quando il condomino si attacca al contatore condominiale in maniera illecita: è appropriazione indebita.

La Cassazione Penale ( Cass. Pen. sez. V 28 dicembre 2017 n. 57749) qualifica la condotta del condomino che, in maniera clandestina, si appropria di energia elettrica comune all’acciandosi all’impianto condominiale a valle del contatore.

i fatti:

 

Non si tratta di furto ma di appropriazione indebita, conclusione che – sotto il profilo meramente giuridico – appare ineccepibile.

 

e non può neanche riconoscersi l’aggravante della coabitazione ex art. 61 . n 11 c.p.

la conseguenza più rilevante della diversa qualificazione giuridica del fatto e della inapplicabilità dell’aggravante emerge sotto il profilo della procedibilità: il reato diviene procedibile a querela di parte, nella fattispecie insussistente, sicchè la corte annulla senza rinvio, poichè l’azione penale non doveva essere esercitata.

Emerge dunque che, ove si verifichino tali ipotesi, è indispensabile che l’amministratore o taluno dei condomini non si limitino ad un mero esposto alla procura, ma propongano espressa querela.

© massimo ginesi 16 gennaio 2018

 

L’accettazione della nomina: una interessante ed esaustiva analisi della disciplina vigente

Sul numero di gennaio 2018 della rivista  “immobili&proprietà” appare un interessante articolo di Antonio Scarpa, finissimo studioso della materia condominiale e magistrato della seconda sezione civile della Corte di Cassazione,  su un tema che ha destato non pochi dubbi e riflessioni all’entrata in vigore della riforma del 2012: la nomina dell’amministratore e l’obbligo della sua accetazione oggi previsto dal novellato art. 1129 c.c.

Aldilà dei molti riflessi legati al compenso, che la norma riconnette alla accettazione, sotto il profilo meramente dogmatico non si è potuto non rilevare sin dallla approvazione della L. 220/2012  che il termine  accettazione – usato dal legislatore della novella –   introduce una specifca notazione relativa a momento perfezionativo del negozio, con riguardo alla disciplina generale dei contratti.

La lettura dell’intero articolo è di grande interesse, giova tuttavia rilevare un passaggio – del tutto condivisibile – che evidenzia proprio l’aspetto relativo al perfezionamento della nomina:

La nomina dell’amministratore è da ritenere realizzata, con la derivante efficacia nei confronti dei terzi, anche ai fini della rappresentanza processuale dell’ente, solo dal momento in cui sia adottata la rispettiva deliberazione dell’assemblea nelle forme di cui all’art. 1129 c.c. e ad essa consegua l’accettazione dell’amministratore designato.

Non rileva, quanto meno sotto l’aspetto dei rapporti con i terzi, il dato che l’amministratore possa anche essere nominato pure mediante una manifestazione di volontà diversa dall’espressa investitura nell’ufficio da parte dell’assemblea: la formale deliberazione di nomina, nelle modalità supposte dall’art. 1129, comma 1, c.c., e la sua conforme accettazione soddisfano le esigenze di certezza e di affidamento avvertite dagli estranei che debbano negoziare con il  condominio o agire in giudizio nei suoi confronti.”

 

© massimo ginesi 15 gennaio 2018

l’amministratore che reclama somme dal condominio non può notificare i relativi atti a sè stesso.

L’amministratore che reclami competenze non saldate dal condominio, e per quelle ottenga decreto ingiuntivo, non può provvedere alla notifica del decreto e del relativo precetto a sé stesso, per la sussistenza di un evidente conflitto di interesse e per la circostanza che tale notifica in realtà impedisce al condominio di venire a conoscenza dell’atto.

In tal caso l’amministratore avrebbe dovuto procedere alla richiesta di nomina di un curatore speciale per il condominio ai sensi degli artt. 65 disp.att.cod.civ. e  80 c.p.c.

Lo afferma una condivisibile pronuncia del Tribunale di Milano 30 novembre 2017.

