accertamento della qualità di condomino: interesse ad agire e legittimazione passiva.

La domanda con cui il singolo chieda al giudice di accertare la propria qualità di condomino all’interno di un edificio, essendo volta ad accertare la contitolarità di diritti reali va proposta contro gli altri condomini (in regime di litisconsortio necessario) e non contro l’amministratore.

E’ quanto statuisce con ordinanza, ribadendo principi cardine dell’ordinamento,  Cass. civ. Sez. VI-2 25 giugno 2018 n. 16679 rel. Scarpa.

Il provvedimento si sofferma, con interessante argomentazione, anche sull’interesse ad agire del singolo, posto che l’accertamento della situazione di condominialità contiene un interesse implicito, per i diritti ed obblighi che derivano dalla stessa, senza necessità di dimostrazione  di un fine specifico dell’azione .

Come da questa Corte più volte affermato, poichè la tutela giurisdizionale è tutela di diritti, il processo, salvo casi eccezionali predeterminati per legge, può essere utilizzato solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sè, per gli effetti possibili e futuri.

Pertanto, non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti ma che rappresentino elementi frazionistici della fattispecie costitutiva di un diritto, la quale può formare oggetto di accertamento giudiziario solo nella funzione genetica del diritto azionato e quindi nella sua interezza (Cass. Sez. U, 20/12/2006, n. 27187).

L’interesse ad agire, che conferisce titolo per proporre in giudizio una domanda, a sensi dell’art. 100 c.p.c., inteso quale bisogno inevitabile di ricorrere al giudice per evitare una lesione attuale o parziale del proprio diritto, va quindi valutato sulla base dell’interpretazione e qualificazione dei rapporti e delle situazioni dedotte nel materiale assertivo fornito dalle parti in causa.

Non va dunque condivisa la motivazione della Corte d’Appello secondo cui il M. avrebbe dovuto dedurre quale utilità gli derivasse dall’accertamento della qualità di condomino (e non di mero assegnatario dell’alloggio), dovendosi ravvisare l’interesse ad agire, e quindi ad impugnare, in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento di una pronuncia che riconosca ad un soggetto lo status di condomino, affinchè questi si legittimi di fronte al condominio quale nuovo titolare dei diritti e dei doveri di condominio (agli effetti, ad esempio, della comproprietà delle parti comuni, e quindi dell’uso delle cose e della fruizione dei servizi, nonchè della legittimazione a partecipare alle deliberazioni assembleari e della soggezione all’onere del contributo delle spese).

Tuttavia, la domanda di accertamento della qualità di condomino, ovvero di appartenenza di un’unità immobiliare in proprietà esclusiva ad un condominioedilizio, in quanto inerente all’esistenza, o meno, del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c., non va proposta nei confronti della persona che svolga l’incarico di amministratore del condominio medesimo (come avvenuto nella specie), imponendo, piuttosto, la partecipazione quali legittimati passivi di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario (Cass. Sez. 6-2, 17/10/2017, n. 24431; Cass. Sez. 6-2, 22/06/2017, n. 15550; Cass. Sez. 2, 18/04/2003, n. 6328; Cass. Sez. 2, 01/04/1999, n. 3119).

copyright massimo ginesi 9 luglio 2018