzo 2018