Il giudice meneghino osserva:  “A riguardo, premesso che, secondo quanto è pacifico tra le parti, il decreto ingiuntivo in base al quale è stato notificato il qui opposto precetto risulta notificato dall’avv. P.F.M. allo stesso P., quale amministratore del condominio, non può non rilevarsi che la notifica è avvenuta ad un soggetto in palese conflitto di interessi, essendo in realtà necessaria (al fine della ricezione del decreto ingiuntivo) la nomina di un curatore speciale del condominio (argg. ex Cass. 19149/14, Cass. 20659/09, Cass. 8803/03).

La notifica del decreto ingiuntivo allo stesso ricorrente deve pertanto ritenersi inesistente in quanto effettuata a persona in palese conflitto di interessi ed in luogo che (con riferimento alla specifica notificazione che viene qui in rilievo) non è in alcun modo riconducibile al destinatario dell’atto.

L’accertamento dell’inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo consente di non esaminare le questioni ulteriori alla base della proposta opposizione.”

© massimo ginesi 9 gennaio 2018

l’amministratore ha obbligo di comunicare i dati dei morosi al creditore che ne faccia richiesta

Lo ha stabilito, in linea con una consolidata giurisprudenza di merito, il Tribunale di Massa con provvedimento del 5 gennaio 2018, emesso a seguito di ricorso ex art 702 bis c.p.c. del creditore.

Il provvedimento fissa anche una somma ex art 614 bis c.p.c. per ogni giorno di ritardo nella esecuzione da parte del condominio.

Il tribunale rileva che, nonostante quanto osservato di recente dalla corte di legittimità in ordine alla possibilità di agire esecutivamente anche in assenza dei dati sugli effettivi condomini morosi, sia comunque interesse del creditore agire in via esecutiva senza esporsi al rischio di possibili opposizoni, ottenendo dall’amministratore le informazioni previste dall’art. 63 disp.att. cod.civ.

Da sottolineare come  tali informazioni debbano riguardare non i condomini morosi tout court ma quelli che siano inadempienti rispetto al credito espressamente vantato dal soggetto richiedente.

“Ritenuto che – pur potendo il creditore dar corso ad azione esecutiva anche senza conoscere le quote millesimali dei singoli condomini (Cass. 22856/2017) – sia suo pieno interesse, che lo legittima dunque all’azione oggi esperita, ottenere tali dati dall’amministratore onde procedere alla esecuzione dell’obbligazione parziaria che incombe in capo ai singoli obbligati senza il rischio di opposizione da parte dei singoli

Rilevato peraltro che l’obbligo della relativa comunicazione sia posto in capo all’amministratore da espressa previsione di legge (art. 63 disp.att. c.c.) e che pertanto costui debba comunicare al creditore insoddisfatto i dati dei condomini morosi nel pagamento delle rispettive quote del credito per il quale l’informazione è richiesta (Trib. Torre Annunziata 28.6.2017, Trib. Roma 1.2.2017).

Ritenuto che meriti accoglimento anche l’istanza dell’attore di fissare, ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c., una somma a carico dell’obbligato per ogni giorno di eventuale ritardo nella esecuzione del presente provvedimento; somma che, tenuto conto dell’importo del credito vantato e del significativo ritardo che la condotta dell’amministratore ha comportato per il soddisfacimento delle pretese del creditore, si determina in € 100 per ogni giorno di ritardo nella esecuzione del provvedimento

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in misura prossima agli importi medi per lo scaglione di valore di pertinenza ex dm 55/2014.

P.Q.M.

Visti gli artt. 702 bis e segg. c.p.c. condanna CONDOMINIO C. in persona amministratore pro tempore a comunicare al ricorrente i dati anagrafici dei condomini morosi rispetto al credito vantato dal ricorrente, nonché il valore millesimale riconducibile a ciascuno di costoro secondo la tabella di ripartizione in uso per tali spese.

