è nulla la delibera che impone spese a colui che si distacca dall’impianto di riscaldamento

è quanto stabilito da Cass.Civ. sez.II ord. 10 gennaio 2019 n. 480 con riferimento alla delibera di un condominio ” nella parte in cui, autorizzandolo a distaccare l’appartamento di … proprietà dall’impianto di riscaldamento centralizzato, poneva a suo carico il 50% delle spese di esercizio dì detto impianto (senza nulla specificare sul suo onere di contribuzione alle spese di manutenzione, riparazione e ricostruzione)”

Osserva la Corte che “il motivo va giudicato fondato, in adesione al recente orientamento di questa Corte che – sulla premessa che le delibere dell’assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall’art. 1123 c.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento contrattuale, richiedano l’approvazione di tutti i condomini a pena di radicale nullità (cfr. Cass. 16321/16, in motivazione, pag. 9; Cass. 19651/17, in motivazione, pag. 8) – ha chiarito, superando orientamenti precedenti (Cass. 16793/06, Cass. 7708/07), che sono da considerare nulle per impossibilità dell’oggetto, e non meramenteannullabili, e perciò impugnabili indipendentemente dall’osservanza del termine perentorio di trenta giorni ex art. 1137, comma 2, c.c., tutte le deliberazioni dell’assemblea adottate in violazione dei criteri normativi o regolamentari di ripartizione delle spese, e quindi in eccesso rispetto alle attribuzioni dell’organo collegiale, seppur limitate alla suddivisione di un determinato affare o di una specifica gestione, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata per legge o per contratto, ed occorrendo, piuttosto, a tal fine, un accordo unanime, espressione dell’autonomia negoziale (Cass. 6128/17, Cass. 19651/17, Cass. 22157/18, Cass. 23222/18);

ne deriva che “la nullità della delibera di assemblea condominiale è rilevabile anche di ufficio anche in appello (Cass. nn. 12582/15, 305/16, 6652/17, 22678/17); per altro verso, va evidenziato che sull’affermazione del tribunale di annullabilità – e non nullità – della delibera impugnata non può essersi formato il giudicato interno, trattandosi non di una statuizione autonoma ma di una argomentazione funzionale all’adozione della statuizione (impugnata dal soccombente) di rigetto della domanda di nullità; che neppure risulta conferente il richiamo del contro ricorrente ai principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 18477/10, giacché nel presente giudizio non si discute dell’approvazione di tabelle millesimali (ossia della determinazione dei valori della proprietà di ciascun condomino e della loro espressione in millesimi, la cui erroneità è sempre rimediabile ai sensi dell’articolo 69 disp. att. c.c.), bensì di un criterio di riparto delle spese di un servizio condominiale tra i condomini che di tale sevizio fruiscono direttamente e i condomini che di tale sevizio non fruiscono direttamente; criterio che, essendo definito da un regolamento contrattuale, non può essere modificato dalla maggioranza assembleare, come avvenuto con l’impugnata delibera (sulla corretta individuazione dei principi fissati ìn SSUU n. 18477/10, cfr. Cass. 19651/17, cit., pagg. 6 e segg.);

© Massimo Ginesi 11 gennaio 2019