Visto l’art. 614 bis c.p.c. dispone che tale comunicazione avvenga entro cinque giorni dalla notifica della presente ordinanza e fissa in cento euro la somma dovuta per ogni giorno di ritardo nella esecuzione del provvedimento

condanna CONDOMINIO C. al pagamento delle spese processuali sostenute dal ricorrente, liquidate in euro 76,50 per spese ed euro 2.200 per compenso professionale (applicati importi ex art 55/2014 in misura prossima a quelli medi previsti per il relativo scaglione di valore) oltre rimb. forf. Iva e Cpa come per legge”

© massimo ginesi 8 gennaio 2018

 

il giudice non può liquidare le spese in misura inferiore ai minimi tariffari

E’ il principio espresso da Cass.Civ. VI sez. 11 dicembre 2017 n. 29594 rel. Giusti .

La sentenza è lapidaria, ma rappresenta un fondamentale punto fermo  e  di garanzia per i difensori, che spesso vedono bistrattate le proprie ragioni nei giudizi di merito.

con il secondo motivo ci si duole della violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., e del D.M. n. 55 del 2004, art. 4, e delle tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate;

che con esso il ricorrente lamenta che siano state liquidate spese di giudizio in violazione dei minimi tariffari;

che il motivo è manifestamente fondato;

che va fatta applicazione del principio secondo cui il giudice del merito non può liquidare le spese di giudizio in misura inferiore ai minimi disposti dalla tariffa forense (Cass., Sez. 6^-2, 30 marzo 2011, n. 7293)”

Va osservato che la pronuncia del 2011, richiamata, pur affermando principi analoghi, aveva riguardo ancora alla liquidazione secondo diritti ed onorari e all’espunzione di alcune voci da parte del giudice nella nota depositata dal difensore: “l’abolizione dei minimi tariffari puo’ operare nei rapporti tra professionista e cliente, ma l’esistenza della tariffa mantiene la propria efficacia allorquando il giudice debba procedere alla regolamentazione delle spese del giudizio in applicazione del criterio della soccombenza. Nel caso di specie, il Tribunale di Roma e’ incorso nella denunciate violazioni sia perche’ ha liquidato cumulativamente le spese del giudizio di primo e di secondo grado, sia perche’ la misura complessivamente liquidata appare lesiva delle tariffe professionali specificate nel ricorso, sia infine perche’ lo scostamento dalla nota spese depositata dal difensore non e’ sorretto da alcuna motivazione. In tema di liquidazione di spese processuali, infatti, il giudice, in presenza d’una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non puo’ limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata” (Cass.Civ. VI sez. 30 marzo 2011 n. 7293).

La pronuncia odierna ha invece riguardo alle tariffe secondo la nuova impostazione (vigente all’epoca il Dm 127/2004, che adottava criteri identici a quelli previsti  dall’attuale Dm 55/2014), riconoscendo  alla soglia inferiore delle stesse analoga   vincolatività per il giudice.

© massimo ginesi 5 gennaio 2018 

 

notifiche a mezzo posta: cosa cambia con la legge di bilancio

La legge 27 dicembre 2017, n. 205 (c.d. legge di Bilancio 2018, pubblicata nella G.U. del 29 dicembre 2017)) introduce significative novità in tema di  comunicazioni a mezzo posta, con inevitabili riflessi anche sulla  disciplina delle notificazioni effettuate mediante tale servizio.

Secondo la singolare tecnica che da ormai molti anni caratterizza il nostro legislatore, la legge di bilancio consta di un unico articolo, composto da una serie infinita di commi, che disciplinano le più svariate ed eterogenee materie.

Il comma 461 è dedicato al tema delle notifiche a mezzo posta, vediamo quali sono le novità di maggior interesse.

NON SOLO POSTE ITALIANE – «il servizio deve essere erogato da operatori postali in possesso della licenza di cui all’articolo 5, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, e deve rispettare gli obblighi di qualità minima stabiliti dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi della legge 4 agosto 2017, n. 124».

Dunque anche terzi operatori, muniti di apposita licenza, potranno erogare il servizio, cambia di conseguenza la modulistica (che dovrà essere approvata dall’Autorità Garante sentito il Ministero della Giustizia) e le  persone fisiche addette al servizio  sono qualificati pubblici ufficiali.

L’INDICAZIONE DEL MITTENTE – «Per le notificazioni in materia penale e per quelle in materia civile e amministrativa effettuate in corso di procedimento, sull’avviso di ricevimento e sul piego devono essere indicati come mittenti, con indicazione dei relativi indirizzi, ivi compreso l’indirizzo di posta elettronica certificata ove il mittente sia obbligato per legge a dotarsene, la parte istante o il suo procuratore o l’ufficio giudiziario, a seconda di chi abbia fatto richiesta della notificazione all’ufficiale giudiziario». 

Ove il mittente non sia obbligato a possedere una PEC, ma ne sia comunque dotato, potrà utilizzarla ai fini previsti dalla norma.

MODULI NON CORRETTI E RIFIUTO DEL SERVIZIO – l’operatore potrà indicare le necessarie correzioni, ove il mittente consegni moduli non adeguatamente compilati o non corretti,e potrà rifiutare il servizio ove il mittente non si adegui.

I TERMINI DI NOTIFICA – il legislatore recepisce le indicazioni di Corte Cost.  n. 477/2002: l’avviso di ricevimento costituisce per il destinatario prova della avvenuta notificazione,  “ fermi restando gli effetti di quest’ultima per il notificante al compimento delle formalita’ a lui direttamente imposte dalle vigenti disposizioni”;

LO SMARRIMENTO DELL’AVVISO DI RICEVIMENTO – la norma disciplina in modo nuovo (e teoricamente efficace per l’utente) l’ipotesi in cui vada smarrita la prova della avvenuta notifica: “Lo smarrimento dell’avviso di ricevimento non da’ diritto ad alcuna indennita’, ma l’operatore postale incaricato e’ tenuto a rilasciare, senza spese, un duplicato o altro documento comprovante il recapito del piego in formato cartaceo e a farlo avere al mittente. Quando il mittente ha indicato un indirizzo di posta elettronica certificata, l’operatore forma una copia per immagine su supporto analogico dell’avviso di ricevimento secondo le modalita’ prescritte dall’articolo 22 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e provvede, entro tre giorni dalla consegna del piego al destinatario, a trasmettere con modalita’ telematiche la copia dell’avviso al mittente. In alternativa, l’operatore postale genera l’avviso di ricevimento direttamente in formato elettronico ai sensi dell’articolo 21 del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 e lo trasmette in conformita’ a quanto previsto dal secondo periodo del presente comma”.

E’ comunque prevista una indennità: “Per ogni piego smarrito, l’operatore postale incaricato corrisponde un indennizzo nella misura prevista dall’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni”

La disposizione entra in vigore il 1 giugno 2018 (le altre invece a far data dalla adozione dei provvedimenti del Ministero dello sviluppo economico sulle  procedure per il rilascio delle licenze di cui all’art. 5, comma 2, secondo periodo, d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261.)

RIFIUTO O IMPOSSIBILITA’ DI CONSEGNA – Nuova disciplina anche per l’ipotesi in cui il destinatario rifiuti o non possa ricevere la consegna: “«se il destinatario o le persone alle quali può farsi la consegna rifiutano di firmare l’avviso di ricevimento pur ricevendo il piego, ovvero se il destinatario rifiuta il piego stesso o di firmare documenti attestanti la consegna, il che equivale a rifiuto del piego, l’operatore postale ne fa menzione sull’avviso di ricevimento indicando, se si tratti di persona diversa dal destinatario, il nome ed il cognome della persona che rifiuta di firmare nonché la sua qualità, appone la data e la propria firma sull’avviso di ricevimento che è subito restituito al mittente in raccomandazione, unitamente al piego nel caso di rifiuto del destinatario di riceverlo. Analogamente, la prova della consegna è fornita dall’addetto alla notifica nel caso di impossibilità o impedimento determinati da analfabetismo o da incapacità fisica alla sottoscrizione».

MODALITA’ DI CONSEGNA E ATTESTAZIONI – “L’operatore postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito.
2. Se la consegna non puo’ essere fatta personalmente al destinatario, il piego e’ consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l’atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario, purche’ il consegnatario non sia persona manifestamente affetta da malattia mentale o abbia eta’ inferiore a quattordici anni. In mancanza delle persone indicate al periodo precedente, il piego puo’ essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, e’ comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario.
3. L’avviso di ricevimento e di documenti attestanti la consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale e’ consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualita’ rivestita dal consegnatario, con l’aggiunta, se trattasi di familiare, dell’indicazione di convivente anche se temporaneo”

NOTIFICA E GIACENZA – Ove  non sia possibile consegnare il plico perché – in assenza del destinatario – le persone abilitate a riceverlo lo rifiutino oppure nel caso di totale assenza del destinatario,” il piego e’ depositato lo stesso giorno presso il punto di deposito piu’ vicino al destinatario”

la norma prevede che “Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito e’ data notizia al destinatario, a cura dell’operatore postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda.

L’avviso deve contenere l’indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell’ufficiale giudiziario al quale la notifica e’ stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell’indirizzo del punto di deposito, nonche’ l’espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l’avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al periodo precedente e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l’atto sara’ restituito al mittente.

Se il soggetto si reca a ritirare il piego prima della scadenza dei dieci giorni, la notifica si ha per seguita in quella data. “La notificazione si ha per eseguita dalla data del ritiro del piego, se anteriore al decorso del termine di dieci giorni di cui al comma 4. In tal caso, l’impiegato del punto di deposito lo dichiara sull’avviso di ricevimento che, datato e firmato dal destinatario o dal suo incaricato che ne ha curato il ritiro, e’, entro due giorni lavorativi, spedito al mittente in raccomandazione.

Di interesse, almeno teorico, poichè si tratterà di vedere la loro pratica attuazione, appaiono i tempi e le modalità di trattamento della posta in giacenza che dovrebbero consentire al mittente di poter esibire in giudizio tempestivamente le necessarie attestazioni: “Trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata, di cui al comma 4, senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, l’avviso di ricevimento e’, entro due giorni lavorativi, spedito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall’operatore postale, della data dell’avvenuto deposito e dei motivi che l’hanno determinato, dell’indicazione ‘atto non ritirato entro il termine di dieci giorni’ e della data di restituzione.

Interessante anche la possibilità di accesso informatico: “ Fermi i termini sopra indicati, l’operatore postale puo’ consentire al destinatario di effettuare il ritiro digitale dell’atto non recapitato assicurando l’identificazione del consegnatario ed il rilascio da parte di quest’ultimo di un documento informatico recante una firma equipollente a quella autografa”

qui sotto il testo integrale della normativa

notifiche posta

© massimo ginesi 4 gennaio 2018

locazione e forma scritta: quando la nullità è di protezione.

Una recente sentenza di merito (Trib. Massa 15 dicembre 2017) affronta il problema della forma scritta del contratto di locazione e della facoltà, concessa al conduttore in determinate ipotesi, di ottenere conversione di quel contratto in una forma rispondente alle previsioni di legge.

La vicenda fatto prende le mosse dalla concessione in godimento di alcuni mini appartamenti ad un soggetto per la stagione estiva in una località termale e turistica della Garfagnana, mentre la stipulazione del relativo contratto  di locazione subisce alcuni ritardi per ragioni legate alle certificazioni energetiche: “Risulta pacificamente che la signora M. sia stata immessa nella detenzione dei beni immobili dei convenuti all’inizio dell’estate 2016 e che costei abbia versato tre canoni di euro 750 ciascuno nei mesi di giugno, luglio e agosto, come peraltro pacificamente riconosce anche parte convenuta.
I convenuti negano di aver ricevuto altri pagamenti, mentre i documenti prodotti dalla attrice paiono attestare anche il pagamento di euro 750 per il mese di settembre, posto che fra le (non del tutto decifrabili) produzioni di parte attrice si rinvengono: un ordine di bonifico periodico in data 25 maggio 2016 con primo pagamento al 1.7.2017, documento che appare congruente con l’elenco storico dei versamenti in data 1.7.16, 1.8.16 e 1.9.16, ad un ordine di bonifico separato in data 3.6.2016, peraltro compatibile con il fatto che – come risulta dalla esposizione dei fatti resa da entrambe le parti – l’attrice avrebbe utilizzato il bene sin dal giugno 2016.
Ne deriva che lo schema contrattuale astrattamente posto in essere dalle parti è riconducibile alla fattispecie della locazione, che deve necessariamente rivestire forma scritta a pena di nullità ai sensi del dictum di Cass. SS.UU.18241/2015, principio interpretativo che – a mente dell’art. 1 comma 346 L. 30.12.2004 n. 311 – deve ritenersi valere per le locazioni destinate a soddisfare qualunque esigenza.

La tesi che il contratto di locazione, di qualunque natura, richieda forma scritta a pena di nullità è comunque risalente anche nella giurisprudenza di merito, che la  riconduce, ancor prima che alla L. 311/2004, all’art. 1 della L. 431/1998 (Trib. Trani 22.4.2008)

Posto che la forma scritta deve ritenersi requisito imprescindibile di  qualunque contratto di locazione, l’istanza della attrice di veder attuato il rimedio previsto dalla legge – per quelle ipotesi in cui la forma orale sia imposta dal locatore – risulta priva di fondamento.

Va tuttavia rilevato che tale nullità è ascritta alle c.d. nullità di protezione solo nella ipotesi di locazione destinata a soddisfare esigenze abitative ordinarie, come tale sottoposta a regime vincolistico circa durata ed entità del canone, ciò per espressa previsione del combinato disposto dagli artt. 3 comma 2 e 13 commi 6 e 4 L. 431/1998, come eprlatro si ricava agevolmente dalla pronuncia delle Sezioni unite sopra richiamata, che fa riferimento unicamente ai rapporti previsti dall’art. 3 comma 2 del testo normativo del 1998.

In ipotesi di contratto di locazione che non rientri in tale previsione normativa dovrà semplicemente accertarsi – anche d’ufficio – la nullità della pattuizione, senza che sia consentito al conduttore ottenere pronuncia giudiziale che valga in luogo del contratto non perfezionato.

L’onere di dimostrare che sussista la situazione di fatto sottesa al principio dettato dalle Sezioni Unite del 2015, sopra richiamate, incombe all’attore ex art 2697 I comma c.c. e non pare essere stato assolto dall’odierna ricorrente, né in ordine alla natura delle esigenze per cui è stato dato corso alla locazione priva di forma, né riguardo alla sussistenza di coercizione da parte del locatore in tal senso”

L’attrice, secondo il Tribunale, non ha dato prova degli elementi costitutivi della domanda e – in ogni caso – poichè il bene è risultato del tutto fuori legge per ciò che attiene alla parte impiantistica, con ordinanza sindacale che ne vieta l’uso, al domanda apparirebbe comunque non accoglibile anche sotto tale profilo: “la circostanza che l’immobile sia dotato di impianti elettrici e di riscaldamento che ne rendono del tutto impossibile l’uso anche temporaneo (peraltro oggi accertato – e vietato – espressamente da provvedimento pubblico ord. Comune F. 40/2017) rende di fatto impossibile l’oggetto del contratto, con ulteriore motivo di nullità ex art. 1346 c.c., attenendo ad aspetti che non incidono sulla liceità (che consente comunque la locazione, cass. 4228/1999) ma sulla possibilità della prestazione dedotta.

Circostanza che se da un lato costituisce ulteriore motivo di nullità rilevabile anche d’ufficio ex art. 1421 c.c., dall’altro impedisce al Giudice – anche a voler tacere della assenza di prova in ordine alla riconducibilità della fattispecie all’art. 13 L. 431/1998 – qualunque pronunzia in ordine al godimento di detto bene volta a sostituire l’inattività del proprietario”.

© massimo ginesi 3 gennaio 2018